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I caccia si sono spinti a 1800km dal territorio nazionale. Così, in poche settimane, Israele ha attaccato quattro paesi del Medio Oriente

Dopo i raid aerei quotidiani in Libano, l’operazione militare a Gaza, e i cercapersone esplosi in Siria, come nel Paese dei cedi, Israele ieri ha aperto un altro fronte contro “l’asse della Resistenza” iraniano, bombardando lo Yemen. In poche settimane lo Stato ebraico ha attaccato ben quattro paesi del Medio Oriente. Ieri l’aviazione israeliana ha preso di mira alcune infrastrutture energetiche controllate dagli Houthi, che da mesi mettono a rischio la navigazione nel Mar Rosso a sostegno ad Hamas. Una dozzina di caccia israeliani si sono spinti a 1800 km dal suolo nazionale e hanno bombardato impianti di stoccaggio di petrolio e due centrali elettriche nelle città portuali di Hodeidah e Ras Issa. Quattro le vittime e 33 i feriti. “Il messaggio è chiaro: per noi nessun posto è lontano”, ha dichiarato il ministro della Difesa di Tel Aviv Yoav Gallant. Israele ha avvisato il comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) prima dell’attacco, per alcuni addirittura coordinato. A differenza di quanto accaduto a Beirut con l’attacco al Quartier generale di Hezbollah che è costata la vita al leader Hassan Nasrallah, ad Ali Karak (uno dei suoi comandanti di grado più alto, e a nove civili. Un bombardamento massiccio che ha devastato un intero quartiere e scatenato, si apprende dal Jerusalem Post, la furia del Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin che avrebbe dato in escandescenza contro il Ministro della Difesa Yoav Galant per averlo avvisato solo all’ultimo.
Ieri i caccia israeliani hanno colpito 120 obiettivi tra il sud del Libano, la valle della Bekaa e Sidone, uccidendo 51 persone secondo il ministero della Sanità libanese, che non distingue tra civili e combattenti. Bombe israeliane sono cadute ancora sul quartiere roccaforte di Hezbollah a Beirut, Dahieh, dove è stato eliminato Nabil Qaouk, capo della sicurezza del “Partito di Dio” e considerato anche un concorrente per la successione di Hassan Nasrallah. Un altro duro colpo per il gruppo sciita, dopo il raid di venerdì che ha devastato un complesso residenziale di sei edifici uccidendo, ha comunicato ieri Israele, una ventina di leader della formazione sciita oltre a Nasrallah e Ali Karaki. Secondo le ultime ricostruzioni, sarebbero morti tutti asfissiati dai gas provocati dal crollo dei palazzi che sovrastavano il loro bunker. Il Washington Post ha confermato che gli F-15 erano armati con le bombe da 900 kg ad alto potenziale fornite dagli Usa. Quelle di cui la Casa Bianca ha interrotto la fornitura per evitare venissero usate a Gaza. Nella voragine lasciata venerdì è stato recuperato ieri il corpo di Nasrallah, “intatto” secondo il Partito di Dio. Oggi si terranno i funerali.
Il governo di Beirut ha assicurato che sono ancora in corso sforzi diplomatici per una de-escalation. Ieri sera è arrivato nella capitale il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot, mentre Joe Biden e la sua amministrazione hanno ricordato che non vogliono un conflitto regionale. L’Iran medita una risposta, ufficialmente, ma sui media e nelle analisi degli esperti si rafforza la tesi che almeno una parte della leadership abbia scelto di abbandonare i suoi proxy in cambio di un allentamento delle sanzioni con cui l’occidente ha isolato Teheran. Gli israeliani, invece, valutano l’invasione del Libano. Alcuni funzionari statunitensi hanno rivelato a Abc News che i “movimenti di confine” delle truppe israeliane sarebbero cominciati. Il gabinetto di Benjamin Netanyahu ha smentito, usando la formula classica della “fonte di alto livello” citata dal Jerusalem Post. Il giornale ha scritto che, in ogni caso, l’operazione sarebbe “limitata”. Si ipotizza che gli israeliani preferiscono attendere le posture del prossimo leader di Hezbollah, Hashem Safieddine (cugino di Nasrallah) “adotterà un approccio più pragmatico per porre fine al conflitto”.

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