Le sirene hanno suonato in tutto il Paese, panico generale. Ieri l’inizio dell’invasione israeliana in Libano ma Hezbollah smentisce: “Solo mordi e fuggi”
Una pioggia di duecento missili iraniani ha investito Tel Aviv e tutta Israele. Si tratta dell’attacco più massiccio mai lanciato dai Pasdaran su Israele da mesi. Molti missili hanno bucato il sistema di protezione israeliano Iron Dome, colpendo obiettivi militari e stazioni petrolifere. Secondo fonti israeliane l’attacco non ha causato vittime.
"Abbiamo preso di mira il cuore dei territori occupati oggi in risposta all'assassinio del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah e di un comandante di alto rango della forza Quds, Abbas Nilforoushan, da parte di Israele”, hanno reso noto le Guardie della Rivoluzione iraniane in una nota. I Pasdaran hanno messo in guardia da "attacchi devastanti" se Israele dovesse rispondere.
"In risposta al martirio del martire Ismail Haniyeh, di Sayyed Hassan Nasrallah e del martire Nilforooshan abbiamo colpito il cuore delle terre occupate”, aggiungono i Guardiani della Rivoluzione, secondo quanto riporta l'agenzia iraniana Mehr. Il riferimento è al leader di Hamas, assassinato a Teheran a luglio, e di Hezbollah e al generale iraniano Abbas Nilforooshan, comandante in Libano della Forza Quds, unità d'élite dei Pasdaran, ucciso a Beirut venerdì scorso come Nasrallah.
Gli ufficiali Usa avevano avvertito che l’Iran avrebbe potuto lanciare un attacco missilistico nelle prossime 12 ore, probabilmente dopo il tramonto in Medio Oriente. L’attacco arriva a 24 ore di distanza dall’inizio dell’invasione del Sud del Libano da parte delle truppe israeliane, in particolare dalla 98a Divisione dell’esercito israeliano, che ha già “operato per molti mesi nella Striscia di Gaza”, ha fatto sapere l’esercito israeliano su Telegram.
“Non ci sarà alcuna occupazione di lungo termine” del sud del Libano, hanno però chiarito funzionari israeliani alla tv Usa Cnn, senza comunque specificare la durata dell’operazione di terra. Le truppe israeliane, viene riferito, sono concentrate a rimuovere le “minacce immediate” lungo il confine.
Il portavoce dell’Idf Daniel Hagari, ha dichiarato che le forze israeliane “si sono addestrate e preparate negli ultimi mesi” per l’operazione di terra iniziata nel sud del Libano nelle ultime ore.
Le operazioni “limitate” avviate lunedì notte dall’Idf nel sud del Libano sono condotte dalla 98a Divisione dell’esercito israeliano, che ha già “operato per molti mesi nella Striscia di Gaza”, ha fatto sapere l’esercito israeliano su Telegram.
“Nelle ultime settimane, i soldati della 98ma Divisione, inclusi i soldati dei Paracadutisti, del Commando e della 7a Brigata, si sono preparati per operazioni mirate, limitate e localizzate nel Libano meridionale, che sono iniziate ieri sera (lunedì) - si legge in un comunicato -. In queste settimane sono stati approvati i piani e i soldati si sono addestrati nell’arena settentrionale”.
“Dopo aver operato per molti mesi nella Striscia di Gaza, dove i soldati della divisione hanno acquisito competenze ed esperienza operativa, si sono spostati a nord e stanno ora operando nell’area settentrionale dopo aver apportato le modifiche necessarie per combattere in Libano”, conclude la nota dell’Idf.
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Hezbollah: “Falso l’ingresso via terra dell’Idf, nessuno scontro finora”
Da parte loro, però, Hezbollah ha affermato che “tutte le affermazioni sioniste secondo cui le forze di occupazione (israeliane) sarebbero entrate in Libano sono false”: lo ha detto ad Al Jazeera il portavoce di Hezbollah Muhammad Nabulsi, secondo cui “non c’è ancora stato uno scontro diretto sul terreno” tra Hezbollah e Israele. “I combattenti della resistenza sono pronti allo scontro diretto con le forze nemiche che osano o tentano di entrare nel territorio libanese”, ha detto il portavoce, aggiungendo che la milizia sciita è “pronta a infliggere gravi perdite” a coloro che tentano di entrare in Libano.
I primi report militari hanno segnalato che i miliziani di Hezbollah hanno arretrato le posizioni lunedì notte per evitare di ingaggiare scontri diretti con le truppe israeliane, che contemporaneamente, secondo quanto dichiarato dall’Unifil e dall’esercito libanese, non stanno occupando stabilmente territorio oltre il confine libanese, ma si limitano a incursioni “mordi e fuggi”.
“Uccisi oltre mille libanesi dall’inizio delle operazioni israeliane”
Oltre mille persone sono state uccise in Libano da quando Israele ha deciso di lanciare attacchi contro obiettivi di Hezbollah. Lo riferisce il ministero della Sanità di Beirut che, nel suo ultimo bilancio, parla di circa 95 persone che sono state uccise e 172 ferite negli attacchi aerei israeliani in Libano di lunedì notte.
