L’ex deputata: molti rischiano la vita perché attendono a lungo il cambio di generalità e i progetti di vita sono fatiscenti
Le confessioni dei collaboratori di giustizia sono state e sono tuttora vitali nella lotta alla mafia. Senza il loro contributo probabilmente l’Italia sarebbe ancora stretta nella morsa soffocante della mafia, molto più di quanto non sia oggi giorno. Numerose verità sarebbero rimaste ignote ai più se non fossero emerse grazie ai racconti dei mafiosi che hanno deciso di pentirsi e affidare la loro vita allo Stato collaborando con la giustizia. Da qualche anno, però, questa fiducia sta venendo meno. E non si può biasimare questa diffidenza. Il motivo risiede in provvedimenti legislativi e normativi della politica e degli organi competenti puramente demolitori, che con il tempo hanno reso oggettivamente sconveniente e a dir poco rischioso per i boss mafiosi decidere di saltare il fosso. Le modifiche al sistema di gestione dei pentiti, coordinato dalla Commissione Centrale e dal programma di protezione, stanno esponendo tanti collaboratori di giustizia al pericolo di essere individuati e eliminati. E così le loro famiglie. Altri, invece, si ritrovano abbandonati a loro stessi senza la possibilità di potersi rifare una vita al sicuro, con una casa, un lavoro con una nuova identità. La situazione è emergenziale, come ci ha spiegato l’avvocato Luigi Li Gotti. Della stessa idea è anche Piera Aiello, cognata di Rita Atria, testimone di giustizia e già componente della Commissione Giustizia e della Commissione antimafia.
L’istituto di tutela dei collaboratori di giustizia viene continuamente svilito. L’ultima novità è l'operazione dell'Agenzia delle Entrate che confisca i beni che spettano ai pentiti nell'ambito di una capitalizzazione prevista per finanziare il proprio "progetto di vita", come una casa o un progetto di lavoro. In questo modo, la collaborazione perde qualsiasi appeal “economico” perché nessun mafioso deciderebbe di collaborare sapendo che, alla fine, si ritroverà senza un tetto sulla testa.
Io di questa cosa ne parlo dal 2018, quando ero deputato e avevo il comitato collaboratori in commissione parlamentare antimafia. Adesso le cose sono proprio peggiorate. Vengo contattata da tantissimi collaboratori di giustizia che mi aggiornano di quello che sta succedendo. I progetti di vita che gli fanno fare non quagliano perché tutti i pentiti hanno debiti per questioni giudiziarie. Prima dicono alle compagne e alle mogli dei pentiti che magari possono intestarsi loro la casa e poi quando le cose sono già avviate e addirittura quando già danno acconti ai pentiti per andare a fare l’atto dal notaio, si tirano indietro dicendo che hanno debiti, che non possono nemmeno intestarle alle consorti (che non hanno debiti) ma devono per forza intestare ai loro compagni perché sono i detentori del programma. Ma perché non lo fanno prima di avviare le pratiche? Se i debiti ci sono, lo sanno anche prima, si possono informare. Non a cose fatte. Quando lo Stato dà l’acconto per bloccare la casa o l’attività che vogliono farsi i collaboratori di giustizia se non si conclude l’atto, i soldi si perdono. Così si crea un danno all’erario in primis. Ma a prescindere dai soldi della capitalizzazione, le sembra normale che a queste persone non viene dato il cambio di generalità appena escono fuori dal programma?
Cioè?
Vengono rintracciati. Alcuni l’hanno detto anche sui social che sono stati riconosciuti dopo qualche anno e che rischiano la vita.
Parliamo anche di collaboratori di spessore?
Stiamo parlando di qualsiasi collaboratore. Ognuno di loro prima di tutto dovrebbe ricevere il cambio di generalità, mettere al sicuro sé stessi e le famiglie. La prima cosa che dovrebbe essere fatta e io lo dico da anni è dare il cambio di generalità e dare modo loro di mimetizzarsi e mandarli anche all’estero. Conosce il caso del pentito Bruzzese?
