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di Jamil El Sadi

A 100 anni dall’omicidio del deputato socialista, Marco Lillo intervista Mauro Canali in uno speciale di “Loft produzioni”

Nel centenario dell’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti, ucciso da un commando fascista il 10 giugno del 1924, il giornalista de Il Fatto Quotidiano, Marco Lillo, ha intervistato lo storico Mauro Canali, autore del saggio “Il delitto Matteotti” (ed. Il Mulino), da poco in libreria con la versione aggiornata. Il professore Canali è anche curatore della mostra “Giacomo Matteotti. Vita e morte di un padre della democrazia” inaugurata a Roma a Palazzo Braschi il 29 febbraio e aperta fino al 16 giugno.
Prodotta da "Loft produzioni" e divisa in tre parti (Il mandanteIl moventeEsserne degni) l’intervista ripercorre le ricerche compiute da Canali che lo hanno portato ad affermare una verità diversa da quella raccontata finora. Ma non per questo storicamente infondata. Ovvero, che il delitto Matteotti fu un omicidio premeditato, ordinato, oltre che rivendicato, da Benito Mussolini in persona per coprire uno scandalo affaristico che coinvolgeva il Duce e suo fratello Arnaldo, l’affarista di famiglia. Di questo, spiega Canali durante l'intervista, non solo vi è prova documentale bensì anche altri fattori che rendono il discorso di Matteotti del 30 maggio un movente, ma non il principale. E di certo non l'unico.


Un salto nella storia

Il 10 giugno del 1924 Matteotti fu vittima di un'imboscata. Venne picchiato e caricato su un’auto appena fuori casa. Il commando era composto da cinque persone che facevano parte della Ceka, la polizia politica agli ordini del duce: Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria, Amleto Poveromo e Amerigo Dumini.
Quest'ultimo era il capobanda. Si trattava di un fiorentino nato negli Stati Uniti da padre italiano e madre britannica. Era rientrato in Italia con la famiglia nel '13 per poi arruolarsi volontario nel Regio Esercito. Durante la Grande Guerra andò al fronte. Dumini fu tra i fondatori e caporioni del “Fascio fiorentino”. Iniziò così la sua carriera criminale.
Il 22 maggio 1924 il commando per uccidere Matteotti venne convocato a Roma, come testimonia un documento di pernottamento in un Hotel capitolino.


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Mauro Canali © Imagoeconomica


Il primo progetto era uccidere Matteotti a Vienna, dove si sarebbe recato per un congresso socialista. Gli veniva sempre rifiutato il passaporto ma il 4 giugno gli venne concesso, Matteotti all’ultimo decise però di non andare. A questo punto scattò il piano B, che però restrinse drasticamente il tempo a disposizione. Matteotti si era iscritto a parlare alla Camera per mercoledì 11 giugno e andava fermato prima. Altrimenti rischiava di rivelare "l'altra verità".

L'altra verità

Nel 1924 erano due le grandi potenze internazionali: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. E si contendevano una grossa partita sul territorio italiano. La disputa, infatti, riguardava la concessione a trivellare per cercare petrolio italiano. Al tempo, mentre il monopolio sul carbone era in mano agli inglesi, a farla da padrone sul petrolio - e quindi anche sulla benzina - erano gli statunitensi con la Standard Oil: colosso che possedeva il maggior numero di fonti petrolifere al mondo. Un trust che aveva una filiale italiana sotto il nome di Siap.
Per questo motivo la possibilità che la concessione petrolifera italiana venisse data in mano agli inglesi rappresentava un pericolo per gli Usa. Da qui la decisione di muovere alcune pedine in loro favore. Ed ecco che la Sinclair Oil - una compagnai Usa minore - ottenne in esclusiva la concessione petrolifera per la ricerca del petrolio in Italia.
Matteotti intuì qualcosa e venne a conoscenza di milioni pagati dalla Sinclair Oil direttamente nelle tasche del Duce. Ma le conferme le poteva avere solo al di là della Manica. Decise così di andare a Bruxelles per un convegno. Terminato l'impegno politico Matteotti scomparve da Bruxelles per poi riapparire - giornalisticamente parlando - a Londra dal 24 al 26 aprile 1924. Forte dei suoi sospetti sulla concessione alla Sinclair Oil, nella capitale inglese Matteotti si incontrò con il partito laburista per discutere della questione. E terminata la sua missione fece ritorno in Italia.
Degli incontri fatti e degli argomenti discussi ne diede contezza, tra gli altri, l'organo del partito laburista, il giornale Daily Herald il quale, a una settimana dall'omicidio Matteotti, pubblicò un articolo in cui confermava l’incontro tra il deputato socialista e il partito inglese. Annunciando, inoltre, che una volta tornato in Italia Matteotti avrebbe denunciato che l'accordo petrolifero tra la Sinclair Oil e il governo fascista era basato su una corruzione.
Una vicenda di petrolio e tangenti, dunque, che il deputato socialista aveva scoperto. E che, se non fosse stato ucciso, avrebbe denunciato alla Camera dei Deputati. Probabilmente dicendo: "Il Re è nudo".

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