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Analisi sul mito e realtà nel nuovo libro di Sandra Rizza 

"Sventurata la terra che ha bisogno di eroi" scriveva Bertolt Brecht nel suo dramma "Vita di Galileo". In quell'opera si analizzava l'abiura dello scienziato proferita davanti all'Inquisizione e si metteva a nudo la paura umana di colui che, fino ad un dato momento, era ritenuto un eroe. 
Nel mondo reale troppo spesso si corre il rischio di mitizzare determinate figure che non hanno fatto altro che il proprio dovere, trovando il coraggio di superare la paura, di andare fino in fondo nel rispetto del proprio ruolo, pur con i propri limiti. E troppo spesso è accaduto anche nel mondo della lotta alla mafia.
E' anche su questo aspetto che la giornalista Sandra Rizza, nel suo secondo romanzo, “L'eroe imperfetto” (ed. Laurana), porta a riflettere il lettore. 
Ne esce fuori un'opera avvincente e al tempo stesso profonda che affronta il tema dell’eroismo non come valore assoluto, ma come costruzione sociale, spesso piegata agli interessi di chi ha il potere di definirlo. Con una scrittura incisiva e uno sguardo critico sulle dinamiche di memoria e consenso, Rizza svela le contraddizioni di una società che celebra i suoi eroi solo quando morti, per poi sfruttarne il ricordo per fini di potere e controllo.


La storia ruota attorno a Roberto Amalfi

Il romanzo si apre con una scena che da subito chiarisce il suo intento demistificatore: Roberto, adolescente apatico e ribelle, è convocato dal preside della sua scuola per rispondere di un fatto grave. Un dettaglio cruciale emerge subito: la scuola porta il nome di suo padre, magistrato celebrato come eroe per aver sacrificato la vita durante un’azione criminale avvenuta proprio tra quelle mura. Ma Roberto non ha nulla dell’eroe, né desidera incarnarne l’eredità. Al contrario, si muove con distacco in un mondo che pretende da lui un comportamento esemplare solo in virtù del cognome che porta.
Il peso dell’eroismo paterno si rivela un fardello insostenibile per Roberto, che cresce in un ambiente in cui tutti si aspettano da lui le stesse qualità esemplari del padre. Ma si sa, molto spesso i figli non sono la “copia carbone” dei padri e Roberto in qualche modo si ribella a questo destino, scegliendo di incarnare tutto ciò che il padre non era: cinismo, trasgressione, ribellione.
Pur trattandosi di un testo immaginario il libro di Sandra Rizza mette in evidenza diverse ipocrisie che, purtroppo, anche nella realtà vengono condotte da chi oggi fa memoria dei martiri.
Adele, sua madre, incarna la vedova sacralizzata dal sistema, colei che gestisce la memoria del marito attraverso la Fondazione Amalfi, capace di attirare finanziamenti e prestigio politico. Questo gioco di potere e di apparenze si scontra con la realtà più amara: l'eroismo è spesso un costrutto narrativo utile a chi lo celebra, ma distruttivo per chi ne è investito. L’ipocrisia di questo sistema si riflette nel preside Lodetti, che più che interessato alla giustizia sembra preoccupato di salvare le apparenze e di preservare i benefici che la memoria del giudice Amalfi porta alla sua scuola.
C’è anche il personaggio di Viola Marzetti, segretaria con un passato da vittima di mafia, che rappresenta un’altra faccia della memoria e del compromesso.
Attraverso la giornalista Lara Prester, ex compagna di classe di Viola, il romanzo indaga anche sul ruolo della stampa nella costruzione della memoria collettiva. La cronista, ogni anno, deve raccontare la “Amalfeide”, la celebrazione dell’eroe, ma inizia a chiedersi se questa narrazione non sia parziale e fuorviante. 
Sandra Rizza, con la sua prosa affilata e Disincantata, dimostra grande capacità nel mettere in luce le contraddizioni del potere, dipingendo un quadro spietato della nostra società, senza mai cadere nella retorica. “L’eroe imperfetto” non è solo una storia di finzione: è un’accusa alla retorica dell’eroismo e alla sua mercificazione. Il romanzo ci spinge a riflettere su come la memoria venga gestita, su come l’eroismo venga spesso imposto più che scelto, e su come la verità venga sacrificata sull’altare della narrazione ufficiale.
Con uno stile asciutto ma incisivo, Rizza decostruisce il mito dell’eroe e ci mostra le crepe di un sistema che ha bisogno di figure da osannare, spesso a discapito della loro vera storia e della vita dei loro eredi. In questo senso, “L’eroe imperfetto” è un romanzo necessario, capace di mettere in discussione le certezze imposte dalla retorica ufficiale e di far emergere una verità più scomoda, ma più autentica. Leggendolo ci si interroga su cosa significhi davvero avere un’eredità da portare sulle spalle, su chi siano oggi i veri eroi e su quanto sia difficile uscire dai ruoli che la società impone.
Fare memoria è certamente importante. Proprio ieri 21 marzo a Trapani si è celebrato il giorno della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, istituita per commemorare coloro che hanno perso la vita a causa della criminalità organizzata. Persone, rese vittime dalla violenza mafiosa, che rappresentano storie, impegno e coraggio. 
Partecipare è certamente giusto, ma bisogna avere la forza ed il coraggio di andare oltre. Chiedendo verità e giustizia per le troppe mancate verità che si nascondono dietro stragi e delitti, ma anche assumendosi la responsabilità nelle scelte. 
Questo romanzo, provocatorio e necessario, lascia al lettore domande senza facili risposte: chi decide chi sono gli eroi? Quanto c’è di autentico e quanto di costruito nel culto della memoria? E, soprattutto, esiste davvero un eroe perfetto, o l’eroismo è sempre, inevitabilmente, imperfetto?
Le risposte possono essere trovate dentro ognuno di noi, guardando al passato, al presente e al futuro, con un rinnovato spirito critico. Assumendoci ognuno la responsabilità di una memoria che diventi azione concreta.

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