Blitz di Idf e Shin Bet a Jenin. Bilancio di sette morti e l'ombra dell'ANP dietro l’offensiva
A Gaza il cessate il fuoco resiste. Le armi sono ferme per il terzo giorno, ma la tregua non significa la fine della violenza nei Territori palestinesi. Tregua non è sinonimo di libertà. In Cisgiordania, infatti, Israele ha lanciato un’operazione congiunta dell’esercito e dei servizi segreti dello Shin Bet contro alcuni gruppi che compongono la resistenza armata.
L’operazione denominata “Muro di ferro”, annunciata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, è iniziata con un attacco drone su Jenin e, a seguire, un intervento delle forze speciali, mirato a “sradicare il terrorismo” e rafforzare la sicurezza nella regione, secondo Netanyahu. Il bilancio iniziale è pesante: sette palestinesi uccisi e almeno 35 feriti, stando alle autorità sanitarie locali. Hamas e la Jihad islamica hanno esortato alla resistenza armata, definendo l’operazione un genocidio contro il popolo palestinese.
A pesare ancora di più, però, è l'ombra dell'Autorità nazionale palestinese dietro questa operazione. Stando agli accordi di Oslo (mai rispettati da Israele) Jenin è in Area A, quindi sotto amministrazione del governo palestinese. E, tra le altre cose, all'esercito israeliano dovrebbe essere proibito l'accesso nell'area (così come ai cittadini israeliani). Potrebbe, dunque, trattarsi dell'ennesimo "lascia passare" dell'ANP per reprimere il dissenso della popolazione nei confronti del governo di Abu Mazen ed evitare un'insurrezione popolare.
Situazione analoga si potrebbe creare anche a Gaza dove inizia a crearsi un'accesa competizione tra l'ANP e Hamas per il controllo amministrativo della Striscia. L’ANP, con sede a Ramallah, ha espresso la volontà di assumere la gestione di Gaza, governata da Hamas dal 2007.
Sul fronte israeliano, infine, il premier Netanyahu affronta pressioni dalla sua coalizione di estrema destra, che ha criticato duramente l’accordo con Hamas. Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha già lasciato il governo, mentre Bezalel Smotrich, leader del partito "Sionismo religioso", ha accolto con favore l’offensiva a Jenin come parte della strategia per rafforzare la sicurezza in Cisgiordania.
Le violenze non si limitano alle operazioni militari. Nei villaggi palestinesi della West Bank, gruppi di coloni israeliani hanno attaccato civili con sassi e molotov, provocando feriti e nuove tensioni. La polizia israeliana è intervenuta, ma senza arrestare alcun colono, scatenando critiche internazionali.
L’operazione “Muro di ferro” e le reazioni politiche che ne derivano riflettono la determinazione di alcune fazioni israeliane a perseguire l’annessione della Cisgiordania, una mossa che aggraverebbe ulteriormente la crisi e allontanerebbe la prospettiva di una pace duratura nella regione. Obiettivo storico di Israele, e quindi del sionismo, infatti, sono la Giudea e la Samaria. E operazioni come quella in corso a Jenin - tutt'altro che inedite - hanno come obiettivo proprio l'espulsione etnica dei palestinesi dalla West Bank.
Foto © Imagoeconomica
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