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Pioggia di critiche sulla riforma Zanettin, per il procuratore Lo Voi si tratta di un vero e proprio “divieto a indagare”

Continua a suscitare dubbi e preoccupazioni il limite di 45 giorni imposto alle intercettazioni telefoniche e ambientali durante le indagini. Magistrati e addetti ai lavori stanno manifestando una forte opposizione al disegno di legge presentato da Pierantonio Zanettin, esponente di Forza Italia, già approvato in Senato con 83 voti favorevoli e 49 contrari. Le critiche non sono mancate, a partire dall'Associazione Nazionale Magistrati (ANM), che ha denunciato il rischio concreto di una riduzione della tutela dei diritti della persona. Anche Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore del Movimento 5 Stelle, ha criticato duramente il provvedimento, definendolo un vero e proprio “sconvolgimento dei protocolli delle forze di polizia”, attuato “senza il preventivo ascolto degli esperti e in palese deroga alla prassi della Commissione Giustizia del Senato”. Alle sue critiche si sono aggiunte quelle emerse durante la seconda audizione della Commissione Giustizia della Camera, tenutasi pochi giorni fa.

Vincenza Maccora, presidente aggiunta dei Gip di Milano, durante la sua audizione ha ricordato che la norma impatterebbe negativamente anche sui reati di grande allarme sociale. “Mi rendo conto che lo strumento delle intercettazioni è molto invasivo, quindi va maneggiato con cura, ma, allo stesso tempo, risulta determinante per l’accertamento dei reati e per l’individuazione dei loro responsabili. La limitazione che si vuole introdurre alle intercettazioni cosiddette ‘ordinarie’ per 45 giorni - ha proseguito Maccora - rischia di creare un arretramento nel contrasto all’illegalità e nell’accertamento dei reati, anche per quelli di forte allarme sociale”. Basti pensare a particolari reati come “gli omicidi non legati alla criminalità organizzata, oppure i casi di violenza sessuale: reati che richiedono un accertamento in sede di ricerca della prova, in cui lo strumento dell’intercettazione si rivela molto importante”.

Per il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, il limite dei 45 giorni è metodologicamente inadeguato, soprattutto per quanto riguarda i reati complessi, come lo spaccio di droga e le violenze domestiche. “Credo che il termine di 45 giorni per le intercettazioni sia oggettivamente scorretto dal punto di vista metodologico e in relazione a qualunque tipologia di reato. È vero che sono esclusi i reati in materia di criminalità organizzata e di terrorismo, ma sottolineo che per alcuni reati, come ad esempio lo spaccio di droga, pensare che 45 giorni possano essere sufficienti per chiudere un’indagine è assolutamente inadeguato”.

E aggiunge: “La legge nasce anche dall’idea di una sfiducia nei confronti dei controlli effettuati dai Gip rispetto alle proroghe delle indagini. Tuttavia, secondo la mia esperienza, a differenza di ciò che si crede, il Gip, in molte occasioni, ritiene di non dover prorogare le indagini. Quindi, tutta questa attenzione per evitare il prolungamento delle intercettazioni, che il legislatore prende correttamente in considerazione, spesso è già oggetto di valutazione da parte dei giudici. Ultima indicazione - ha concluso Cantone - mi auguro che queste limitazioni non incidano su reati particolarmente delicati e gravi, come quelli previsti dal Codice rosso, dove spesso la necessità di prorogare le indagini è collegata all’esigenza di monitorare soggetti che commettono tali reati. Se dovessi individuare un elemento specifico di criticità, direi che, con riferimento ai reati del Codice rosso, questa norma rischia di limitare le attività di intercettazione proprio quando è necessario tenere sotto controllo soggetti violenti che possono reiterare le violenze nel tempo”.

