Il leader del Cremlino al Club Valdai: Mosca è disposta a condurre un dialogo sulla stabilità strategica con Washington
Da Oriente si aprono i primi spiragli di una nuova intesa con Washington che sembrava oramai destinata a cadere nell’oblio.
Il presidente russo Vladimir Putin, parlando alla riunione del Club Valdai a Sochi, si è congratulato per l’elezione di Donald Trump e definisce degne di attenzione le sue idee per porre fine alla guerra in Ucraina.
A sua volta, il neo-eletto presidente Usa, in un’intervista alla NBC News, ha ammesso che avrebbe parlato con Putin dopo la sua elezione, pur non fornendo una tempistica precisa.
Secondo indiscrezioni del Wall Street Journal, il piano di pace del tycoon contemplerebbe un congelamento della guerra, con la cessione del 20% del territorio ucraino alla Russia e la sospensione dell’adesione dell’Ucraina alla NATO per almeno 20 anni. In cambio, gli Stati Uniti continuerebbero a fornire armi all’Ucraina, ma il peso delle forniture militari verrebbe trasferito all'Europa. Il piano include anche la creazione di una zona smilitarizzata di oltre 1.200 chilometri lungo la linea del fronte, sorvegliata da forze di pace non statunitensi.
Il leader del Cremlino si è detto pronto a un’apertura al dialogo anche con i leader occidentali. “I tentativi di imporre la propria volontà danneggiano anche coloro che li realizzano: gli Stati Uniti e gli Stati europei. Ma questo lo capirà anche l’Occidente”, ha affermato Putin, sostenendo che, a differenza dei suoi “avversari”, Mosca “non percepisce la civiltà occidentale come un nemico", ma deve lasciarsi alle spalle il suo complesso di dominio e comprendere che, nonostante le sue enormi risorse per lo sviluppo, rappresenta solo un elemento del sistema mondiale. “Non si può parlare di egemonia”.
In particolare, il capo di Stato, ha parlato della Nato, definendola un vero e proprio anacronismo. “Ed è stata proprio questa organizzazione a spingere la Russia ad azioni di ritorsione in Ucraina”, ha ricordato, specificando che la stessa Alleanza del Nord Atlantico in passato aveva promesso a Mosca di non espandersi verso est.
Che fosse questa la vera causa del conflitto, lo ammise lo scorso anno persino il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, alla Commissione affari esteri del Parlamento europeo del 7 settembre 2023.
In quell’occasione ricordò come nell'autunno 2021, Putin avesse cercato di stabilire un dialogo con la Nato per evitare l'invasione dell'Ucraina; un apertura che puntualmente rifiutò.
"Il contesto era che nell'autunno del 2021 il presidente Putin aveva dichiarato, e inviato di fatto, una bozza di trattato che voleva che la Nato firmasse, promettendo di non espandere la Nato ulteriormente. Questo è ciò che ci ha inviato. Ed era una precondizione per non invadere l'Ucraina. Ovviamente non l'abbiamo firmato… Quindi è andato in guerra per impedire che la Nato si avvicinasse ai suoi confini", affermò l’ex segretario generale dell’Alleanza.
Volodymyr Zelensky
"Se non c'è neutralità, è difficile immaginare relazioni di buon vicinato tra Russia e Ucraina", ha ribadito il presidente russo, auspicando che gli Stati Uniti nel loro complesso abbandonino “la politica di doppio contenimento di Cina e Russia”, poiché “ciò danneggia gli stessi americani. E la cooperazione trilaterale andrebbe a vantaggio di tutti. L'amicizia tra Mosca e Pechino non è diretta contro nessuno”, ha precisato.
Secondo il capo di Stato, importante è anche il diritto dei popoli all’autodeterminazione, sancito dall’ONU. Un esempio di ciò è il precedente del Kosovo. "Ciò significa che i territori, tra cui Novorossiya e Donbass - autoproclamatisi indipendenti dopo il colpo di Stato a Kiev nel 2014 - avevano il diritto di prendere una decisione sulla loro sovranità", ha osservato il presidente.
Definite queste premesse, Putin si è detto pronto a condurre un dialogo sulla stabilità strategica con Washington. Ma tutto ciò è complicato dal desiderio degli Stati Uniti di infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia. Washington ha riportato la componente militare in primo piano nelle attività della NATO e “Mosca non può ignorare gli arsenali nucleari dei suoi satelliti americani: Gran Bretagna e Francia…Parliamo di questo a carte scoperte, in modo professionale", ha suggerito il presidente.
"La palla è nel campo degli Stati Uniti. Non abbiamo rovinato i rapporti con loro", ha aggiunto in seguito.
La Russia in sostanza, sostiene che un accordo per la fine delle ostilità è possibile, anche se “sembra improbabile” dal momento che Zelensky continua a contemplare il suo “piano per la vittoria “che vede il ripristino dell’integrità territoriale ai confini del '91, come condizione imprescindibile per una cessazione dei combattimenti.
In precedenza il leader russo si era detto pronto a condurre un dialogo per una risoluzione pacifica del conflitto, ma solo sulla base di un documento siglato ad Istanbul dall'Ucraina.
Nel merito, pochi mesi fa la rivista Foreign Affair aveva rivelato la bozza completa dell'accordo menzionato che già ad aprile 2022 avrebbe reso l'Ucraina “uno stato permanentemente neutrale e non nucleare, con la condizione di rinunciare a qualsiasi intenzione di aderire ad alleanze militari o di consentire basi militari o truppe straniere sul suo territorio”. Il comunicato elencava come possibili garanti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (compresa la Russia) insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia, con la clausola che se fosse stata attaccata e avesse richiesto assistenza: “Tutti gli Stati garanti sarebbero obbligati, previa consultazione con l'Ucraina e tra di loro, a fornire assistenza all'Ucraina per ripristinare la sua sicurezza”.
In sostanza, gli autori si dicevano sorpresi che Vladimir Putin fosse disposto a garantire concessioni tanto favorevoli a Zelensky e che facesse pressioni sulla “sua richiesta di più lunga data: che l’Ucraina rinunciasse alle sue aspirazioni NATO e non ospitasse mai forze NATO sul suo territorio”.
La pubblicazione, pur non ritenendo che l’Occidente abbia costretto l’Ucraina a ritirarsi riportava tuttavia che “le offerte di sostegno” avrebbero rafforzato “la risolutezza di Zelensky, e la mancanza di entusiasmo occidentale sembra aver smorzato il suo interesse per la diplomazia”. Inoltre anche “la ritrovata fiducia degli ucraini nella possibilità di vincere la guerra ha chiaramente giocato un ruolo”.
Foto di copertina: Donald Trump e Vladimir Putin al G20 di Osaka nel 2019 © Imagoeconomica
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