L’atto d’accusa nelle 14 pagine del procuratore dell’Aia, Karim Khan: "Violato l’obbligo di collaborazione"

Il caso del torturatore libico Almasri, riguardo al mancato rispetto degli obblighi da parte dell'Italia nei confronti della Corte Penale Internazionale (CPI), ha scatenato un caso politico e giuridico non di poco conto. La conferma - ha spiegato Repubblica - è arrivata insieme alle parole del procuratore dell’Aia, Karim Khan, che ha chiesto il deferimento dell’Italia all’Assemblea degli Stati e al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per non aver rispettato l’articolo 87 del Trattato di Roma. “L’Italia - ha precisato Khan - non ha rispettato l’obbligo di collaborare con la Corte Penale Internazionale”. Lo avrebbe fatto in maniera consapevole, permettendo che il presunto assassino e torturatore libico Almasri non fosse arrestato, ma tornasse tranquillamente in Libia. “Esponendo vittime e testimoni, nonché le loro famiglie, a un potenziale e grave rischio di danno”. Attraverso un documento di 14 pagine, il procuratore Khan ha ricostruito la vicenda, evidenziando errori, omissioni e, soprattutto, una presunta mancanza di tempestività nelle comunicazioni e nel coordinamento da parte del governo italiano. Infatti, secondo la CPI, l’Italia era stata informata della richiesta di arresto di Almasri già il 18 gennaio, prima che il libico fosse fermato. La comunicazione, inviata all’Ambasciata italiana, sarebbe quindi stata ufficialmente ricevuta, rendendo ingiustificabile la mancata esecuzione dell’arresto. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nel tentativo di fornire una giustificazione, ha affermato che il messaggio sarebbe stato letto solo due giorni dopo, il 20 gennaio. Per Khan, questa giustificazione non regge: il ritardo nella lettura della comunicazione e il mancato coordinamento interno tra le autorità italiane non possono essere considerati motivi validi per la mancata collaborazione. L’Italia, in altre parole, non avrebbe agito in modo adeguato per assicurarsi che la richiesta della CPI venisse rispettata. “Anche se fosse così, è irrilevante - ha sottolineato Khan -. Il fatto che le autorità competenti non abbiano adottato le necessarie misure di coordinamento interno non costituisce di per sé una valida giustificazione per non adottare le misure. La trasmissione ritardata e il mancato coordinamento interno costituiscono un mancato rispetto della richiesta di cooperazione”.
Dal canto suo, il governo Meloni ha sempre difeso la propria posizione, affermando che la scarcerazione di Almasri sia stata decisa dalla Corte d’Appello di Roma sulla base di un’interpretazione della legge. I giudici avrebbero ritenuto necessaria una previa interlocuzione tra il tribunale e il ministero della Giustizia prima di poter eseguire l’arresto. Tuttavia, secondo Khan, anche accettando questa interpretazione giuridica - peraltro contestata da molti esperti - il ministero avrebbe comunque dovuto rispondere alla richiesta della CPI e trasmettere la documentazione necessaria alla Corte d’Appello entro il 20 gennaio. Se ciò fosse avvenuto, sostiene il procuratore, il tribunale avrebbe potuto emettere nuovamente un ordine di detenzione nei confronti di Almasri. Altra nota dolente sono le argomentazioni sollevate dall’Italia per giustificare il proprio operato, basate su due presunti problemi: alcune incertezze sul momento esatto in cui sarebbero stati commessi i crimini imputati ad Almasri, a causa di errori materiali iniziali poi corretti dalla CPI; e il voto contrario della giudice María del Socorro Flores Liera, che aveva espresso dubbi sulla richiesta d’arresto. Ma per Khan, nessuna di queste due motivazioni sarebbe valida. “Anche supponendo che queste questioni critiche esistessero, il che non è vero, l’Italia non ha consultato la Corte per risolverle - ha precisato il procuratore Khan -. Se lo avesse fatto, le questioni sarebbero state chiarite e risolte il 20 gennaio”. Alla luce di queste mancanze, il procuratore dell’Aia ha ritenuto che l’Italia abbia effettivamente violato l’obbligo di cooperazione con la CPI, motivo per cui ha richiesto il deferimento.

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