La procuratrice aggiunta di Milano, Alessandra Dolci, spiegando come un’indagine basata su intercettazioni intermittenti rischi di frammentare il quadro probatorio, ha affrontato la questione da un punto di vista ancora più tecnico e specifico. “Un’indagine che si fonda su intercettazioni a tappe è sicuramente caratterizzata da un deficit probatorio significativo, sia per il pubblico ministero - ha spiegato Dolci - sia per la difesa, perché è possibile che, nello stacco temporale in cui le intercettazioni non erano attive, siano emersi elementi favorevoli tanto all’accusa quanto alla difesa”.

A parlare di ostacolo significativo per diversi reati, come estorsioni, rapine, spaccio di droga, truffe agli anziani e persino omicidi, è stato il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi.

Secondo Lo Voi, anche se la limitazione alle intercettazioni telefoniche e ambientali lascia comunque intatti i poteri investigativi per i reati legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, la riforma esclude un vasto e significativo panorama di crimini gravi che richiedono indagini spesso lunghe e articolate. “Non esistono soltanto i reati di criminalità organizzata, terrorismo e cybercrime. Esistono anche altri reati gravissimi in cui 45 giorni di intercettazioni non basteranno mai. Pertanto, tutto questo si trasforma in una sorta di divieto a indagare. Sarebbe come dire che, nel corso delle indagini preliminari, per un qualsivoglia reato, sia possibile effettuare una sola perquisizione domiciliare, un solo sequestro o attuarli entro un determinato periodo di tempo. E sappiamo bene che, per fortuna, le indagini preliminari durano ben più di 45 giorni. Attuare queste limitazioni - ha precisato il procuratore di Roma - significa creare un incomprensibile scompenso tra la durata delle indagini preliminari e il periodo in cui possono essere effettuate le intercettazioni.” - prosegue - “Negli ultimi anni, il Parlamento ha fatto un lavoro enorme su più fronti: è stato creato l’archivio riservato e sono scomparse le rivelazioni sulle intercettazioni non rilevanti. Ora mi chiedo quale sia lo scopo di questa riforma. Se non ci sono altre ragioni per limitare l’uso delle intercettazioni, perché, potendo indagare fino a 12 mesi o 24 mesi in alcuni casi, dovrei privarmi di uno strumento essenziale riducendo così drasticamente il periodo delle intercettazioni?”. Dettagliato e pragmatico, il procuratore Lo Voi ha citato anche alcuni casi che sono stati oggetto di indagine e che hanno dimostrato chiaramente come siano necessari mesi di intercettazioni per ottenere risultati utili e concreti. “Spesso capita che alcune intercettazioni raccolte nei primi mesi di indagine vengano comprese solo successivamente, grazie ad altre attività investigative o a intercettazioni successive”. Come se ciò non bastasse, dal punto di vista internazionale, “gran parte dei gruppi criminali, associati o meno, si avvalgono di piattaforme criptate per comunicare e scambiarsi messaggi. Le intercettazioni - ha proseguito Lo Voi - sono uno strumento investigativo temuto da chiunque commetta reati, dalla criminalità organizzata al riciclaggio, fino ai reati contro la pubblica amministrazione. Perciò non comprendo perché dovremmo fare un regalo del genere a chi delinque”. E aggiunge: “Pensiamo alle indagini transnazionali. Come posso mai chiedere un’intercettazione telefonica a un altro Paese dicendo che può eseguirla per non più di 45 giorni? Ovviamente non metteranno mai in moto questo meccanismo, perché non è economicamente produttivo. Allo stesso modo, se ricevo una richiesta di intercettazione da un altro Paese e la limito a 45 giorni, mi estraneo automaticamente da un intero sistema investigativo europeo ed extraeuropeo, dove le intercettazioni durano quanto necessario. Infine, non si dica che è una questione di costi: tra sequestri e misure di prevenzione, riusciamo a recuperare somme ben superiori ai costi annuali. Cito un solo dato - ha concluso Lo Voi - grazie alle indagini condotte a Roma durante l’inchiesta sulla cosiddetta ‘petrolmafia’, con un solo sequestro è stato possibile recuperare la bellezza di 260 milioni di euro”.

Guarda l'audizione della Commissione Giustizia della Camera: webtv.camera.it

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