Il tycoon vince le elezioni nonostante due impeachment, processi, condanne e scandali
Nonostante una campagna elettorale martellante, l’appoggio di gran parte dei media e un’agguerrita candidata entrata in corsa come Kamala Harris, i democratici non sono riusciti nell'impresa. Donald Trump dopo una lunga, lunghissima notte (per l'Italia) ha vinto le elezioni diventando il 47° presidente degli Stati Uniti d’America: il primo a ricoprire due mandati presidenziali non consecutivi dopo il dem Stephen Grover Cleveland (a fine '800), il primo con una condanna penale e il presidente più vecchio ad insediarsi, a 78 anni. La sua è una vera e propria impresa senza precedenti perché è riuscito a tornare alla Casa Bianca sfidando ogni regola del politicamente corretto, sopravvivendo a due impeachment, vari processi, due condanne penali e vari scandali. Dopo l'assalto al Capitol Hill - un tentativo di insurrezione attuato a Washington il 6 gennaio 2021 portato avanti dal popolo pro-Trump - sembrava un leader politico finito, abbandonato anche dal suo partito (come testimoniato anche dal documentario "Donald Trump - Il grande inganno", prodotto dalla HBO). E invece è riuscito a riconquistare il voto americano. Molti suoi sostenitori parlano già di “tsunami repubblicano”, dopo che il tycoon ha superato di slancio il numero dei 270 elettori, vincendo il voto popolare e conquistato la maggioranza di Camera e Senato. Alle prime ore dell’alba l’attenzione dei sondaggisti era rivolta su Pennsylvania, Wisconsin, Michigan, Arizona e Nevada. Stati chiave per intascare definitivamente la presidenza alla Casa Bianca. Il leader dei repubblicani alle 10:00 (in Italia) aveva 266 voti elettorali mentre Harris 219. Ora, però, non ci sono più dubbi: il leader dei “MAGA” (“Make America Great Again”) è tornato alla Casa Bianca.
Il dato economico
Esultano anche i mercati finanziari-crypto. Il Bitcoin, infatti, sale a un livello record, grazie all’impulso di Trump, balzando di quasi l'8% fino al record di 75.345 dollari nelle prime contrattazioni di mercoledì, prima di arretrare un po'. Trump ha espresso un parere favorevole sulle criptovalute. Si è impegnato a fare dell'America “la capitale crittografica del pianeta” e a creare una riserva strategica di bitcoin. Prima delle elezioni, ha anche lanciato una nuova impresa per il commercio di criptovalute chiamata World Liberty Financial. Anche Elon Musk brinda alla vittoria del tycoon. Per lui gli affari sono affari e non importano i processi né tanto meno le posizioni negazioniste dell’inquilino della Casa Bianca. L’endorsement fatto dal capo della Tesla ha fruttato. Ora il suo marchio impenna con +13,31% a 285 dollari - in questo caso nell'after hours sul Nyse - per il produttore di auto elettriche più famoso del mondo, che nelle ultime settimane è stato il maggiore sostenitore nel panorama imprenditoriale della candidatura Trump. Anche il portafogli di Trump gode di questa vittoria. La società che controlla i social media di Donald Trump, la Trump Media, infatti, sfiora il più 40% negli scambi dell'after hours sul Nasdaq, a 47,32 dollari. Ieri il titolo aveva chiuso in ripiegamento dell'1,16% a 33,94 dollari. Secondo l'analista Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, la vittoria dei repubblicani in Senato "facilita il percorso verso l'implementazione del programma elettorale di Trump, e spiana la strada verso una maggiore autonomia del tycoon anche nella nomina delle cariche all'interno della Federal Reserve, la cui ratifica passa appunto dal Senato. La promessa di politiche protezionistiche sta facendo apprezzare il dollaro statunitense, che sta guadagnando rispetto a tutte le altre principali valute - questo potrebbe portare a maggiori pressioni inflazionistiche di cui la Federal Reserve dovrà tener conto nel lungo termine, ma non ci aspettiamo che la politica monetaria della banca centrale subirà una variazione da qui a fine anno".
La guerra in Ucraina
Oltre alla politica interna, Trump dovrà fare i conti - per la prima volta come presidente USA - con le guerre scatenate e/o eterodirette dagli Stati Uniti. Una fra tutte quella in Ucraina in cui la super potenza, sotto l’amministrazione Biden, in due anni ha investito oltre 60,4 miliardi di dollari (55 miliardi di euro) nell'assistenza militare a Kiev per contrastare l'invasione della Russia avviata nel febbraio 2022. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è congratulato con il leader repubblicano per la "sua impressionante vittoria elettorale". "Ricordo il nostro bell'incontro con il presidente Trump a settembre, quando abbiamo parlato nei dettagli del partenariato strategico tra Ucraina e Stati Uniti, del piano per la vittoria e dei modi per porre fine all'aggressione russa contro l’Ucraina - scrive Zelensky in un lungo post su X -. Apprezzo l'impegno del presidente Trump per l'approccio 'pace attraverso la forza' negli affari globali. Questo è esattamente il principio che può nei fatti avvicinare la pace giusta in UCRAINA. Spero lo metteremo in pratica insieme". Ma Trump, almeno all’apparenza dalle sue prime dichiarazioni, sembra essere di un’altra linea rispetto a “pace attraverso la forza”. “È ora di metterci alle spalle le divisioni degli ultimi quattro anni, è ora di unire di nuovo l'America - ha detto il tycoon nel discorso ai suoi sostenitori da West Palm Beach, in Florida -. Siamo il partito del buonsenso, non vogliamo guerre, in 4 anni non abbiamo avuto guerre, io metterò fine alle guerre. Questa è un'enorme vittoria per la democrazia".
