Un anno fa moriva Berlusconi ma il berlusconismo continua a vivere ed è in piena salute. Oggi l’omaggio a reti unificate su Mediaset
Trecentosessantacinque giorni fa, all’età di 86 anni, Silvio Berlusconi moriva nell’ospedale San Raffaele di Milano. Le reazioni degli italiani alla notizia della dipartita dell’ex presidente del Consiglio sono state contrastanti proprio come l’opinione che gli stessi hanno avuto sul suo intero operato politico. Amore, odio. Ammirazione, disprezzo. Probabilmente nessun altro premier italiano è stato tanto divisivo quanto il “Caimano”. Ma nonostante i pareri discrepanti della gente, l’anno scorso Berlusconi è stato salutato con tutti gli onori. Si ricorderanno gli imbarazzanti funerali di Stato, in Piazza Duomo a Milano, alla presenza del Presidente della Repubblica (che stamani ha rinnovato il cordoglio), del presidente del Consiglio, dei presidenti di Camera e Senato, e del popolino berlusconiano. Un estremo saluto a un pregiudicato, con tanto di bandiere a mezz’asta, con le più alte cariche dello Stato presenti. Lo stesso Stato che l’ex premier ha infangato e tradito in vent’anni di governo.
Oggi, a un anno di distanza dalla scomparsa, un nuovo tributo: la messa in onda in prima serata e in contemporanea su tutti i canali Mediaset, creatura televisiva di Berlusconi, del documentario “Caro presidente, un anno dopo”. Un omaggio a reti unificate che strizza l’occhio allo spot iconico del ’94 con cui l’allora imprenditore annunciava la sua discesa in politica con Forza Italia. Questo 12 giugno, primo anniversario della morte del “Cavaliere”, il popolo berlusconiano, a partire dal governo, lo ricorda con le lacrime in volto e nostalgia intensa. Quasi una saudade berlusconiana (quel sentimento, tutto brasiliano, di malinconia e gusto romantico della solitudine, accompagnato da un forte desiderio di qualcosa di assente). “Ha lasciato un segno indelebile nella storia politica italiana”, ha detto la premier Giorgia Meloni. “Aveva la capacità di realizzare i sogni”, gli ha fatto eco Ignazio La Russa. “Berlusconi ha segnato tutta la mia vita”, ha affermato il vicepremier Antonio Tajani. “Anteponeva sempre l'interesse nazionale a qualsiasi altra cosa”, ha aggiunto il leader di Forza Italia (l’ha detto veramente).
Silvio Berlusconi beato. Silvio Berlusconi beatificato. In questi dodici mesi tra i membri dell’esecutivo, a Palazzo Chigi, e tra le fila di Forza Italia saranno riecheggiate le parole evangeliche pronunciate dal Cavaliere nel lontano ’95. “Voi dovete diventare dei missionari, anzi degli apostoli, vi spiegherò il Vangelo di Forza Italia, il Vangelo secondo Silvio”. L’attuale governo Meloni ha abbracciato in petto questa missione apostolica al punto da aver realizzato, o almeno progettato, larga parte del programma politico berlusconiano: premierato, bavagli alla stampa, assalto alla Rai, carriere separate della magistratura, via il reato di abuso d’ufficio, riforma delle intercettazioni, nuovo codice degli appalti. La lista è lunga e in fase di realizzazione.
Ma se Fratelli d’Italia, partito di maggioranza, si è limitato a rendere realtà alcuni dei desideri incompiuti di Berlusconi, Forza Italia si è spinto nettamente oltre nell’omaggiare il loro leader. Antonio Tajani e gli altri, infatti, devono credere così tanto nella risurrezione che hanno pensato bene di riportare Berlusconi in vita candidandolo all'Europarlamento. Roba mai vista. Forza Italia non solo ha sbattuto il suo sorriso sornione in ogni cartellone o spot elettorale del partito, ma ha addirittura dato la possibilità agli elettori di votare Berlusconi in cabina elettorale lo scorso week-end.
Una mossa che gioca sui sentimenti del popolino, proprio come insegnava l’ex premier (“Il pubblico italiano non è fatto solo di intellettuali, la media è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco. È a loro che devo parlare”, diceva). Mossa nostalgica politicamente inutile, quella di Forza Italia, ma che ha comunque avuto un suo successo (con il 9,6% dei voti Fi è riuscito a scavalcare la Lega e a diventare il secondo partito della coalizione che sostiene Giorgia Meloni). Berlusconi verrà così ricordato come il primo candidato ad aver corso per le elezioni da morto. L’ennesimo dei primati del “Cavaliere”, dopo quelli che lo incasellano nella storia come primo premier italiano accusato di aver corrotto olgettine, giudici, testimoni, pagato boss mafiosi ed essere mandante delle stragi del ’93. E tanto, tanto altro ancora. Tutte accuse dalle quali è riuscito a salvarsi con assoluzioni o prescrizioni. Segni della provvidenza corsa in aiuto almeno una trentina di volte (tanti sono stati suoi processi) all’“unto del Signore”.