Sì, conosco
Marcello Bruzzese che aveva il nome nel campanello di casa. E’ stata fatta un’indagine dove si dice che i familiari erano seguiti da due anni. E chi doveva sorvegliarli non se n’è accorto, perché quando un collaboratore di giustizia o un familiare di collaboratore di giustizia viene portato in una località protetta poi viene abbandonato, non viene controllato. Se non controlli il territorio come fai a sapere se c’è qualcuno che gira e che vede. E’ facile trovarli perché se non oscurano i dati basta andare all’Agenzia delle Entrate e si trovano subito.
Mediamente quanto aspettano per questo cambio di generalità?
Normalmente ci vogliono un paio di anni, ma se un collaboratore sta finendo la pena, la pratica si può avviare prima ancora che esca dal carcere. Anche nel caso dei testimoni avviene lo stesso, anche loro hanno una famiglia da proteggere da portare avanti ma non ci sono i presupposti. Qui stiamo parlando di cose delicate, stiamo parlando della vita delle persone. Non è solo una questione economica. Stiamo parlando di un sistema di protezione dove ci sono minori che non possono andare in palestra, non possono curarsi, non possono frequentare le scuole che vogliono. Ma che senso ha tutto questo? C’è da fare un lavoro certosino su quello che sta succedendo. Se andate a vedere l’ultimo decreto giustizia, c’è una cosa terribile. Si dice che si deve dare modo al servizio centrale di protezione di poter costituire società fittizie per il discorso di affittare le case. Ma che senso ha fare delle società false e dare modo a queste persone di creare qualcosa che non esiste quando facendo il cambio di generalità possono affittare direttamente la casa a nome del collaboratore?
Luogo dell'omicidio di Marcello Bruzzese
A cosa si va incontro se si continua su questa strada?
A persone che non denunceranno più. Quelle che stanno denunciando se ne andranno e lasceranno il programma. Quello che sta succedendo all’interno del servizio centrale di protezione e della commissione ex art. 10 è grave. Ma la commissione è ancora giù colpevole perché senza il loro via libera non si fa nulla.
L’avvocato Li Gotti, legale di importantissimi collaboratori di giustizia, sollecita il governo a realizzare un decreto legge per risolvere questa urgenza.
Ascolti, queste modifiche alle leggi le fanno persone che non sanno cos’è realmente un programma di protezione. Le fanno persone che vengono raggirate da altre persone di un sistema che ahimè non stanno facendo bene allo Stato. Noi avevamo un programma di protezione che era il migliore al mondo ma in questo momento è allo sbando. Basterebbe adottare quello che fanno in America con i Marshall. Le loro priorità del programma di protezione in America sono tre: cambio di generalità, casa e lavoro. E’ questo che lo Stato dovrebbe fare per i collaboratori. Io non dimentico neanche per un momento che sono stati dei criminali, ma se Falcone e Borsellino, che considero come padri, ritenevano importanti i collaboratori di giustizia nella lotta alla mafia io ancora oggi ci credo. Noi non avremmo saputo nulla senza i collaboratori.
Secondo lei il fatto che da anni non ci siano grandi pentiti di mafia o che chi si pente ritratta subito, è sintomo di una sfiducia generale nel sistema di protezione? E’ plausibile ritenere che il governo stia dando il colpo di grazia alla lotta alla mafia affossando lo strumento dei pentiti?
Sì, se lei osserva quello che sta succedendo e legge cosa c’è scritto su quel decreto legge.
