"L’atto d’arresto era pronto ma il Ministro lo ignorò". Parte l’inchiesta bis per il Guardasigilli
Nell'inchiesta della procura di Roma sulla scarcerazione del generale libico Osama Almasri, ricercato dalla giustizia internazionale, emerge un elemento chiave: la contestazione al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di una possibile “omissione di atti d’ufficio”. Il procuratore Francesco Lo Voi ha inviato gli atti al tribunale dei ministri, configurando per il Guardasigilli anche questa ipotesi di reato, che non era stata originariamente indicata nell'esposto dell'avvocato Luigi Li Gotti contro Giorgia Meloni, lo stesso Nordio, Piantedosi e Mantovano. I reati indicati erano favoreggiamento e peculato. La Procura, però, analizzando gli articoli di giornale allegati all’esposto, ha ipotizzato che Nordio possa aver omesso di compiere atti necessari per evitare la scarcerazione di Almasri, come il contatto con la Corte d’Appello di Roma. Nessun cavillo, bensì una procedura fondamentale.
Il ministero della Giustizia, il 20 gennaio, aveva suggerito al ministro di inviare una richiesta per un nuovo mandato di cattura, ma la bozza di tale richiesta non è mai stata formalizzata. Numerosi esperti di diritto internazionale, tra cui la Società di diritto internazionale e dell’Unione Europea, hanno sottolineato che il rimpatrio di Almasri costituisce una violazione grave degli obblighi di cooperazione derivanti dallo Statuto di Roma, che imponeva l’esecuzione del mandato di arresto.
Stando a quanto riportato da Repubblica, le comunicazioni interne al ministero documentano che gli uffici di via Arenula erano stati informati tempestivamente della situazione. Il 18 gennaio la Corte penale internazionale (Cpi) comunicava informalmente l’imminente emissione di un mandato di cattura, che venne ufficialmente trasmesso il giorno successivo al magistrato di collegamento presso l’ambasciata olandese. Insieme al mandato, la Cpi ricordava l’obbligo di consultarla “senza indugio in caso di problemi nell’esecuzione dell’arresto”. Il 19 gennaio pomeriggio il mandato, tradotto anche in italiano, giungeva al ministero, già informato dell’arresto avvenuto a Torino. Il 20 gennaio la Corte d’Appello di Roma segnalava l’errore procedurale e chiedeva di sanarlo, ad esempio con un nuovo ordine di arresto. Gli uffici del ministero prepararono la bozza, ma Nordio decise di non procedere, né di contattare il tribunale o la Cpi, rimanendo in silenzio per 36 ore. Solo il 21 gennaio nel pomeriggio dichiarò che “si stavano valutando gli atti”, quando Almasri era già a bordo del Falcon 900, in dotazione ai servizi, ormai prossimo ad atterrare a Tripoli.
Da giorni l’esecutivo ha deciso di fare pugno di ferro contro la Cui, con Nordio intenzionato a chiedere alla Cpi spiegazioni sulle presunte incongruenze nel mandato di arresto anche se, dalla ricostruzione fatta in Parlamento, emergono incongruenze solo sull’operato del Ministro. Secondo fonti di Repubblica, Palazzo Chigi accusa una sorta di cospirazione internazionale - orchestrata da Francia e Germania - volta a rompere i rapporti bilaterali Italia-Libia. Ciò che è certo è che l’Italia, prima o poi, dovrà rispondere alla Cpi per il mancato arresto.
Fonte: repubblica.it
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