Ma lasciamo il Berlusconi perseguitato dalle “toghe rosse”, come si definiva, e torniamo al Silvio leader politico.
“Silvio è ancora in campo, è come se fosse tra di noi più vivo che mai”, ha detto oggi, sospirando, Sestino Giacomoni che per quasi un trentennio è stato l'ombra del “Cavaliere”. Difficile dargli torto. Al di là della scelta pittoresca di piazzare il faccione del “Caimano” nei banner pubblicitari di tutto lo Stivale (specialmente in Sicilia dove Forza Italia ha sbancato il lunario) per acchiappare voti dei nostalgici, Berlusconi è realmente ancora tra noi. Morto l’uomo, infatti, Berlusconi è sopravvissuto nelle sue idee, nel suo modo manageriale e ultra liberale di fare politica. E’ sopravvissuto, in questa maggioranza, quel suo modo di governare incentrato a garantire il vantaggi dei pochi a discapito dei tanti; la torsione imprenditoriale della democrazia e lo smantellamento di conquiste e diritti per favorire il mercato. E poi ancora l’ostilità verso tutti i sistemi di controllo: dall’Anac, alla Corte di Conti. Da ricordare la guerra furiosa a magistrati e sindacati. L’associazione “giudici-comunisti” è ancora in auge nel governo Meloni, basti ricordare il caso della giudice Iolanda Apostolico. Per non parlare delle poltrone ad amici e parenti. Le porte girevoli, il lobbying sfrenato di Palazzo, il palese conflitto d’interessi di alcuni membri apicali dell’esecutivo (Berlusconi, proprietario di tre televisioni, non sarà mai raggiungibile sotto questo aspetto).
E, paradossalmente, anche le uscite xenofobe, antisemite e l’imbarazzo internazionale che accompagnò a lungo l’Italia berlusconiana sono rimasti con l’attuale governo (“Non possiamo arrenderci all’idea di sostituzione etnica”, aveva detto il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida per poi scusarsi incolpando la sua ignoranza). L’Italia di Giorgia Meloni non è in pericolo per la minaccia fascista, ma per quella berlusconiana che, per parafrasare un discorso di Enrico Berlinguer (ieri era il 40°esimo anniversario della scomparsa del leader del PCI) “tutte le libertà distrugge e rende vane”. Negli ultimi anni di vita, uno dei pochi momenti di lucidità politica, Berlusconi li ha avuti sul conflitto russo-ucraino. L’ex premier, si sa, vantava grandi amicizie a livello internazionale: da Obama a Sarkozy, da Gheddafi (che hai poi tradito mandando i caccia italiani a bombardarlo nella guerra civile del 2011) a Vladimir Putin. Con quest’ultimo aveva stretto un legame molto forte negli anni (tanto che il leader russo gli ha dedicato un minuto di silenzio un anno fa) e questo rapporto avrebbe potuto favorire il dialogo tra russi e ucraini per la fine della guerra, oltre che rilanciare l’Italia quale paese mediatore di pace come lo era un tempo. Berlusconi aveva ben chiaro l’andamento dei fatti sulla guerra in Ucraina.
Era cosciente delle responsabilità di Kiev, della mancata osservanza degli accordi di Minsk, della furia omicida di Vlodymyr Zelensky in Donbass contro i russofoni che chiesero aiuto al presidente russo. “Putin - disse Berlusconi segretamente ai suoi di partito - doveva solo sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky”. Le sue posizioni bilaterali sul conflitto, e di totale apertura, avrebbero probabilmente fatto comodo per un ritorno ai negoziati. Ma il destino ha voluto altro. E sul conflitto in corso, mentre continuano a morire ucraini e russi, i toni si stanno facendo di giorno in giorno sempre più accesi. La NATO paventa un intervento “boots on the ground” e Mosca, invece, minaccia l’uso di armi nucleari. Una figura come Berlusconi potrebbe aver fatto comodo in questo periodo. Chissà se il cristianissimo governo Meloni, consultando l’aldilà, riesca a ricevere qualche dritta dall’“unto del Signore”.
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