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Un monitoraggio di Repubblica Palermo svela gli irriducibili usciti dal carcere e i loro interessi

Sono almeno una ventina i mafiosi irriducibili tornati in libertà a Palermo. Il dato emerge da un monitoraggio a cura di Salvo Palazzolo pubblicato sulle pagine di “Repubblica”. Il loro debito con la giustizia è stato pagato e i loro segreti, ad esempio quelli sui rapporti con la borghesia mafiosa della città, sono rimasti intatti. L’antimafia è in allerta e non è difficile intuirne il motivo. Si tratta di padrini di primo piano del gotha di Cosa nostra, pronti a prendere in mano i nuovi affari della droga con la ‘Ndrangheta e riorganizzare la commissione provinciale.

A Porta Nuova c’è Tommaso Lo Presti, ma anche Francolino Spadaro, il fratello di Nino, quest’ultimo di recente perquisito dal Gico del nucleo di polizia economico finanziaria perché coinvolto in un maxi-investimento in Sud America. Poi ci sono i fratelli Nunzio e Salvatore Milano. All’Uditore, invece, il costruttore Franco Bonura.

A Villagrazia, Sandro Capizzi e Salvatore Adelfio. Alla Noce, Pierino Di Napoli. A Pagliarelli, Giuseppe e Antonio La Innusa.

Nella periferia orientale di Palermo, infine, c’è il più alto numero di scarcerati: Giuseppe Folonari, Giovanni Asciutto, Nino Sacco, Gaetano Savoca, Cosimo Fabio Lo Nigro e Paolo Alfano. Nomi attigui all’ala corleonese di Cosa nostra, da sempre fedelissimi di Riina e di Giuseppe Graviano, boss stragista di Brancaccio attualmente detenuto in regime di 41bis.

Con la morte di Riina, alcuni mafiosi che erano stati emarginati durante le guerre di mafia sono rientrati nell'organizzazione. Personaggi come Sal Catalano, membro della famiglia Bonanno di New York, sono tornati in città dopo anni di esilio. E anche se Cosa nostra sembra aver abbandonato la violenza eclatante degli anni passati, resta un periodo delicato, poiché i nuovi e vecchi boss convivono in un contesto di incertezza e potenziale conflitto interno.

Il procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia, di recente ha lanciato un appello per mantenere alta l’attenzione nella lotta alla mafia. Scarseggiano le risorse investigative e giudiziarie per contrastare Cosa nostra. E la possibilità di una riorganizzazione della Cupola è più concreta che mai.

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