Un’industria da 500 mld l’anno, rotte sempre più globalizzate e strategie repressive carenti: il narcotraffico è inarrestabile?
Il traffico di cocaina continua a evolversi, adattandosi ai cambiamenti del mercato e alle azioni di contrasto delle autorità. La crescente frammentazione delle reti criminali, l'espansione delle rotte di transito e l'interconnessione tra diversi gruppi criminali rendono questo fenomeno sempre più difficile da debellare. Nel 2020 è stato infatti registrato un notevole aumento della produzione e del traffico mondiale di cocaina, raggiungendo livelli mai visti prima, con un’offerta che ha sfiorato le 2mila tonnellate. Un incremento dovuto soprattutto all’espansione delle piantagioni di coca e all’adozione di tecniche più efficienti per la trasformazione della pianta in cocaina. Come se non bastasse, è aumentata anche la domanda a livello globale, spinta non solo dalla crescita demografica, ma anche dalla maggiore diffusione del consumo. A questo si aggiunge il fatto che, in Colombia, dopo la smobilitazione delle FARC nel 2016, il mercato della cocaina è passato dalle mani di poche organizzazioni dominanti a numerosi gruppi criminali frammentati, decisi ad arricchirsi con la produzione di coca. Un mercato talmente florido che, come vedremo, ha generato negli anni sempre nuovi attori famelici di profitto, soprattutto messicani e balcanici, i quali ora intervengono direttamente nelle zone di produzione, ottimizzando rotte e finanziamenti.
Le nuove rotte e i nuovi protagonisti del narcotraffico
Con l’inizio della pandemia di COVID-19, c’è stata una forte accelerazione delle rotte del narcotraffico. Le diverse limitazioni ai viaggi aerei hanno spinto i trafficanti a usare strategie alternative, come nuovi sistemi per occultare la cocaina in oggetti quotidiani o bagagli non accompagnati. In particolare, il Cono Sud dell’America Latina, che comprende i paesi più meridionali del continente (Argentina, Cile, Uruguay, ma anche il sud del Brasile e l’intero sistema fluviale Paraná-Paraguay), sembra essere diventato, negli ultimi anni, uno dei punti strategici del traffico di droga diretto in Europa. Di conseguenza, il Belgio e i Paesi Bassi hanno sostituito la Spagna come principali hub di ingresso europeo. Infatti, i porti di Anversa (Belgio) e Rotterdam (Paesi Bassi), tra i più grandi e trafficati del continente, gestiscono un volume enorme di merci, rendendo più difficile controllare ogni container e offrendo così ai narcotrafficanti maggiori possibilità di occultamento. Inoltre, questi porti garantiscono una logistica efficiente, con collegamenti stradali, ferroviari e fluviali, che facilitano la distribuzione della droga in tutta Europa. A questo si aggiunge che in Spagna, tradizionalmente il principale punto d'ingresso della cocaina sudamericana grazie ai legami storici e linguistici con l’America Latina, si è registrato un incremento dei controlli repressivi.