Parla la Russia, ma Putin tace
Parole che fanno eco a quelle del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, che su Telegram ha scritto: "Trump ha una qualità che ci è utile: essendo un uomo d'affari fino al midollo, è mortalmente avverso a spendere soldi per vari tirapiedi e accoliti, per alleati idioti... La domanda è quanto Trump sarà costretto a dare per la guerra”, Ucraina. Gli Stati Uniti di Donald Trump "potranno contribuire a porre fine al conflitto in Ucraina ma questo non potrà essere fatto dall'oggi al domani", ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, rispondendo alle domande dei giornalisti sull'esito del voto negli Stati Uniti. "Sono gli Stati Uniti a stimolare e gettare benzina senza sosta nel conflitto, che ne sono direttamente coinvolti. Gli Stati Uniti possono cambiare la rotta della loro politica estera", ha aggiunto il portavoce, precisando che sarà possibile giudicare le reali intenzioni della nuova Amministrazione americana solo dopo l'insediamento del Presidente eletto. "Dopo la vittoria, quando ci si prepara ad entrare nello Studio Ovale o dopo essere entrati nello Studio Ovale, i discorsi possono a volte assumere toni diversi", ha precisato, rispondendo alle domande di chi ricordava le parole di Trump in campagna elettorale, per cui se eletto avrebbe posto fine velocemente alla guerra. Il Cremlino si dice aperto al dialogo e aspetta di vedere quello che accadrà al suo insediamento a gennaio. Per il momento, tuttavia, Vladimir Putin non ha in programma di congratularsi con Trump a breve. "Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un Paese non amico che è coinvolto direttamente e indirettamente in una guerra contro il nostro Stato".
Tel Aviv festeggia, ma andava bene anche la Harris
Nonostante più dei due terzi degli ebrei americani si identifichino con il Partito democratico e oltre la metà dell’elettorato israeliano voti a sinistra, nello Stato ebraico, secondo i sondaggi delle tv, il 70% della popolazione ha tifato per Trump. L’eventualità che alla Casa Bianca si insediasse Kamala Harris rappresentava forti timori perché avrebbe potuto mettere in “discussione” - si fa per dire - il sostegno “incrollabile” a Israele, dichiarato da Joe Biden a prescindere dalle frizioni con Benjamin Netanyahu. Ora che è certa la vittoria di Trump, Israele da il benvenuto al nuovo presidente degli Stati Uniti con le onorificenze. "Cari Donald e Melania Trump, congratulazioni per il vostro più grande ritorno della storia! Il suo storico ritorno alla Casa Bianca rappresenta un nuovo inizio per l'America e un forte rinnovato impegno nei confronti della grande alleanza tra Israele e America. Questa è una grande vittoria!”, ha scritto su X il premier israeliano Benjamin Netanyahu insieme alla moglie. Anche il presidente israeliano Isaac Herzog si è congratulato con Trump, che ha rivendicato la vittoria alle elezioni presidenziali americane, desiderando "rafforzare il legame ferreo" tra Israele e Stati Uniti. "Non vedo l'ora di lavorare con voi per rafforzare il legame incrollabile tra i nostri popoli, per costruire un futuro di pace e sicurezza nella regione e per difendere i nostri valori condivisi", ha scritto anche lui su X in un messaggio rivolto al 47° presidente USA. Donald Trump è l’uomo degli accordi di Abramo, dell’ambasciata Usa a Gerusalemme e della legittimità degli insediamenti illegali in Cisgiorndania, in spregio del diritto internazionale. Politiche che hanno portato Netanyahu a definirlo “il miglior amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca”. Al di là della propaganda, però, Trump o Harris per i palestinesi, per gli abitanti di Gaza, per i prigionieri politici, gli sfollati a causa della guerra, i profughi; per i libanesi, i siriani e gli yemeniti bombardati da settimane da Israele, un nome vale l’altro. Lo sanno bene i manifestanti pro-palestina che questa notte hanno manifestato nella piazza di Washington D.C., antistante la Casa Bianca, esponendo vari striscioni dove chiedono libertà per la Palestina. "No giustizia, no pace", si leggeva in mezzo ad altri cartelloni dove troneggia la scritta: "No Trump, No Kamala". "Non c'è un partito politico in questo sistema che rappresenti i nostri interessi", ha detto un oratore, aggiungendo che "i democratici sono schierati contro i nostri interessi tanto quanto i repubblicani. Questa elezione è un referendum sul genocidio".
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