L’Ue condanna il raid israeliano: “Necessaria un’indagine indipendente e i responsabili devono essere chiamati a rispondere”
L’ennesimo raid israeliano, spacciato come raid per colpire un alto comandante di Hamas, si è trasformato in strage di civili a Gaza. Sono almeno 42 le persone rimaste uccise negli attacchi dell’esercito di Israele nel quartiere di Tuffah a Gaza nel campo di Shati, secondo quanto riporta Reuters. L’attacco, come ha spiegato il Comitato internazionale della Croce Rossa, è avvenuto vicino all’ufficio dello stesso Cicr che ricorda che centinaia di palestinesi avevano trovato rifugio in tende vicino alla struttura. Secondo il ministero della Sanità di Gaza City ci sono anche 50 feriti nell’attacco che ha “colpito le tende degli sfollati nella zona di al-Mawasi”. Quest’area è stata classificata da Israele come una zona umanitaria “sicura”, ricorda il Guardian, e migliaia di persone si sono rifugiate qui da Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.
“L’Ue condanna i bombardamenti che hanno danneggiato la sede del Comitato internazionale della Croce rossa a Gaza e hanno causato decine di vittime. È necessaria un’indagine indipendente e i responsabili devono essere chiamati a rispondere. La protezione dei civili è un obbligo previsto dalle Convenzioni di Ginevra”, ha scritto su X l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell. “Tutte le parti in conflitto sono vincolate ad essa. Il Comitato internazionale della Croce Rossa deve essere in grado di svolgere in sicurezza tutti i suoi compiti previsti dalle Convenzioni di Ginevra, compresa la protezione umanitaria, l’assistenza alle vittime, l’accesso ai prigionieri”, ha aggiunto.
L’Idf ha negato di aver effettuato un raid sulla zona umanitaria e un portavoce dell’esercito, citato da Haaretz, ha spiegato che indagini sull’accaduto sono in corso. L’obiettivo del bombardamento - riferiscono media in lingua ebraica che citano “fonti a Gaza”, secondo quanto riporta il Times of Israel - era Raad Saad, alto comandante di Hamas. Saad, le cui sorti sono ancora ignote, era ritenuto si nascondesse nell’ospedale al-Shifa quando a marzo il complesso fu teatro di un’operazione su larga scala di Israele, sebbene allora non fu trovato. Il bilancio dei morti a Gaza per gli attacchi israeliani dal 7 ottobre è salito a 37.551, secondo il ministero della Sanità gestito da Hamas. Altri 85.911 palestinesi sono stati feriti negli attacchi.
“Non è possibile pensare che la guerra non abbia regole e che tutto sia permesso”, ha detto il presidente della Cri, Rosario Valastro, commentando la notizia del bombardamento avvenuto nei pressi degli uffici del Comitato internazionale. “Questo grave episodio avrebbe potuto trasformarsi in una tragedia ancora più ampia - ha proseguito - se si considera che nei pressi della sede ci sono numerose tende in cui vivono donne, uomini e bambini che a seguito del conflitto non hanno più una casa”.
Josep Borrell © Imagoeconomica
Le parole del portavoce dell’esercito
Intanto hanno scatenato non poche polemiche le parole di Daniel Hagari, portavoce dell’Idf, l’esercito israeliano. “L’idea di distruggere Hamas equivale semplicemente a gettare sabbia negli occhi dell’opinione pubblica”, ha detto il brigadiere generale. Dopo lo scontro del 16 giugno tra l’esercito e Benjamin Netanyahu sulla tregua umanitaria annunciata di 11 ore dall’Idf nella Striscia di Gaza ma mai entrata in vigore, Hagari mina alle fondamenta la dottrina politica e militare seguita dal premier per rispondere al partito armato al potere nell’enclave palestinese dopo gli attacchi del 7 ottobre.
In un’intervista a Channel 13 News, alcuni stralci della quale sono stati riportati dal quotidiano liberal Haaretz sul proprio sito web, il portavoce dell’esercito ha spiegato: “Hamas è un’idea, Hamas è un partito politico. È radicato nei cuori delle persone: chiunque pensi che possiamo eliminare Hamas si sbaglia", ha argomentato Hagari, che ogni sera entra via televisione nelle case degli israeliani per raccontare loro l’andamento della guerra. “Ciò che si può fare è sviluppare qualcos’altro per sostituirlo. Qualcosa che faccia capire alla popolazione che qualcun altro sta distribuendo il cibo, qualcun altro si sta occupando dei servizi pubblici… per indebolire davvero Hamas, questa è la strada”, ha aggiunto il generale, che da un recente sondaggio è stato indicato come la personalità più popolare in questo momento in Israele, a discapito di Netanyahu.
Magari ha affermato anche che sarà “impossibile” restituire tutti gli israeliani sequestrati e trattenuti a Gaza attraverso operazioni militari, strategia dal governo seguita fin dall’inizio dell’operazione nella Striscia. “Dobbiamo raggiungere uno scenario in cui gli ostaggi vengano restituiti in un altro modo”, ha spiegato il portavoce dell’Idf.
Un colpo durissimo a quanto Netanyahu va dicendo dall’inizio del conflitto e ha ripetuto anche dopo la proposta per un cessate il fuoco con Hamas avanzata dagli Stati Uniti. “Le condizioni di Israele per porre fine alla guerra non sono cambiate - ha ribadito il premier ancora il 1° giugno -: la distruzione delle capacità militari e di governo di Hamas, la liberazione di tutti gli ostaggi e la garanzia che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele”.
Poco dopo le parole di Hagari è arrivata la risposta di Netanyahu. Senza far esplicito riferimento a quanto detto dal portavoce militare, il premier ha ribadito che - come stabilito dal Gabinetto politico e di sicurezza -“uno degli obiettivi della guerra è la distruzione delle capacità militari e governative di Hamas. L’Idf è ovviamente impegnato in questo”.
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