Secondo me hanno deciso che non vogliono più collaboratori di giustizia e quei quattro che ci sono vogliono farli togliere dalla circolazione. Perché quando a un pentito non dai il cambio di generalità e lo metti allo sbando vuol dire che lo fai ammazzare. Non lo devo dire io, ci sono le carte. Quale mafioso di rango può decidere di collaborare con questi chiari di luna? Nessuno. E ho notato che questo sta succedendo da quando collaboratori di peso hanno iniziato a parlare di politici. Ricorda le parole di Buscetta?
Certo
“Meglio non parlare di politica”. Buscetta sapeva che appena parlavano di politica potevano rischiare.
Libero Grassi
Anche voi testimoni di giustizia siete abbandonati dallo Stato. Alcuni vengono lasciati in balia delle vendette mafiose per i ciclopici tempi di rinnovo delle tutele. Altri si trovano costretti a vivere di stenti per i mantenimenti insufficienti che lo Stato rende loro. E c’è chi addirittura ha dovuto affrontare lo spettro dei pignoramenti come Ignazio Cutrò. Qual è la situazione?
La situazione è sempre stata questa, che si tratti di un testimone di giustizia o di un collaboratore di giustizia non cambia niente. Le posso parlare del mio caso. Io ho la scorta in tutta Italia di quarto livello, cioè macchina non blindata e in Sicilia ho il terzo livello, macchina blindata. Come se la mafia fosse solo in Sicilia e questo lo decide l’UCIS. Oltre al fatto che il quarto livello secondo me non dovrebbe esistere, perché assegnandomi una macchina non blindata non mettono a rischio solo me ma anche gli uomini che mi scortano. Questi sono abituati con alcuni politici che usano gli uomini di scorta da taxi e pensano che le scorte per un testimone o per un collaboratore di giustizia siano solo taxi.
Oggi è il 33esimo anniversario del delitto Libero Grassi. Che significato assume il suo sacrificio buttando uno sguardo su come oggi sono ridotti i testimoni di giustizia come lui?
Assume un significato molto grande per chi capisce il sacrificio che è stato fatto da Grassi. Il problema è che molte persone dopo anni dimenticano quella che è la storia dell’antimafia vera come la sua. E poi c’è l’antimafia da passeggio. Noi ci siamo stancati di vedere le passerelle, io non vado più alle commemorazioni, o se vado non salgo sul palco. Dovremmo pensare di fare una sana antimafia, ma ormai queste parole è sdoganata, per molti non ha più valore. Specialmente in quella commissione ex art. 10 dove decidono della vita e della morte dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. Lì l’hanno sdoganata al cento per cento. Non ha più valore la vita umana per loro, non ha più valore la denuncia, non ha più valore voler combattere la mafia. E lo dico col cuore che sanguina perché dopo più di 33 anni che lotto, che vado in tutte le scuole d’Italia a parlare con i ragazzi, tutto questo mi fa veramente male. Stanno vanificando il sacrificio di Falcone e Borsellino.
Foto di copertina © Imagoeconomica
ARTICOLI CORRELATI
Gian Carlo Caselli: perché lo Stato non deve ostacolare i pentiti di mafia
Li Gotti: ''Contro i collaboratori di giustizia in corso un attacco'' - PRIMA PARTE
Intervista di Giorgio Bongiovanni
Li Gotti: ''Parte dello Stato è tuttora compromesso con la mafia'' - SECONDA PARTE
Piera Aiello: ''Lo Stato toglie scorta a Pino Masciari, testimoni di giustizia abbandonati’’
Misteri e domande
di Luigi Li Gotti
Così lo Stato-Mafia uccide la legge sui collaboratori di giustizia
di Giorgio Bongiovanni
L'avvocato Li Gotti: ''Se il covo di Messina Denaro era vuoto la resa era meditata''
Lo Stato pignora gli aiuti ai ''pentiti'': a rischio il sistema dei collaboratori di giustizia
Luca Tescaroli: collaboratori di giustizia elementi essenziali nella lotta contro la mafia
Tescaroli: ''Mafia si evolve, su collaboratori di giustizia normativa da aggiornare''