Parallelamente, l’UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine) ha rilevato che l’Africa occidentale e centrale è diventata un punto strategico per il transito della cocaina diretta in Europa. Paesi come Mozambico, Angola e Capo Verde sono sempre più coinvolti nel traffico, mentre aeroporti in Kenya ed Etiopia si stanno affermando come snodi chiave per la movimentazione della droga. Inoltre, sembra che l’Europa sud-orientale, in particolare Turchia e Grecia, sia diventata un ulteriore passaggio strategico per la cocaina proveniente dall’Africa occidentale e dall’America Latina, rafforzando così il corridoio balcanico verso l’Europa occidentale. Vien da sé che il traffico globale non è più dominato come in passato solo dai grandi cartelli della droga, ma sempre più da reti criminali flessibili e specializzate in singole fasi della filiera. Si tratta di gruppi ben organizzati, che agiscono come veri e propri “fornitori di servizi”, in grado di occuparsi del trasporto e dello stoccaggio delle sostanze stupefacenti, spesso senza nemmeno possedere direttamente la droga. In sostanza, si assiste a una reale frammentazione del mercato, che ha creato nuovi intermediari internazionali, spesso indipendenti dai grandi cartelli e, talvolta, politicamente protetti. Oltretutto, sono aumentate e migliorate anche le tecniche di occultamento della droga, sempre più innovative. In particolare, negli ultimi anni, si è assistito a un forte sviluppo delle tecniche di trasporto marittimo della droga. Infatti, un numero sempre maggiore di gruppi criminali specializzati ha affinato le proprie strategie utilizzando società di facciata e reti di corruzione, che coinvolgono, a volte, anche operatori portuali e funzionari. Una soluzione criminale tra le più sicure, alla quale si aggiungono nuove tecniche di occultamento, come l’assorbimento della cocaina in materiali (tessuti, pelle animale, componenti di aeromobili), successivamente recuperati in laboratori clandestini, soprattutto in Europa. Queste tecniche permettono ai trafficanti di droga di ridurre drasticamente il rischio di sequestro ai controlli doganali, poiché la cocaina risulta invisibile ai normali scanner e spesso non rilevabile dai cani antidroga. Invece, per quanto riguarda Africa e Asia, questi continenti hanno assunto un ruolo sempre più centrale nelle dinamiche del narcotraffico globale, con l’Africa, che oltre a essere un crocevia strategico, si sta trasformando in un mercato emergente per il consumo di droga. Le organizzazioni criminali transnazionali, con un’influenza crescente della Nigeria, stanno rafforzando la loro presenza sfruttando rotte marittime e aeree per facilitare il transito della cocaina verso l’Europa e altre destinazioni. In Asia, la Cina e Hong Kong sono diventati snodi cruciali per il traffico di droga diretto in Oceania, approfittando di falle nei controlli portuali e intensificando le spedizioni dall’America Latina. Un fenomeno che evidenzia una crescente interconnessione tra le reti criminali asiatiche e sudamericane, che puntano su infrastrutture logistiche efficienti per eludere i controlli e massimizzare i profitti.
Struttura e dinamiche del traffico internazionale di cocaina
Come abbiamo visto, il traffico di cocaina rappresenta uno dei fenomeni criminali più complessi e ramificati a livello globale, conseguenza diretta dei grandi capitali che riesce a muovere ogni anno. Non dovrebbe sorprendere che proprio l’industria globale della cocaina sia il principale affare delle mafie. Secondo alcune stime dell’UNODC, il mercato internazionale della droga è in grado di generare un valore stimato intorno ai 500 miliardi di dollari l’anno, una cifra superiore al PIL di intere nazioni sviluppate, come Svezia, Belgio e Grecia. Qualche anno fa, l’attuale procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, esperto di criminalità organizzata e traffico internazionale di droga, ha illustrato chiaramente l’enorme guadagno generato dalla lunga filiera del narcotraffico. “Non esiste al mondo affare più redditizio del narcotraffico: un kg di cocaina – ha precisato Gratteri – viene pagato in Colombia tra 1.200 e 1.500 euro. I grossisti lo rivendono a 40.000 euro. Poi viene tagliato, ricavandone 4,5 kg, con un 22-24% effettivo di sostanza stupefacente, e venduto a 70 euro al grammo”. Anche per questo motivo, la filiera della produzione e vendita di droga coinvolge una moltitudine di attori, dalle grandi organizzazioni criminali ai piccoli gruppi locali, ognuno con un ruolo ben definito nel portare la sostanza dalla produzione fino al consumatore finale. Tanto è vero che il traffico di droga, in particolare quello della cocaina, appare sempre più frammentato e decentralizzato, a testimonianza della crescente sofisticazione delle reti criminali, con le varie organizzazioni costantemente impegnate ad adattarsi ai mutamenti del mercato e alle strategie di contrasto adottate dalle