Roger Waters: “Se un giorno vorrà riprendere WikiLeaks, sono disposto anche a finanziarlo”
Il giudice statunitense John Koeltl ha respinto la causa intentata contro la CIA dai giornalisti e dagli avvocati legati a Julian Assange, spiati illegalmente quando hanno visitato il fondatore di WikiLeaks mentre era rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. La raccolta di dati dai loro dispositivi elettronici sarebbe avvenuta tramite una società di sicurezza privata, la Undercover Global. La denuncia, promossa dai giornalisti Charles Glass e John Goetz e dagli avvocati Deborah Hrbek e Margaret Kunstler, mirava a ottenere la distruzione di tutti i dati raccolti dalla CIA attraverso la sorveglianza. Secondo i querelanti, infatti, quella raccolta di informazioni aveva violato il loro diritto alla privacy, garantito dalla Costituzione degli Stati Uniti. Tuttavia, il giudice Koeltl ha basato la sua decisione su un principio spesso invocato dai servizi di intelligence: il cosiddetto “privilegio del segreto di Stato”, respingendo così la causa. In sostanza, ha stabilito che obbligare la CIA a rivelare se abbia effettivamente raccolto informazioni compromettenti in un’ambasciata straniera potrebbe mettere a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. In pratica, si tratta di una decisione, quella del giudice Koeltl, che conferma ancora una volta il potere degli apparati di sicurezza nel schermare le proprie attività dietro il velo della segretezza.
I sette anni trascorsi nell’ambasciata dell’Ecuador
Il fondatore di WikiLeaks ha trascorso sette anni rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador per evitare l’estradizione in Svezia, dove era accusato di violenza sessuale. Accuse che ha sempre definito una montatura finalizzata a portarlo negli Stati Uniti dopo la pubblicazione, da parte di WikiLeaks, di migliaia di documenti diplomatici e militari segreti nel 2010. Tra questi, video e rapporti sulle operazioni militari in Iraq e Afghanistan: materiale che ha permesso al mondo intero di conoscere i crimini commessi dagli Stati Uniti nei vari teatri di guerra. Le autorità statunitensi hanno sempre sostenuto che Assange abbia cospirato con l'ex analista dell'intelligence militare Chelsea Manning per ottenere e diffondere informazioni riservate, violando il cosiddetto “Espionage Act” e altre leggi sulla sicurezza nazionale. Tuttavia, il caso Assange è passato alla storia come un attacco alla libertà di stampa, con il chiaro intento di ostacolare il giornalismo investigativo che ha portato alla luce crimini di guerra e numerosi abusi governativi.
Roger Waters
Quando Assange si dichiara “colpevole di giornalismo”
Dopo essere stato arrestato nel 2019 e detenuto per cinque anni in una prigione britannica di massima sicurezza, Assange ha infine raggiunto un accordo con le autorità statunitensi, dichiarandosi colpevole di aver ottenuto e diffuso informazioni riservate. Questo patteggiamento gli ha permesso di tornare in Australia, ponendo fine a una battaglia legale durata oltre un decennio. “Alla fine ho scelto la libertà piuttosto che una giustizia irrealizzabile”, ha dichiarato durante uno dei suoi primi interventi pubblici dopo il rilascio, rivolgendosi alla commissione del Consiglio d'Europa per i diritti umani. “Oggi sono libero dopo anni di carcere perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo. Mi sono dichiarato colpevole di aver cercato informazioni da una fonte, di averle ottenute e di aver informato il pubblico su quali fossero quelle informazioni”. La scarcerazione di Assange avviene anche dopo che l'Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa definisce Assange un prigioniero politico, sollecitando la Gran Bretagna a un’indagine per verificare se sia stato sottoposto a trattamenti inumani durante la detenzione nel carcere di massima sicurezza. Tuttavia, resta il fatto che l’accordo raggiunto per il suo rilascio ha anche chiuso qualsiasi possibilità di ottenere un processo in grado di fare luce sulle accuse di spionaggio contro di lui.
Il commento di Roger Waters
Nell’estate del 2024 è intervenuto sul caso Assange anche il noto attivista e cofondatore dei Pink Floyd, Roger Waters. In un’intervista a Reuters, la rockstar inglese ha espresso il desiderio che, un giorno, Assange possa finalmente tornare a svolgere il suo lavoro di giornalista attraverso WikiLeaks. “Se potesse, se fosse nel suo cuore e se fosse quello che vorrebbe fare, sono sicuro che avrebbe il coraggio di farlo. Resta da vedere”, ha detto Waters. Un desiderio così forte da essere disposto persino a finanziarlo: “Voglio dire, non posso finanziare tutto - ha spiegato -. Uno ha un bottino di guerra limitato… ma voglio che incoraggino gli informatori di tutto il mondo a rivolgersi a loro”.
Foto © Imagoeconomica
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