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Zelensky: da Putin gli stessi messaggi che mandava Hitler

Una nuova finestra di dialogo e una via d'uscita da una catastrofe senza fine è stata riaperta da Vladimir Putin, durante un discorso al ministero degli Esteri.
"Mosca è pronta al dialogo con qualsiasi paese, purché non si tratti di un’imitazione del processo di risoluzione", ha detto il presidente russo, annunciando ai diplomatici nuove iniziative di pace sul conflitto ucraino.
Abbiamo sempre lottato per la pace”, ha continuato Putin, tornando a condannare la conferenza di pace in programma da domani in Svizzera, descrivendola come “un altro trucco che mira a distogliere l’attenzione di tutti dalle cause della crisi ucraina”, utile a “dare ancora una volta un‘apparenza di legittimità alle attuali autorità ucraine”.
A Berna ad essere discussa sarà ancora la formula Zelensky che ripropone la restaurazione della completa integrità territoriale, dal Donbass fino alla Crimea.
"Sembra semplicemente idiota. Da un lato, è loro vietato negoziare con noi, ma ci invitano a negoziare e lasciano intendere che ci rifiutiamo di negoziare", ha commentato il leader del Cremlino, proponendo quella che ha definito "una reale proposta di pace" per la "cessazione totale del conflitto" in Ucraina.
In sostanza, la Russia è pronta a un cessate il fuoco e all'avvio di negoziati se le truppe ucraine si ritireranno completamente dalle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson e Kiev si impegnerà a non aderire alla Nato.
"Non stiamo parlando del congelamento del conflitto, ma della sua cessazione totale," ha dichiarato Putin, precisando che il Paese dovrà avere "uno status neutrale, non allineato", e non possedere armi nucleari.
Naturalmente - ha aggiunto il leader russo - i diritti, le libertà e gli interessi dei cittadini di lingua russa in Ucraina devono essere pienamente garantiti, le nuove realtà territoriali, lo status delle repubbliche di Crimea Sebastopoli, Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia come soggetti della Federazione Russa devono essere riconosciute".
Un ritorno completo alle proposte sulla sicurezza per il periodo 2021-2022 “non è possibile”, ha aggiunto Putin, sostenendo tuttavia che i principi di base rimangono invariati.
Un chiaro riferimento agli accordi sulla sicurezza, presentati nel novembre 2021, che chiedevano come condizioni fondamentali la non ulteriore espansione della Nato ad est ed il ripristino delle infrastrutture militari occidentali alle posizioni del 1997.
Trattative, il cui fallimento, decretato dal niet del segretario di Stato Usa Antony Blinken, di fatto, determinò l’inizio dell’entrata in guerra della Russia in Ucraina. Fatto confermato dallo stesso segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, alla commissione Affari Esteri dell’Unione Europea tenutasi nel settembre 2023: “Voleva che rimuovessimo le infrastrutture militari in tutti i Paesi entrati dal 1997, il che voleva dire che avremmo dovuto rimuovere la Nato dall’Europa Centrale e Orientale, introducendo una membership di seconda classe. Lo abbiamo rifiutato e lui è andato alla guerra, per evitare di avere confini più vicini alla Nato”, affermò Stoltenberg allora.
La proposta di Putin è già stata rigettata dal presidente Volodymyr Zelensky che ai microfoni di Sky TG 24 ha paragonato la Russia ad un regime nazista con il quale nessun tipo di dialogo sarà mai possibile.
Cosa possiamo dire su questi messaggi di ultimatum? Non sono diversi dagli altri ultimatum che sono stati fatti prima… Quello che dichiara Putin è che noi dovremmo ridare una parte dei nostri territori occupati, ma anche quelli non occupati. Lui dice che si fermerà e non ci sarà un conflitto congelato. Sono gli stessi messaggi che mandava Hitler, non sono neanche passati 100 anni da quando chiedeva solo una parte della Cecoslovacchia dicendo che si sarebbe poi fermato. Sono bugie storiche. Poi c’è stata la Polonia e poi l’occupazione di tutta Europa”, ha detto Zelensky
Secondo Putin la conferenza in Svizzera rappresenta solo un modo per distogliere l’attenzione e “l’Occidente sta facendo di tutto per prolungare la crisi in Ucraina… È stato l'Occidente a provocare la crisi… non Mosca né Kiev”, ha aggiunto, denunciando che tutte le proposte di pace sono state rispedite al mittente.


I falliti accordi di Istanbul

Il fallimento più clamoroso riguarda la bozza redatta ad Istanbul nel marzo 2022. Un documento, clamorosamente rispedito al mittente all’ultimo minuto, la cui firma avrebbe potuto scongiurare il massacro di centinaia di migliaia di vite.
Tutti i punti del trattato sono stati recentemente pubblicati dalla rivista Foreign Affair, che ha parlato di un fallimento dei colloqui anche a causa dell'aumento del sostegno occidentale a Kiev, rafforzando la convinzione di Zelensky di poter realmente respingere l'attacco russo grazie all’aiuto delle armi occidentali.
Durante un'intervista con i giornalisti a Harbin, in Cina, Putin ha ricordato i punti iniziali delle discussioni tra Kiev e Mosca, sostenendo che la Russia aveva accettato di ritirare le sue truppe dalla regione di Kiev, ma gli ucraini "si sono ritirati dal processo negoziale" subito dopo.

I primi negoziati in Turchia tra Ucraina e Russia nel 2022

Nel merito, Davyd Arakhamiia, che ha guidato la delegazione ucraina, recentemente ha affermato che Putin era “pronto a porre fine alla guerra se avessimo concordato la neutralità, e ci fossimo impegnati a non entrare nella NATO".
Ma a quel punto “quando siamo tornati dai [negoziati a] Istanbul, Boris Johnson è venuto a Kiev e ha detto che non avremmo firmato nulla con loro, e litighiamo e basta”, ha continuato Arakhamiia.
In sostanza, l’Occidente avrebbe fatto pressione a Kiev, convincendolo sulle possibilità di una vittoria decisiva, grazie a cospicue forniture di armi.
Siamo stati ingannati – ha aggiunto – e ora dobbiamo capire quanto e di chi possiamo fidarci e stiamo analizzando tutto quello che succede in questa direzione”.
Anche l’ex primo ministro israeliano Naftali Bennet, aveva ammesso in un’intervista che le trattative erano state sabotate da Washington, nonostante si fosse arrivati ad un accordo per la neutralità di Kiev.
La bozza di Istanbul pubblicata da Foreign Affair prevedeva che il Paese avrebbe rinunciato a qualsiasi intenzione di aderire ad alleanze militari o di consentire basi militari o truppe straniere sul suo territorio ed elencava come possibili garanti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (compresa la Russia) insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia, con la clausola che se fosse stata attaccata e avesse richiesto assistenza, “tutti gli Stati garanti sarebbero obbligati, previa consultazione con l'Ucraina e tra di loro, a fornire assistenza all'Ucraina per ripristinare la sua sicurezza”.

Foto © Imagoeconomica

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