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Politica, interessi e pulizia etnica all’ombra dei cinque anelli

Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 30-07-2024.

La 33esima edizione dei Giochi olimpici è iniziata in modo del tutto inedito. A Parigi, per la prima volta nella storia, la cerimonia inaugurale ha visto sfilare il corteo delle 205 delegazioni su delle barche lungo la Senna. Più di 300mila sono stati gli spettatori a bordo fiume intrattenuti da quasi 4 ore di spettacolo. Al di là dello sfarzoso, però, c’è un altro elemento inedito che in questi giochi parigini appare evidente: il livello di ipocrisia nell’applicazione selettiva dei divieti statali e le sfide che gli atleti palestinesi hanno dovuto affrontare per competere.
Anche per questa competizione sportiva - come fu per i mondiali e gli europei di UEFA e FIFA - la Russia è stata esclusa. “Colpa dell’invasione dell’Ucraina”, si è detto. “Colpa di Vladimir Putin, pazzo e criminale”, da molti definito ancora come un “orso”. “Colpa della guerra in Europa”. Eppure, se si tratta di Benjamin Netanyahu e dello Stato di Israele la musica cambia. A Israele, infatti, è stato concesso di partecipare ai giochi olimpici nonostante la carneficina ancora in corso nella Striscia di Gaza, tralasciando (si fa per dire) i restanti 75 anni di occupazione illegale in Palestina. “The ongoing nakba”, (“La catastrofe che continua”) l’ha definita la delegazione sudafricana che ha portato Israele davanti all’ICJ all’Aja per “genocidio”. Evidentemente al Comitato Olimpico Internazionale non sono bastate le oltre 39mila vittime innocenti dei bombardamenti israeliani nell’enclave (solo dallo scorso ottobre); non è bastata, appunto, l’imputazione di “BibiNetanyahu (e altri suoi stretti collaboratori) per “genocidio” davanti alla Corte Internazionale di Giustizia; non sono bastate nemmeno le decine di risoluzioni ONU che hanno condannato Israele e che puntualmente i governi di turno di Tel Aviv hanno disatteso. L’unica risposta plausibile a questo double standard è che il CIO ritiene legittimo lo stato di apartheid che incombe sulla vita dei palestinesi, nonostante le denunce di alcune delle più importanti ong del mondo (oltre alle Nazioni Unite).
La Russia è stata esclusa, dicevamo. Ha invaso l’Ucraina e per questo deve pagare un prezzo altissimo. E con lei anche i suoi atleti, che per aggirare il divieto alle competizioni hanno dovuto accettare di prendere parte alle Olimpiadi Parigi 2024 sotto la bandiera neutrale. E quindi hanno dovuto superare sia l'ostacolo delle qualificazioni (come le altre delegazioni) sia un doppio controllo, da parte delle rispettive federazioni internazionali e poi del CIO, a proposito della loro mancanza di sostegno attivo della guerra in Ucraina e sul fatto che non siano legati all'esercito del loro Paese.


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Vladimir Putin © Imagoeconomica


Ben altra cosa rispetto al trattamento riservato alla delegazione israeliana, che invece viene letteralmente scortata in lungo e in largo con un impianto di sicurezza degno dell’inquilino della Casa Bianca. Senza considerare lo schieramento degli agenti dei servizi segreti (in particolare quelli del Mossad) che operano sotto copertura. “Colpa del 7 ottobre”, dicono alcuni. “Colpa di Hamas”. “Ci potrebbero essere attentati terroristici”, dicono altri richiamando la vicenda di “Settembre nero” alle Olimpiadi di Monaco del 1972.
Eppure, molti atleti olimpici israeliani hanno un passato militare.. Basti pensare al portabandiera israeliano, Peter Paltchik, che nei mesi scorsi ha postato una foto mentre firmava alcuni missili che di lì a poco sarebbero stati lanciati contri i civili a Gaza. “Da me a voi con piacere”, scrisse il judoka sulla bomba. Oppure Yuval Nagar, membro della squadra di calcio femminile israeliana, che ha pubblicato regolarmente su TikTok video di sé stessa in uniforme militare abbinati alla sua attuale vita di calciatrice.


