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L’intervista del Procuratore della Repubblica di Prato al quotidiano 'Il Tirreno'

Se non vi fossero stati i collaboratori di giustizia non avremmo potuto ottenere questi risultati nella lotta alla mafia, con la scoperta di armi, munizioni, latitanti, non avremmo potuto conoscere le strategie correlate alla commissione dei delitti più eclatanti, individuare mandanti e gli esecutori delle stragi di via d'Amelio, Capaci, degli anni '93 e '94. I collaboratori di giustizia sono uno strumento delicato a cui approcciarsi con professionalità e corretta gestione”. Sono state queste le parole del Procuratore della Repubblica di Prato (insediatosi ieri) Luca Tescaroli in una lunga intervista rilasciata al quotidiano ‘Il Tirreno’. Il magistrato ha tenuto a precisare che è necessario un intervento normativo che estenda “l’intera legislazione sulla collaborazione di giustizia, come ad esempio poter cambiare generalità, e prevedere misure di assistenza e protezione. Sarebbe opportuno rendere più conveniente la collaborazione di giustizia, innalzando il trattamento economico che garantisca un tenore di vita più decoroso al ‘pentito’. Ora sono previsti 2mila euro per nucleo familiare, una cifra inadeguata perché chi delinque ha di solito grandi disponibilità finanziarie”.
Tescaroli ha voluto precisare che “le collaborazioni qualitativamente significative si sono rarefatte perché si è ridotto il gap differenziale tra irriducibili e chi si affida allo Stato per collaborare. Occorre ristabilire il nesso differenziale per rendere più appetibile, anche economicamente, fare il collaboratore di giustizia”.


Pericoli di attentati

Il magistrato ha ribadito, si legge sul ‘Tirreno’ che “ci sono ancora rischi di attentati ai magistrati, ci sono dati di fatto, anche dopo la stagione stragista del '92-'94 ci sono stati altri episodi. Io stesso nel 1997 sono scampato a un attentato con la mia fidanzata poi divenuta mia moglie. Nel 2013 si voleva colpire il magistrato Antonino Di Matteo, e ci sono stati altri casi”.


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Il sostituto procuratore nazionale antimfia, Nino Di Matteo © Imagoeconomica


Ad oggi però, ha dichiarato Tescaroli, “si assiste meno al ricorso alla violenza rispetto al passato, anche se ci sono stati episodi recenti, come l'attentato incendiario alla pizzeria di Luigi Cuomo, ‘Pizza cozze e babà’, a Firenze, il 23 febbraio 2021, che si inserisce nella guerra tra clan camorristici di Nocera Inferiore. Oggi però si privilegia la cura delle attività criminali senza uso della violenza”.


La legislazione antimafia

Allargando il discorso Tescaroli ha parlato anche dell’apparato legislativo antimafia italiano: “È molto consistente” ha detto. “Delitti efferati sono stati alla base dell'introduzione di strumenti antimafia negli ultimi 30 anni” e “si dispone di una legislazione sui collaboratori e sui testimoni di giustizia, di un'efficace normativa inerente alle intercettazioni, fondamentali per l'acquisizione di un bagaglio di conoscenza sulla vita della criminalità. Occorre incentivare e aggiornare gli strumenti tecnologici per essere competitivi verso le organizzazioni mafiose che usano molta tecnologia”.
Tuttavia, secondo il Procuratore della Repubblica di Prato, “sarebbe auspicabile un intervento del legislatore per adeguare la normativa vigente alle dinamiche che hanno caratterizzato in questi anni la criminalità organizzata. Misure economiche e programma di protezione sarebbe utile venissero estese anche agli stranieri per meglio contrastare le forme di criminalità straniera, quali la mafia cinese e albanese”.


Il ruolo delle mafie straniere

Tescaroli durante l’intervista ha sottolineato che “le organizzazioni straniere hanno plurimi contatti con ‘Ndrangheta, Camorra e Cosa nostra. Le associazioni criminali operano anche nel sistema della corruzione, che coinvolge esponenti della pubblica amministrazione, con reati tributari, delitti contro il patrimonio, agevolazioni negli appalti”. “La corruzione - ha continuato -  è una piaga dilagante, contro la quale serve un'attività di contrasto continua, seria e preventiva per ampiezza e diffusività in ogni livello dell'economia e delle istituzioni”.


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Tribunale di Prato


Bisogna avere - ha detto - consapevolezza che in Toscana vi è una presenza stabile di strutture criminali organizzate, soprattutto camorra e ‘Ndrangheta sul fronte italiano, mafia albanese e cinese sul fronte straniero. La prima ha il controllo del traffico di droga proveniente dal Sud America. La criminalità cinese interagisce con camorra, Sacra corona unita, ‘Ndrangheta e con le strutture albanesi”.


La Mafia in Toscana

La Toscana non è la Sicilia - ha detto il magistrato durante l’intervista - la Calabria o la Puglia, vi è tuttavia una presenza stabile di criminalità organizzata con strutture anche mafiose. Fin dagli anni '80 e '90, allorché si è assistito alle stragi del 23 dicembre 1984 sul treno a San Benedetto Val di Sambro, e del 27 maggio 1993 ai Georgofili, e con gli investimenti di Banco di Monte San Savino in provincia di Arezzo fatti da Giuseppe Calò (detto Pippo, il cassiere di Cosa nostra, ndr) e Lorenzo Di Gesù. L'11 febbraio 1982 fu venduta una casa di campagna da William Weaver per 165 milioni di lire all’immobiliare "Rediulers", amministratrice Carolina Incarini moglie di Ernesto Diotalvilla, a Maria Elena Panzeca, nipote del Di Gesù. La trattativa fu fatta da Di Gesù e "Mario Aglialoro" (nome usato da Calò, ndr).
Nel merito invece del traffico di droga Tescaroli ha parlato anche del porto di Livorno definendolo “la porta d'arrivo della droga per la Toscana e tutto il centro e sud Italia: un esempio per tutti, un noto sequestro effettuato il 27 febbraio 2023 di tre tonnellate di cocaina provenienti dalla Colombia. Oltre alla presenza stabile di strutture organizzate come 'Ndrangheta e camorra, sono presenti in Toscana compagini criminali straniere, cinesi e albanesi collegate con altre reti criminali. Sono stati individuati anche soggetti inseriti in strutture di tipo mafioso collegati alle case madri, che operano con margini di autonomia, e realizzati procedimenti di sequestro e confische per valori significativi. Dal giugno 2019 ad oggi sono stati fatti sequestri per oltre 50 milioni di euro tra beni immobili, imprese, società. Il contrasto alle mafie si fa anche con la prevenzione delle presenze e delle infiltrazioni, congelando e ostacolando le attività di riciclaggio”.

Fonte: Il Tirreno

Foto di copertina © Paolo Bassani

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