La presidente dell’Antimafia prende le distanze e si difende: “E’ una non notizia e non lo vedo dal 2010”. Ma per i 5S è comunque incompatibile con il ruolo che ricopre
Nuova grana politica per Chiara Colosimo. Dopo la contestatissima foto che immortala la presidente della Commissione Antimafia mentre stringe, sorridendo, il braccio omicida del terrorista stragista Luigi Ciavardini - vecchio scatto per il quale i familiari delle vittime di mafia e terrorismo hanno chiesto a gran forza le sue dimissioni per conflitto d’interessi - per la Colosimo arriva una nuova gatta da pelare. E riguarda un membro stretto della sua famiglia. Si tratta dello zio pregiudicato Paolo Colosimo, e in particolare dei suoi legami con i boss della ‘Ndrangheta. La notizia, riportata stamani da un articolo del Fatto Quotidiano a firma di Alberto Nerazzini, per dover di cronaca, non è nuova. Ma è comunque ingombrante per chi è incaricata a guidare i lavori di indagine, a livello parlamentare, sul fenomeno della mafia. Paolo Colosimo è un noto avvocato del foro romano, radiato dall’albo nel 2022, con un passato in politica (tempo fa si sarebbe definito uno dei fondatori del Fuan, il movimento universitario di estrema destra, oltre che simpatizzante del MSI). Prima di lasciare la toga ha difeso l'ex terrorista nero Luigi Aronica, detto “er Pantera”, coinvolto nell’assalto alla Cgil, il fascista Maurizio Boccacci, l’immobiliarista condannato per bancarotta Danilo Coppola, alcuni vip e soprattutto alcuni ‘ndranghetisti della cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto. I guai, per lo zio della presidente dell’Antimafia, risalgono al 2010 quando incappò nella famosa inchiesta dei pm di Roma, la “Fastweb-Telecom Sparkle”, sul maxi riciclaggio da due miliardi di euro dell’Iva telefonica, una delle più grandi inchieste sul riciclaggio transnazionale degli ultimi 20 anni, con al centro l’uomo d’affari Gennaro Mokbel (nel 2018, dopo otto anni di processo, la vicenda si è conclusa con l’assoluzione dei manager imputati). Colosimo, invece, viene condannato dalla Cassazione nel giugno 2018 a 4 anni e 6 mesi. L’inchiesta, ricorda Il Fatto Quotidiano, aveva anche un filone “elettorale”, dove il protagonista era proprio l’avvocato. Secondo i magistrati lo zio della parlamentare di Fratelli d’Italia per far eleggere nel 2008 il senatore berlusconiano del Pdl Nicola Di Girolamo nella circoscrizione estero avrebbe messo a disposizione del sodalizio la sua rete di amici e assistiti ‘ndranghetisti. Di Girolamo è personaggio noto alle cronache e alle procure, in passato patteggiò una condanna a 5 anni per evasione fiscale, riciclaggio transazionale e scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso e il suo nome appare nella lista dei 100 italiani dello scandalo Panama Papers. Ad ogni modo, l’aiuto di Colosimo ebbe il suo successo: Di Girolamo sbarcò il lunario delle preferenze ed entrò a Palazzo Madama con una barca di voti, come “leader di un gruppo di potere che si è incuneato nelle istituzioni” (diceva Mokbel, come riporta ancora Il Fatto). Colosimo era a disposizione dell’imprenditore di destra Mokbel. Stessa disponibilità l’aveva manifestata anche a Fabrizio Arena, figlio del boss Carmine Arena ucciso nel 2004. “Per qualsiasi cosa io ti possa essere utile, ma veramente, tu devi pensa’ prima a me… ma veramente tu qualsiasi cosa, tu mi chiami e io sono a disposizione”. La conversazione risale al 2007.
Fabrizio Arena, scrive sempre Il Fatto, è anche il genero di Franco Pugliese, l’“oscuro imprenditore e albergatore”, vicinissimo alla ‘Ndrangheta e padre di Michele, uomo del clan calabrese dei Nicoscia, con cui Colosimo avrebbe stretto amicizia. Degli Arena, Colosimo parlò anche con il fratello Cesare, padre dell’attuale presidente dell’Antimafia. I due commentavano la scarcerazione di un membro della cosca di Isola Capo Rizzuto, Pino Arena: “È quello che stava dentro la macchina che è saltata in aria, ha perso l’udito - spiegava Cesare al fratello, riferendosi all’attentato mortale a Carmine Arena - questo è il capo attualmente, localmente questo è il capo”. Nella conversazione telefonica Paolo raccontava a Cesare di aver incontrato Pino Arena proprio al funerale del boss assassinato. Questa mattina Chiara Colosimo si è difesa ammettendo di avere “un parente che ha avuto un problema giudiziario” ma che si tratta di “una non notizia” e di “fatti che risalgono a 15 anni fa”. La presidente dell’Antimafia si dissocia dallo zio e dichiara di non aver rapporti con lui dal 2010. “Fermo restando che anche i mafiosi hanno bisogno di avvocati - sottolinea in una nota di risposta all’articolo de Il Fatto Quotidiano - per me la connivenza non era accettabile”. Per il Movimento 5 Stelle non basta la presa di distanze. "Con una simile presidenza, la credibilità della commissione Antimafia, una istituzione che deve essere al di sopra di ogni sospetto, è irrimediabilmente compromessa e la stessa reputazione internazionale del Paese nel contrasto alla mafia rischia di essere appannata”, si legge in una nota firmata dai rappresentanti M5s in commissione Stefania Ascari, Federico Cafiero de Raho, Francesco Castiello, Michele Gubitosa, Luigi Nave e Roberto Scarpinato. “Per senso di responsabilità nei confronti del Paese, Chiara Colosimo deve rassegnare le dimissioni da presidente della commissione Antimafia”, aggiungono. Una richiesta - l’ennesima avanzata dai 5Stelle e dai familiari di vittime di mafia per incompatibilità con il ruolo ricoperto dalla deputata - che difficilmente vedrà concretizzarsi. Di certo però, come scrive il giornalista e scrittore Saverio Lodato, “la posizione di Chiara Colosimo si fa sempre più indifendibile”.
Foto © Imagoeconomica
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