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Era il 17 marzo 1981 quando i finanzieri fecero irruzione a Villa Wanda su mandato dei magistrati Giuliano Turone e Gerardo Colombo e sequestrarono gli elenchi dei membri della loggia massonica P2 di Licio Gelli.
962 nomi: 2 ministri in carica, 42 parlamentari (38 onorevoli e 4 senatori) dal Movimento sociale italiano passando per la Democrazia cristiana, fino ai socialisti con esclusione dei comunisti. Sempre in campo politico, l’elenco include 11 segretari particolari di deputati e 52 tra dirigenti e ispettori di vari ministeri. Del settore bancario figurano 10 presidenti (tra questi Roberto Calvi e Michele Sindona), 10 direttori generali, oltre a 26 dirigenti e a 3 membri di Consigli di amministrazione. Sono poi 20 i presidenti e i dirigenti di società pubbliche, con una buona rappresentanza dell’Eni.
La P2 estende la sua ragnatela al mondo dell’industria e dell’imprenditoria con 65 affiliati tra i quali, come noto, Silvio Berlusconi iscritto dal 1978, ma non interrogato dalla Commissione d’inchiesta parlamentare poiché, nonostante si stesse affermando come tycoon dell’emittenza privata, è stato ritenuto un personaggio secondario.
Nell’elenco figurano 14 magistrati tra Corte dei Conti, Consiglio superiore della magistratura, presidenti di Corte d’assise, magistrati militari ai quali vanno aggiunti 4 presidenti di tribunali, un terzo dei nominativi appartiene a politici e Forze armate. I militari ricoprono figure apicali, diversi di questi sono legati allo stragismo nero e alla stagione golpista (1969-1974). A ciò si aggiungono esponenti della Guardia di Finanza, questori e prefetti.
In altre parole uno Stato nello Stato. La magistratura subisce una battuta d’arresto alla procura di Roma: l’inchiesta muore nella Capitale lasciando tanti quesiti irrisolti.
Toccò alla commissione d’inchiesta parlamentare presieduta da Tina Anselmi continuare il lavoro di inchiesta ma, come disse la stessa presidente, “non si è voluto continuare a indagare, ad andare in fondo”.
Perché disse queste parole?
Come riportato dalla stessa commissione e dalle testimonianze che si sono raccolte nel corso del tempo gli elenchi della P2 non erano quelli originali. Molti nomi mancano all’appello. Nomi importanti.
A dirlo non è stata una voce qualsiasi: l’ex gran maestro del Goi Giuliano Di Bernardo (Il Grande Oriente d'Italia) durante l'udienza dell'11 gennaio 2019 al processo 'Ndrangheta stragista interrogato dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo disse che Licio Gelli gli aveva offerto "l’elenco vero della P2 tramite un suo emissario che commentò: ‘così puoi ricattare tutta l’Italia”.
La deduzione è automatica: la P2 esiste ancora e gli effetti si vedono tutt'oggi.
In primis fra tutti è l'attuazione del piano di rinascita democratica di Gelli che sta prendendo forma con le riforme costituzionali in lavorazione alle Camere: la separazione delle carriere e il premierato sono solo gli esempi più lampanti.
Come riportò lo stesso Di Bernardo in un'intervista al nostro caporedattore Aaron Pettinariil piano di Gelli e di trasformazione dell'Italia non è stato realizzato da Gelli o dalla P2. È un piano che è andato avanti e che è diventato un asse portante del berlusconismo. La P2 ancora oggi rappresenta uno spettro che aleggia sull'Italia".

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