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È nomale che un senatore sia stato intercettato 33 volte 'per caso'? Ma soprattutto la gestione di quelle conversazioni tra l'ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato e l'ex magistrato palermitano Gioacchino Natoli è stata legittima?
Su questo, come riportato dal 'Fatto Quotidiano', si esprimerà martedì 19 novembre la Giunta per le Autorizzazioni del senato.Le intercettazioni vennero disposte dalla procura di Caltanissetta nell'ambito delle indagini che vedono Natoli indagato per favoreggiamento con l’accusa di aver partecipato all’insabbiamento di una vecchia indagine partita da Massa Carrara sui fratelli Buscemi, imprenditori mafiosi vicini a Totò Riina, divenuti soci di Raul Gardini.
Telefonate in cui, sostiene il quotidiano 'La Verità', il senatore avrebbe “aggiustato” la deposizione dell’ex membro del pool antimafia in occasione dell’audizione davanti alla Commissione Antimafia convocata per discutere sulla vicenda Mafia-appalti.
I dialoghi tra i due ex colleghi seguirono un iter 'inedito', alla faccia delle garanzie costituzionali: vennero inviate dalla procura nissena alla Commissione Antimafia in blocco; la presidente Chiara Colosimo le ha poi messe a disposizione dei commissari (a parte Scarpinato), pur con il vincolo del segreto. 
Una parte del loro contenuto, tuttavia, comparve sulle pagine de La Verità' e divenne un caso politico che si trasformò in brevissimo tempo nell'ariete con sul quale la maggioranza di governo sta cercando di cacciare Scarpinato dalla commissione antimafia. Ma ora l'ex procuratore generale ha chiesto alla Giunta di valutare se la gestione di quelle intercettazioni sia stata legittima o se siano state violate le sue prerogative parlamentari, dal momento che la procura nissena avrebbe dovuto chiedere autorizzazione al Senato prima di mandare il contenuto delle intercettazioni alla commissione antimafia.
I magistrati, in vero, le mandarono per direttissima poiché, secondo il procuratore della Repubblica di Caltanissetta Salvatore De Luca, l'autorizzazione servirebbe solo quando è in corso un procedimento penale. Nel caso in questione si sarebbe trattato di dovere di collaborazione con la Commissione, che come prevede la legge può accedere agli atti delle inchieste in corso, pure quando sono coperti da segreto. Scarpinato, pero, aveva chiesto a de Luca di revocare la trasmissione delle intercettazioni, ma la sua richiesta era stata rigettata, creando così un precedente pericoloso che porterà il contenuto delle indagini ad essere strumentalizzato dalla politica. Senza contare che le stesse intercettazioni non hanno rilevanza penale in quanto il loro contenuto non è stato contestato a Scarpinato durante il suo interrogatorio da persona informata sui fatti nell’indagine su Natoli.
Scarpinato aveva già detto in precedenza che era falso “che la Procura di Caltanissetta mi abbia chiesto spiegazioni su brani di conversazioni tra me e il dottor Natoli casualmente intercettati, perché, evidentemente, non è stato ravvisato niente di irregolare né di rilevante ai fini delle indagini, trattandosi di conversazioni tra due ex colleghi che si scambiano opinioni su fatti del passato e sui processi sulle stragi. È chiaro che tale specifica vicenda sarebbe rimasta priva di rilievo, se non si fosse innestata su un terreno ad altissimo coefficiente politico”. Ovvero le stragi del 1992/1993. Argomento, questo, di “altissima densità politica e una partita ancora aperta, come dimostra, tra l’altro, il prolungarsi nel tempo, sino ad epoca recentissima, di gravissimi tentativi di depistaggio”. “Alcuni gangli dei centri di potere che in quegli anni orientarono per motivi politici l’azione dei mafiosi, intervenendo nella fase ideativa, nella logistica e nei successivi depistaggi, - ha aggiunto il senatore del M5S - sono rimasti attivi nel tempo anche dopo gli eccidi, operando dietro le quinte per impedire l’emersione di verità di portata destabilizzante, inducendo al silenzio depositari di segreti scottanti, creando false piste, occultando documenti”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Emanuele Di Stefano

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