Palestina: la delegazione che resiste

Le olimpiadi sono state concepite come un momento in cui i conflitti e le disparità fra gli Stati venissero meno. Giorni in cui lo sport e la politica non dovrebbero mescolarsi, ma la storia dimostra che sono profondamente intrecciati.
Le limitazioni imposte da Israele alla libertà di movimento dei palestinesi, per esempio, e la frammentazione coloniale della popolazione palestinese hanno avuto un forte impatto sulla capacità degli atleti palestinesi di mostrare il proprio talento. Alle Olimpiadi di Londra 2012, l'atleta di judo Maher Abu Rmeileh è diventato il primo palestinese a ottenere una qualità per merito. Nonostante il suo risultato, la delegazione 2012 non ha potuto allenarsi o incontrarsi prima di atterrare a Heathrow a causa delle restrizioni sui permessi imposti da Israele che impediscono la libera circolazione tra Gerusalemme, Ramallah e Betlemme. Il pugile Waseem Abu Sal, attualmente in gara a Parigi 2024, è allenato da Ahmed Harara, originario di Gaza e residente al Cairo. I due si sono incontrati solo a Parigi perché ha un documento di identità di Gaza e non gli è permesso di visitare il suo atleta. I due sono stati costretti ad allenarsi a distanza tramite videochiamata.
Nel corso degli anni, inoltre, il blocco della Striscia ha impedito l'accesso di attrezzature essenziali come scarpe da corsa chiodate e timer digitali. Senza considerare che la violenza militare di Israele ha devastato le strutture e le infrastrutture sportive dell’enclave. Gli uffici del Comitato Olimpico e lo stadio nazionale di Rafah sono stati distrutti, mentre alcune strutture, come lo stadio Yarmouk di Gaza, sono state utilizzate dall'esercito israeliano come campi di internamento, con filmati che mostrano i palestinesi spogliati, bendati e inginocchiati in fila. A causa della violenza militare di Israele, in Palestina c'è un numero insolitamente alto di atleti disabili. Nel gennaio 2014, i calciatori Jawhar Nasser Jawhar (19) e Adam Abd al-Raouf Halabiya (17), che stavano per essere selezionati per la squadra nazionale, sono caduti in un'imboscata e sono stati colpiti alle gambe da soldati israeliani. Gli spari mirati suggeriscono che le loro identità erano note.


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Benjamin Netanyahu © Imagoeconomica


Secondo il Comitato Olimpico Palestinese negli ultimi mesi a Gaza sono stati uccisi oltre 300 tra atleti, arbitri e funzionari sportivi. Tra questi ci sono Hani Al-Masdar, allenatore di calcio olimpico; Ibrahim Ousaya, pallavolista; Shadi Abu-Alarraj, portiere di calcio; Wasem Ayman Abu Deeb, velocista che avrebbe dovuto rappresentare la Palestina ai giochi parigini. E infine Majed Abu Maraheel, ex corridore e allenatore che nel ’96 è stato il primo atleta olimpico a issare la bandiera palestinese e nel giugno 2024 è morto nel campo profughi di Nuseirat, perché il blocco sionista e gli attacchi di Israele a Gaza hanno portato al collasso il sistema sanitario. Per questi ed altri motivi il Comitato Olimpico Palestinese ha chiesto che Israele sia bandito dalle Olimpiadi di Parigi. Una richiesta che ad oggi rimane lettera morta.