autorità. Solitamente, le organizzazioni criminali variano notevolmente per struttura e dimensione. Alcune operano su scala globale, gestendo intere rotte del traffico di cocaina, mentre altre si concentrano su attività più specifiche, come la produzione, la logistica o la distribuzione locale. Tuttavia, con la crescente globalizzazione del mercato della droga, queste reti si sono diversificate ulteriormente: gruppi diversi collaborano tra loro o subappaltano determinate operazioni a organizzazioni più piccole e specializzate. Si tratta di una realtà che, in parte, nasce anche dalla necessità di adattarsi alle varie peculiarità della filiera del traffico di droga, in particolare della cocaina, che si articola in tre fasi principali: produzione, traffico transfrontaliero e distribuzione al dettaglio. La fase di produzione si concentra nei paesi andini, in particolare in Colombia, Perù e Bolivia, dove la coltivazione della pianta di coca e la raffinazione della cocaina rappresentano una delle principali attività economiche illecite. Qui, gruppi armati e organizzazioni criminali gestiscono la produzione, spesso in collaborazione con cartelli messicani ed europei. Il traffico transfrontaliero è forse la fase più complessa e pericolosa, poiché la droga deve attraversare numerose frontiere per raggiungere i mercati di consumo. Questa fase è dominata dai cartelli messicani, dalle reti mafiose europee - in primis la ’Ndrangheta - e dai vari gruppi criminali africani e asiatici, che utilizzano rotte sempre più sofisticate per eludere i controlli delle forze dell'ordine. Il trasporto avviene principalmente via mare, con container occultati all'interno di navi mercantili, e via aerea, attraverso voli clandestini o passeggeri che ingeriscono ovuli di droga. Una pratica estremamente rischiosa: se gli ovuli si aprono prima di essere espulsi, possono causare la morte quasi immediata del corriere. Infine, la fase della distribuzione al dettaglio avviene nei mercati di destinazione, dove la droga viene suddivisa in quantità più piccole e venduta attraverso reti di spaccio locali. Qui entrano in gioco gang di strada, organizzazioni mafiose e intermediari che operano su base regionale o nazionale, spesso ricorrendo alla violenza per garantire il controllo del territorio.
L’omicidio del procuratore Pecci e l'interconnessione tra gruppi criminali globali
I vari meccanismi che regolano la lunga filiera di produzione, lavorazione, smistamento e, infine, vendita della droga – in particolare della cocaina, come abbiamo visto – hanno favorito nel tempo, tra le altre cose, anche l’interconnessione tra gruppi criminali di diverse parti del mondo. Gli esempi che lo dimostrano sono numerosi e, talvolta, spietati ed efferati, proprio come l’omicidio del procuratore paraguaiano Marcelo Pecci, assassinato mentre era in luna di miele con la moglie, la giornalista Claudia Aguilera Quintana. Il delitto è avvenuto il 10 maggio 2022 sull'isola di Barú, vicino a Cartagena, in Colombia. Pecci è stato ucciso sulla spiaggia, poche ore dopo che sua moglie gli aveva comunicato di essere incinta. La carriera di Pecci si è distinta per la partecipazione a numerose indagini di altissimo profilo, tra cui l'Operazione A Ultranza PY, focalizzata sul contrasto ai cartelli della droga sia a livello nazionale che internazionale. Un’operazione che non solo ha smantellato una vasta rete di narcotraffico e riciclaggio di denaro, coinvolgendo figure di spicco del settore privato e pubblico, ma ha anche rivelato il ruolo sempre più centrale del Paraguay nel traffico di cocaina. Tornando all’omicidio del procuratore Pecci, le indagini hanno evidenziato connessioni significative con diverse organizzazioni criminali in Brasile, Bolivia e Colombia, oltre a possibili legami con la mafia italiana, come la ’Ndrangheta, nota per la sua capacità di interfacciarsi con i cartelli sudamericani nel traffico di cocaina verso l’Europa.
Maricel Albertini, madre del procuratore assassinato, ha persino accusato alcune figure di potere paraguaiane di essere coinvolte nel delitto, sostenendo che stessero deliberatamente rallentando le indagini per proteggere i mandanti. Per comprendere ancora meglio gli interessi in gioco, basti pensare che durante le indagini è emerso anche il nome di Horacio Cartes, l’ex presidente del Paraguay, già noto per presunti episodi di corruzione e altre attività legate alla criminalità organizzata. Ad ogni modo, date le circostanze, non è da escludere che l’omicidio del procuratore Pecci sia stato un segnale forte del narcotraffico a chiunque osi sfidarlo. Le autorità internazionali si trovano così ad affrontare una sfida sempre più complessa, che richiede un coordinamento globale e strategie innovative per contrastare efficacemente un fenomeno che, almeno per il momento, sembra inarrestabile.
Elaborazioni grafiche realizzate con il supporto dell'IA
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