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Il docente: “L’invasione di Kursk ha spianato la strada dei comandanti russi in Donbass e ha esasperato il loro nazionalismo”

Un disastro strategico e militare. Si può riassumere così l’analisi di Alessandro Orsini sull’incursione a sorpresa delle truppe ucraine a Kursk iniziata un mese fa. Il docente di sociologia del terrorismo, in un editoriale pubblicato sul suo spazio su Il Fatto Quotidiano, ha illustrato le ragioni di questo fallimento degli uomini di Vlodymyr Zelensky, iniziando dalle motivazioni che corrispondono a due speranze.
“In primo luogo, Zelensky sperava di bloccare l’offensiva russa in Donbass costringendo Putin a spostare truppe a Kursk. È accaduto il contrario”, osserva Orsini. “Zelensky ha spostato i suoi soldati migliori dal Donbass a Kursk, mentre Putin ha mobilitato nuovi soldati. Il risultato è che Putin è avanzato in Donbass con una velocità mai vista prima. Pokrovsk sarà presto sotto il tiro dell’artiglieria dei russi, che la raderanno al suolo. Di contro, la spinta ucraina a Kursk si sta esaurendo. Kursk - spiega il docente della LUISS - ha causato un danno d’immagine a Putin, ma il punto di vista dei suoi generali è diverso. I comandanti russi pensano di avere ricevuto un favore da Zelensky per due motivi. Il primo è che l’invasione di Kursk ha spianato loro la strada in Donbass. Il secondo è che ha esasperato ulteriormente il nazionalismo e la voglia di combattere dei russi. In Ucraina l’arruolamento va malissimo e in Russia va benissimo. È pertanto logico che i generali russi non abbiano fretta di espellere gli ucraini da Kursk. Anzi, in questa fase, preferiscono che i migliori soldati ucraini restino a svernare in territorio russo. I generali russi preferiscono che gli ucraini siano all’attacco a Kursk piuttosto che in difesa in Donbass”.


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Alessandro Orsini


La seconda speranza che ha indotto Zelensky a invadere la Russia, secondo Alessandro Orsini, è “di poter scambiare Kursk con il Donbass al tavolo delle trattative. Si tratta di un’idea talmente assurda da imbarazzare chiunque sia chiamato a commentarla. Con il passare del tempo, l’esercito ucraino diventerà sempre più debole mentre quello russo sempre più forte. Quando si arriverà alla trattativa, l’esercito ucraino respirerà con un polmone artificiale. Siccome i dati dicono che questa è la dinamica del conflitto, non si capisce come Zelensky possa pensare di trattare da una posizione di forza tra un anno mentre il suo esercito si indebolisce tutti i giorni. Per spiegare l’assurdità dell’idea di Zelensky, ricorrerò a un esempio assumendo la prospettiva cognitiva dei russi. Dal loro punto di vista, Zelensky che chiede il Donbass in cambio di Kursk è come Bin Laden che chiede lo stato di New York in cambio della fine degli attentati contro il territorio americano”. “Per i media occidentali, Zelensky è un eroe; per i russi, è un terrorista. Se l’Occidente avesse la capacità di assumere il punto di vista degli altri, l’Ucraina non si troverebbe in questa morsa”. Infine, Orsini richiama l’attenzione su un’altra speranza che descrive “delirante” e incarnata da Josep Borrell. “Ogni volta che Zelensky ha ricevuto una nuova arma della Nato, media e politici italiani hanno annunciato l’avvento dell’Apocalisse ovvero la sconfitta di una grande potenza, la Russia, per mano di una grande impotenza, l’Ucraina. Questo delirio si è diffuso quando la Nato ha dato a Zelensky: Patriot, Samp-T, Himars, Atacms, Abrams, Leopard, Challenger, Scalp, Storm Shadow, bombe a grappolo e F-16. Se calcolo bene, è accaduto almeno undici volte”. Ebbene - commenta Orsini - se Zelensky colpisse la Russia con i pochissimi Storm Shadow di cui dispone, Putin distruggerebbe l’Ucraina in maniera ancora più capillare e certosina. Altro che fermarsi. Borrell esorta la Nato a superare le linee rosse della Russia senza capire che la Russia non ha mai superato le linee rosse della Nato. Quando inizierà a superarle, speriamo mai, l’Unione europea sarà la prima ad accorgersene”.

Foto © Imagoeconomica

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