Rischia fino a 25 anni di carcere per aver acquistato un revolver senza dichiarare la sua tossicodipendenza
È la resa dei conti per il figlio del presidente statunitense. Hunter Biden è stato dichiarato colpevole di tutti e tre i capi d’accusa nel processo a suo carico per violazione della legge federale sulle armi. Nello specifico, le incriminazioni riguardano l’occultamento all’Fbi e al venditore di armi in merito alla sua dipendenza dagli stupefacenti, una condizione che gli avrebbe precluso l’acquisto di un revolver Colt.
Il giorno prima, il pubblico ministero Leo Wise aveva dichiarato durante il dibattito di essere in grado di fornire prove della colpevolezza del figlio del capo della Casa Bianca, definendole “personali, spiacevoli e stupefacenti”. Secondo lui, l'imputato sapeva che stava facendo uso di crack e cocaina durante il periodo accusato.
La settimana scorsa, durante il processo presso il tribunale del Delaware, il pubblico ministero ha mostrato alla giuria diversi video ottenuti dai dispositivi elettronici di Hunter Biden. Secondo la CNN, uno di questi lo ritrae con in mano quella che sembra essere una pipa per fumare, mentre un altro mostra una "sostanza bianca su una bilancia". Nello stesso giorno, ha testimoniato l'agente speciale dell'FBI coinvolto nelle indagini, il quale ha dichiarato che l'imputato ha inviato un messaggio in cui affermava di aver fumato crack e cocaina pochi giorni dopo aver acquistato una pistola.
Tra le testimonianze raccolte nei giorni scorsi spicca quella dell’ex fidanzata, Zoe Kestan, secondo cui durante la loro relazione il figlio del presidente "fumava crack ogni venti minuti". Anche l’ex moglie, Kathleen Buhle, ha confermato che quando faceva uso di droghe "non era se stesso", aggiungendo che Hunter si era rifiutato di intraprendere un percorso di recupero. Nell’arringa finale, i rappresentanti dell’accusa hanno sintetizzato: "Biden faceva uso di droghe, era dipendente dal crack e possedeva una pistola. Questo è contro la legge". L'avvocata di Hunter, Abbe Lowell, ha sostenuto che mancava la prova "oltre ogni ragionevole dubbio" che il figlio del presidente avesse mentito consapevolmente al momento di compilare i moduli. "Siamo ovviamente contrariati dal verdetto, ma rispettiamo la giuria e continueremo a sostenere tutti gli argomenti in favore di Hunter, come abbiamo fatto nel corso di questo processo", ha dichiarato la legale.
Joe Biden
Il secondogenito del presidente Joe Biden rischia ora fino a 25 anni di carcere e una multa di 750.000 dollari, ma potrebbe essere solo l’inizio del suo calvario.
L’imputato sarà infatti coinvolto in un processo per evasione fiscale nello stato della California. È la prima volta che il figlio di un presidente americano in carica viene processato e l’eccezionalità del fatto è amplificata dal suo coinvolgimento in questioni geopolitiche di rilievo che riguardano la guerra in Ucraina.
Tutto ha inizio Il 13 maggio 2014, appena due mesi dopo il colpo di stato Usa di piazza Maidan, quando la società Burisma Holdings, operante in Ucraina come holding di numerose imprese attive nel settore dell'esplorazione, produzione e vendita di gas naturale e petrolio, confermò la nomina di Hunter Biden nel suo consiglio di amministrazione. Consiglio nel quale già era presente Devon Archer, (presidente del Comitato di sostegno per la campagna presidenziale dell’allora segretario di Stato, John Kerry) cooptato nella società poche settimane prima. Biden era allora vicepresidente degli Stati Uniti.
Archer aveva fondato la Rosemond Seneca Partners, per consulenze finanziarie e politiche, dei cui Hunter Biden era direttore.
Secondo l’Anti-Corruption Action Center, dal 2011 Burisma Holdings appartiene all’oligarca ucraino Igor Kolomojskij, l’uomo che avrebbe finanziato, molti anni dopo, l’elezione del Presidente Volodymyr Zelensky.
Kolomojskij era anche il maggior azionista di Privat Bank, un istituto di credito coinvolto nel traffico illegale di armi e nel riciclaggio di capitali mafiosi. Le dimensioni di questo mercato sotterraneo erano così imponenti che il 5 marzo 2021, il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, ha annunciato l’imposizione di sanzioni contro l’oligarca, con l’accusa di corruzione internazionale.
Hunter Biden era anche uno dei più stretti collaboratori del presidente del National Democratic Institute for International Affairs (Ndi), un’organizzazione creata dal governo Usa come emanazione del National Endowment for Democracy (Ned), con lo scopo di canalizzare contributi e donazioni miranti a “rafforzare la democrazia” in centoventicinque diverse nazioni.
In sostanza, stiamo parlando di un personaggio coinvolto nella “fabbrica della delle rivoluzioni colorate” che è esplosa in tutto il mondo dagli anni 2000 in poi.
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