Potrebbero essere fino a un milione le persone sfollate, scrive la Bbc.
Nei bombardamenti di lunedì notte l’esercito israeliano (Idf) avrebbe colpito “siti di produzione di armi e infrastrutture appartenenti a Hezbollah” nel quartiere di Dahieh a Beirut, roccaforte di Hezbollah nella capitale libanese. “Prima dell’attacco, sono state adottate numerose misure per mitigare il rischio di danneggiare i civili, tra cui l’emissione di avvisi ai civili nell’area, l’uso di munizioni precise e la sorveglianza aerea”, ha specificato la nota del comando israeliano. In totale nella giornata di lunedì sono morte 95 persone causa delle bombe israeliane lanciate su diverse zone del Paese.
Droni contro un leader di Fatah in esilio a Sidone: 6 morti tra cui 3 bambini
Droni israeliani hanno ucciso Mounir Maqdah, leader delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, braccio armato di Fatah. Il raid lanciato dall’aviazione di Tel Aviv ha distrutto la casa del leader, nel più grande campo profughi palestinese in Libano: Ain el Hilweh a Sidone. Oltre al comandante palestinese sono morte diverse persone della sua famiglia, tra cui tre bambini. Accertata la morte di suo figlio Hassan Maqdah e della moglie, mentre altri due figli del comandante palestinese sono stati ritrovati vivi sotto le macerie. Tra le vittime anche il palestinese Israa Abbas e suo figlio Abderrahim Sayah. Morte altre due bambine, Abir e Fatima Chehadé. La morte di Mounir Maqdah è stata confermata dai media libanesi.
Washington: “Operazione in linea con il diritto di Israele all’autodifesa”
Un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha detto al Times of Israel che i raid limitati condotti dall’esercito israeliano contro le postazioni di Hezbollah in territorio libanese sono “in linea con il diritto di Israele di difendere i propri cittadini e di riportare i civili alle loro case in sicurezza”. “Certo, sappiamo che l’espansione della missione può essere un rischio e continueremo a discuterne con gli israeliani - ha aggiunto il portavoce - in definitiva, una risoluzione diplomatica è l’unico modo per raggiungere una stabilità e una sicurezza durature lungo il confine tra Israele e Libano”.
Unifil: “Non lasciamo le nostre posizioni”. Appelli internazionali alla de-escalation
La missione Onu nel sud del Libano, Unifil, non intende abbandonare le proprie posizioni. Lo ha detto all’Ansa Andrea Tenenti, portavoce della stessa missione militare di cui fanno parte un migliaio di soldati italiani. Intanto, a livello internazionale, giungono appelli alla de-escalation. La Turchia ha dichiarato che l’offensiva di terra israeliana in Libano è un “tentativo illegale di occupazione” che viola l’integrità territoriale libanese e che l’operazione deve terminare immediatamente con il ritiro di Israele dal Libano. Il presidente Recep Tayyp Erdogan ha detto che Ankara “aiuterà i fratelli libanesi in ogni modo”.
La Russia ha chiesto a Israele di “ritirare immediatamente le truppe dal Libano”, di “mettere fine alle ostilità” e lavorare alla soluzione del conflitto in Medio Oriente, ha fatto sapere il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che manifesta preoccupazione anche per l’attacco dell’Idf in Siria.
Sergej Lavrov © Imagoeconomica
La Francia ha chiesto lunedì sera a Israele di astenersi dall’operazione di terra in Libano, e martedì ha disposto l’invio di una portaelicotteri per evacuare i civili.
Il Regno Unito ha chiesto “un cessate il fuoco immediato e una soluzione diplomatica dei problemi” e ha avviato i preparativi per l’evacuazione dei connazionali. Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha dichiarato che il prezzo di una guerra regionale in Medio Oriente sarebbe “enorme”. “Nessuno di noi vuole tornare agli anni in cui Israele si è trovato impantanato nel sud del Libano”, ha detto Lammy alle emittenti. “Nessuno di noi vuole vedere una guerra regionale”.
Il ministro degli Esteri della Spagna Jose Manuel Albares ha dichiarato ai giornalisti che Israele dovrebbe cessare i raid di terra nel sud del Libano per evitare un’escalation del conflitto in tutta la regione. “Insistiamo sul fatto che l’incursione di terra debba essere fermata, poiché stiamo ricevendo informazioni molto preoccupanti”, ha detto Albares, aggiungendo che è “necessario raggiungere una tregua in Libano e un cessate il fuoco a Gaza”. Di soluzione diplomatica parlano anche gli Stati Uniti.
L’Italia, in qualità di presidente di turno del G7, ha fatto sapere attraverso una dichiarazione della premier Giorgia Meloni che continuerà a lavorare per la de-escalation in Medio Oriente.
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