Tiro al bersaglio contro i giornalisti

Le Olimpiadi sono state create per unire tutti i popoli, dicevamo. Ma è possibile conciliare le vittime con i propri carnefici? Prendiamo il caso di Christina Ersi, fotoreporter libanese dell'AFP, che ha ricevuto la fiamma olimpica a Vincennes durante la cerimonia della staffetta della torcia. La torcia olimpica è un simbolo di pace e di amicizia tra i popoli e le nazioni, ma per Ersi partecipare alla staffetta è stato anche uno struggente tributo ai suoi colleghi giornalisti, sopravvissuti a un vero e proprio attacco mirato da parte di Israele lo scorso ottobre. Il 13 ottobre 2023, infatti, Asih stava coprendo il conflitto transfrontaliero tra le forze di occupazione israeliane ed Hezbollah nel sud del Libano quando Israele li ha attaccati con un bombardamento aereo, nonostante indossassero un giubbotto antiproiettile che li designava chiaramente come giornalisti. La gamba di Asis è stata amputata all'altezza della rotula e il suo collega Isam Abdullah, un videoreporter della Reuters di 37 anni, è rimasto ucciso nell'attacco. Reporter senza frontiere ha concluso che è improbabile che i giornalisti siano stati scambiati per combattenti, mentre Human Rights Watch e Amnesty International hanno riferito che l'attacco è stato apparentemente deliberato e hanno chiesto un'indagine per crimini di guerra. Cosa potrà mai pensare lei sulla presenza della delegazione israeliana a Parigi dopo che quell’esercito si è allenato al tiro al bersaglio sul suo corpo e quello dei colleghi giornalisti? Sono 158 i giornalisti (quasi tutti giornalisti) deliberatamente uccisi dal 7 ottobre ad oggi.


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Oltre la guerra il “Green”: l’altra faccia della medaglia

La Francia ha fatto di tutto per distinguersi come modello di eco-sostenibilità, stabilendo un nuovo modello per le prossime edizioni olimpiche. Molte delle gare si svolgono nel centro della città, vicino ai monumenti più iconici di Parigi. “I Giochi più economici degli ultimi decenni”, sono stati definiti, nonostante i nove miliardi di euro spesi per le infrastrutture e i due miliardi per ripulire - invano - la Senna. Il costo reale di questa operazione ha intaccato il tessuto sociale parigino. L’empowerment della città, infatti, è stato fatto a discapito delle categorie più deboli. Per realizzare l’immagine della città modello, perfetta e senza sottocategorie sociali, le autorità hanno fatto letteralmente “pulizia”. Nei mesi scorsi a Vitry-sur-Seine, a sud-est di Parigi, per esempio, è stato sgomberato il più grande squat del Paese, un edificio occupato dove vivevano tra le 400 e le 450 persone migranti, la maggior parte delle quali richiedenti asilo o rifugiate. Le organizzazioni per i diritti civili locali hanno subito accusato le autorità francesi di avere eseguito lo sgombero per fare bella figura con turisti e media stranieri in vista delle Olimpiadi. Obiettivo: cacciare gli extracomunitari (la maggior parte dei quali musulmani) per mostrare una Parigi “bianca” e occidentale.
L’organizzazione Le revers de la médaille, inoltre, in un rapporto ha denunciato l’aumento delle espulsioni del 38% nell’ultimo anno. Sono oltre 12mila le persone sgomberate da accampamenti abusivi ed edifici occupati nei quali, in alcuni casi, vivevano da anni. Di queste, 3.434 sono minori. Tra gli sgomberi più imponenti figura quello dello stabilimento Unibéton, occupato dal 2021 da una comunità multietnica composta da più di 500 persone. L’immenso edificio abbandonato si trova nella stessa strada di uno dei villaggi olimpici. Le revers de la médaille ha denunciato inoltre la mancanza di soluzioni. Le persone sgomberate il più delle volte sono state inviate verso i centri di accoglienza temporanei (Sas) creati per l’occasione nella periferia del Paese per decongestionare la capitale. Allontanando in questo modo le persone più fragili dai propri punti di riferimento: i minori dalle scuole, gli adulti dai luoghi di lavori (quasi sempre precari). Poi ci sono gli oltre 2mila studenti universitari che sono stati sfrattati nei mesi scorsi per fare spazio ad atleti e delegazioni come rimedio all’assenza di strutture ad hoc.
Arrivati a questo punto, è ovvio che ognuno è libero di scegliere se guardare o meno i giochi olimpici. È importante però essere consapevoli che il sogno del barone de Cubertin che inventò il simbolo dei cinque anelli - riferito all’unione dei cinque continenti - è stato ancora una volta tradito. E con molta probabilità lo sarà anche in futuro. “Viva” i giochi dell’ipocrisia olimpica.

Realizzazione grafica by Paolo Bassani

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