Riportiamo l’intervento integrale del vice direttore di ANTIMAFIADuemila alla presentazione dell’ultimo libro di Saverio Lodato a Roma
Volevo iniziare con un ringraziamento ai relatori per essere qui. Ringrazio in particolar modo il dottor Nino Di Matteo e il senatore Roberto Scarpinato. E qui apro un inciso: i recenti attacchi nei confronti del senatore Scarpinato e dell'onorevole de Raho, riguardo la Commissione parlamentare antimafia, si commentano da soli e qualificano la caratura immorale di chi li perpetua. Attacchi subdoli, che si sono verificati anche nei confronti del dottor Di Matteo, ancora più pericolosi per il loro carattere strisciante.
Li ringrazio perché Di Matteo e Scarpinato sono andati oltre se stessi nella ricerca della verità. E questo "andare oltre se stessi" è un filo che unisce proprio i relatori di questa sera, perché ognuno, nel proprio ambito, ha saputo superare se stesso: oltre la rabbia, oltre il dolore, oltre la frustrazione per una verità negata, in un paese dove, troppo spesso, per una sorta di "ragione di Stato", i mandanti esterni delle stragi rimangono impuniti.
E dove chi quella verità la continua a cercare sa bene quale sia il prezzo da pagare: isolamento, delegittimazione, fino al rischio concreto di morire per mano di un potere che fa parte di quel gioco grande che Giovanni Falcone aveva individuato come "stato parallelo".
Lo stesso autore di questo splendido libro che presentiamo stasera (Cinquant'anni anni di mafia, ndr), che resta un punto fermo per chiunque intenda capire il fenomeno mafioso, è riuscito ad andare oltre se stesso. Ha sfidato le censure del cosiddetto mainstream, mantenendo fede all'impegno di un giornalismo libero ed etico, capace di raccontare le cose come stanno, senza guardare in faccia a nessuno. È questo l'approccio etico del giornalismo che, come diceva Pippo Fava, rappresenta la forza essenziale della società. E qui veniamo chiamati in causa tutti noi: la società cosiddetta civile, ogni singolo cittadino, con le nostre scelte e con il nostro voto.
Anche noi siamo chiamati ad andare oltre noi stessi, oltre le nostre paure e i nostri limiti, facendo semplicemente il nostro dovere, perché siamo testimoni di questo tempo. Un tempo in cui il silenzio degli onesti pesa ancora di più e diventa ancora più dannoso. Un tempo in cui la disobbedienza civile contro ogni provvedimento liberticida e classista, che minaccia la nostra Costituzione, diventa fondamentale. E quindi, dobbiamo andare oltre noi stessi, oltre le nostre "comfort zone", seguendo l'esempio di donne e uomini che lo hanno fatto prima di noi.
Penso ai familiari delle vittime di mafia, a una madre coraggio come Angelina Manca, a tante altre persone comuni e lontane dai riflettori. Penso anche a un vero servitore dello Stato che ha pagato un prezzo altissimo per aver osato denunciare quella "zona grigia" dello Stato, sulla quale gravano pesanti responsabilità nel biennio stragista 1992-1993. Quell'uomo è il generale dei Carabinieri, ora in pensione, Michele Riccio, che ha spiegato in un libro, scritto insieme ad Anna Vinci, in uscita tra pochi giorni, il progetto occulto di assalto alla Repubblica attraverso la cosiddetta "strategia parallela".
Anche Michele Riccio è andato oltre se stesso, pagando un prezzo sovrumano per aver osato indicare quella zona grigia. Quindi, grazie a tutti coloro che, andando oltre se stessi, ci hanno indicato la via da seguire per continuare a fare la nostra parte, per dare un senso alla nostra vita, per dare speranza alle nuove generazioni. Giovani che manifestano contro un genocidio che si sta consumando a Gaza per ordine del Premier israeliano Benjamin Netanyahu, sostenuto anche dal nostro Governo; giovani che protestano per salvare il pianeta dal cambiamento climatico, che ci sta portando verso l'autodistruzione.
Anche per loro vale la pena continuare a lottare, andando oltre noi stessi. Grazie.
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