Per la Procura, La Lia avrebbe mentito sui suoi contatti con Cosa nostra; le sue parole in contrasto con i tabulati telefonici
Le indagini che i pm fiorentini stanno conducendo sui mandanti occulti delle stragi di mafia avvenute tra il 1992 e il 1993 contengono un altro nome: Giovanni La Lia, un uomo di 59 anni, che secondo gli inquirenti avrebbe rilasciato false dichiarazioni, aggravate dal fatto di aver favorito Cosa Nostra. La Lia, infatti, avrebbe mentito riguardo ai suoi contatti negli anni '90 con i responsabili delle stragi che causarono 10 morti tra Firenze e Milano e danneggiarono le basiliche di Roma, fortunatamente senza provocare ulteriori vittime. Nel 1994, La Lia fondò il primo club di Forza Italia a Misilmeri, in provincia di Palermo, subito dopo l'annuncio della discesa in campo di Silvio Berlusconi e l'arresto dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, due dei boss più potenti della famiglia Brancaccio di Palermo, coinvolti nelle stragi di mafia, inclusi gli omicidi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Le implicazioni di Giovanni La Lia
Le indagini su La Lia si concentrano su alcune telefonate effettuate da lui. In particolare, sotto la lente degli inquirenti sono finite tre telefonate partite dal cellulare di La Lia verso un altro telefono, intestato a Costantino Taormina, incensurato. Tuttavia, quel cellulare era in possesso di Francesca Buttita, fidanzata di uno dei fratelli Graviano. Questo è un aspetto significativo, non solo per il destinatario di quelle telefonate, ma anche per il periodo in cui sono state effettuate: tra il 10 e l'11 dicembre 1993, poche settimane prima dell'arresto dei fratelli Graviano, avvenuto il 27 gennaio 1994, lo stesso giorno in cui il cellulare intestato a Taormina è stato trovato in possesso della Buttita. Altre telefonate che hanno insospettito gli inquirenti - come ha ricordato il “Domani” - riguarderebbero quelle partite dal telefono di Taormina, in uso a Francesca Buttita. Poi, quelle intercorse con l’utenza cellulare utilizzata da Gaspare Spatuzza, stragista e poi pentito, e quelle intercorse con l’utenza fissa dell’abitazione di Fabio Tranchina, autista e favoreggiatore di Giuseppe Graviano. Come Spatuzza, anche Tranchina divenne poi un collaboratore di giustizia. Interrogato dai Carabinieri già nel 1994 riguardo alle telefonate sospette, La Lia ha fornito risposte poco convincenti. Anche durante gli interrogatori del 2020, non è riuscito a dare spiegazioni valide, limitandosi a ipotizzare che quelle telefonate fossero frutto di un errore di digitazione numerica o di una clonazione del suo cellulare, affermando di non conoscere affatto le persone dall’altro lato del telefono. Tuttavia, la Procura sembra non credere alle sue dichiarazioni. I magistrati, infatti, sospettano che La Lia abbia mentito per coprire i suoi legami con i mafiosi e che le sue parole siano in contrasto con quanto emerge dai tabulati telefonici.
Il contesto storico e la prima indagine sulle stragi del ‘93
Dunque, potrebbe esserci un’altra pista possibile, in grado di fornire nuovi elementi riguardo ai mandanti esterni delle stragi che Cosa Nostra ha realizzato nel 1993 per intimidire lo Stato italiano, dopo le condanne del Maxiprocesso. Nell’indagine che la procura di Firenze sta portando avanti per individuare anche i nomi di personaggi esterni alla mafia, che potrebbero aver avuto interessi o connessioni con le azioni di Cosa Nostra nelle stragi del ’93, sono emersi diversi nomi, tra cui spiccano quelli di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Il primo è l’ex presidente del Consiglio, fondatore di Fininvest e di Forza Italia, scomparso il 12 giugno 2023. Il secondo è il suo stretto collaboratore, l’ex senatore che, essendo ancora in vita, è l’unico a doversi ancora difendere dall’accusa di concorso in strage con l’aggravante di aver favorito la mafia. Va notato che Marcello Dell’Utri è stato l’unico dei due ad essere condannato con sentenza definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. L'indagine principale ha coinvolto anche Salvatore Baiardo, l'ex gelataio di Omegna, legato a Cosa Nostra e, in particolare, ai fratelli Graviano, al punto da essere considerato uno degli uomini di fiducia dei due boss della famiglia Brancaccio. I pm fiorentini hanno esaminato a fondo le dichiarazioni rilasciate nel tempo da Baiardo per cercare di identificare i mandanti esterni delle stragi. Nel corso degli anni, infatti, l'ex gelataio ha fatto diverse affermazioni, alcune delle quali sono state considerate rilevanti per le indagini, mentre altre sono diventate oggetto di indagine per calunnia. In particolare, Baiardo ha parlato di una presunta fotografia che ritrarrebbe Berlusconi insieme all'ex ufficiale dei Carabinieri, il generale Francesco Delfino, e Giuseppe Graviano. Una fotografia che, se confermata, proverebbe in modo definitivo i legami tra il mondo politico e i vertici della mafia.
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