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Era il 15 gennaio del 2020 quando la Repubblica Federale della Nigeria avrebbe rilasciato un passaporto all'ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, morto da latitante nel settembre 2022 a Dubai, dove si era trasferito da 10 anni per sfuggire alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Il passaporto - ammesso che sia autentico - era valido fino al 14 gennaio 2025 e ad oggi è in possesso di Maria Pia Tropepi, l'ultima moglie dell'ex deputato sul cui decesso improvviso, a causa di presunte patologie cardiache, è stata avviata un'inchiesta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Il procuratore facente funzioni Giuseppe Lombardo, l'aggiunto Stefano Musolino ed il sostituto procuratore Sara Parezzan sospettano un avvelenamento e vogliono vederci chiaro, dunque, sulla morte di Matacena, così come su quella della madre dell'ex parlamentare, Raffaella De Carolis, avvenuta tre mesi prima sempre negli Emirati Arabi. Per entrambi i decessi, e per altri reati, è indagata Maria Pia Tropepi, con la quale Matacena si sarebbe sposato con il rito islamico pochi mesi prima della morte. La donna, che è difesa dall'avvocato Attilio Parrelli, si è detta in più occasioni estranea alle accuse che le vengono contestate, compresa quella che riguarda la gestione del patrimonio di Matacena.
Vi è un particolare legato a questo fatto che ha provocato alcune polemiche legate a questioni di eredità: il certificato di matrimonio, infatti, porta nell’intestazione “Repubblic of Kenya”. Secondo il legale della Tropepi, “il rito religioso con il quale la mia assistita si è legata al compianto Amedeo Matacena si è svolto regolarmente ed è stato officiato da un Ministero di culto Keniota”. “Il certificato - continua il difensore - reca nell’intestazione Republic of Kenya in ragione della nazionalità dell’officiatore (l’imam, ndr) che ha provveduto a svolgere il rito islamico e successivamente registrare l’atto nel proprio Paese”.
C'è da accertare, in particolare, secondo gli inquirenti, se nei suoi ultimi due anni di vita Matacena si sia allontanato dal suo "rifugio dorato" di Dubai e se sia stato aiutato nella sua latitanza anche dopo l’inchiesta che, nel 2014, che aveva coinvolto addirittura l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, condannato in primo grado e poi prescritto in Appello nell’ambito del processo “Breakfast” dove era imputato per procurata inosservanza della pena a favore dell’ex parlamentare di Forza Italia.

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