In base a un articolo pubblicato da 'L'Espresso' a firma di Simona Zecchi e Tommaso Ricciardelli, Antonio Mazzei, campano addentro agli ambienti criminali ma ritenuto vicino ai Servizi, nel 2005 avrebbe acquistato una BMW la cui targa potrebbe coincidere per quattro elementi con quella fornita dal controverso collaboratore di giustizia Pietro Riggio. Dal 2000 al 2005 di quell'auto si era persa ogni traccia; circostanza inquietante dal momento che il veicolo è al centro di alcune vicende tutte da chiarire che vedono come protagonista l'ex poliziotto e 007 Giovanni Aiello. Ma andiamo per ordine.
Nei verbali delle deposizioni di Riggio al processo d'Appello Trattativa Stato-Mafia si parla di uno di questi incontri in cui era presente anche l'ex poliziotto Giovanni Peluso (accusato dallo stesso Riggio di aver avuto un ruolo nella strage di Capaci; in seguito il caso è stato archiviato):“In un primo momento non lo avevo identificato, poi lo riconobbi in Giovanni Aiello, faccia di mostro. Fu proprio Angelo Schillaci (capo provinciale di Cosa Nostra) a sollecitarmi per andare all'incontro. Mi disse che già conoscevo le persone. Poi fui contattato da Peluso. Ci incontrammo a Resuttano. Ricordo che venne a bordo di una BMW, accompagnato da un'altra persona con il volto deturpato, come una sorta di sfregio, e una donna (presumibilmente Marianna Castro, di origine libica ed ex compagna di Peluso, che ha smentito categoricamente la ricostruzione). Questa scese dalla macchina per un attimo. Aveva i capelli lunghi, la carnagione olivastra e i pantaloni mimetici. Le prime parole furono di Peluso che disse: 'La vuoi finire? Non lo sai che i carabinieri riferiscono tutto? Non hai capito qual è il gioco?' E l'uomo, che si presentò con il nome Filippo, aggiunse che se non era per Peluso che mi voleva bene in quel momento già non c'ero più”. La targa di quella BMW venne ricordata da Riggio e gli accertamenti indicarono che si trattava di un veicolo corrispondente a un contadino estraneo a tutto. Ma, come risulta a L'Espresso, in effetti nel 2005 Mazzei acquistò un'auto di quel tipo con una scrittura privata. Curiosa coincidenza dal momento che, come riportato da L'Espresso, dal 2000 al 2005 di quell'auto e della targa al PRA si sono perse le tracce. Questo dettaglio potrebbe riaccendere i riflettori sulla figura di Riggio e sulla veridicità delle sue dichiarazioni rese durante i processi.
La figura di Riggio
L'articolo de L'Espresso prende in esame la figura del collaboratore di giustizia: ex agente della polizia penitenziaria ed ex membro della famiglia nissena dei Madonia poi cooptato dalla DIA per fornire informazioni dall'interno di Cosa Nostra sulla cattura di Bernardo Provenzano, divenendo così la 'fonte Ugo'. Davanti ai magistrati aveva riferito una rivelazione fattagli da Vincenzo Ferrara, cognato del boss Piddu Madonia. Riggio sostiene di avere appreso che “Dell'Utri (braccio destro di Silvio Berlusconi e senatore di Forza Italia, ndr) era la ragione di tutti i mali di Cosa Nostra, dalla creazione del nuovo partito alle stragi in Continente”: sarebbe infatti stato proprio Dell'Utri, a detta dell'interlocutore di Riggio, a indicare i luoghi che furono bersaglio delle bombe di Cosa Nostra nel 1993. Lo ripetiamo: queste rivelazioni, a maggior ragione costituendo il contenuto di testimonianze indirette, devono necessariamente trovare tutti i riscontri del caso per poter essere rilevanti a livello processuale. Da confidente carcerario ha dato alcune informazioni il cui peso verrà valutato diversamente dagli investigatori. “Lui doveva solo riferire quello che sapeva. Era una fonte ed aveva parenti mafiosi. Doveva essere un ectoplasma ed allargarsi nel territorio. Cosa chiedeva in cambio? Di essere reinserito nella polizia penitenziaria. Le sue informazioni non erano false, ma riguardavano personaggi di primo piano. Venivano fuori anche riferimenti a persone con precedenti penali e quelle informazioni andavano sviluppate. Anche se poi non ci portarono a Provenzano” aveva dichiarato Angiolo Pellegrini, generale dei carabinieri in pensione ed ex capocentro della DIA a Reggio Calabria, Roma e Palermo durante il processo d'Appello Trattativa Stato-Mafia. Processo nel quale era stato sentito anche Riggio e le sue dichiarazioni, per certi aspetti, hanno arricchito la ricerca, ancora in corso, sui cosiddetti mandanti esterni degli eccidi del 1992-1993.
Le donne delle stragi
Altro capitolo preso in esame da L'Espresso è inerente alla presenza di donne nei teatri delle stragi del '92 - '93. Gli autori dell'articolo hanno preso in esame il recente libro del giornalista Massimiliano Giannantoni, Le donne delle stragi, edito da Chiarelettere, riportando che la presenza femminile nel tempo è decisamente cospicua, e ancora tutta da accertare. Il lavoro è stato arricchito con il contributo del criminologo Federico Carbone, consulente tecnico di parte e delle procure in alcuni procedimenti. Tra le diverse novità presenti nel libro, si legge, anche i nomi e le funzioni di cinque signore mai emersi nella pubblicistica dell'ultimo periodo sul tema-stragi del biennio '92-'94. Questi particolari agenti sarebbero riconducibili alla VII divisione del Sismi (oggi Aise), più direttamente coinvolta in Gladio. Quest'ultima struttura, nata nel '56 dall'accordo tra gli USA e l'Italia, è stata rivelata da Giulio Andreotti solo nel 1990. L'Espresso ha fatto i nomi di Anna Maria, Nadia, Francesca, Michela e Vania, tuttora viventi e qualcuna operativa, dopo l'attentato di via Palestro a Milano del 27 luglio, sono state indirizzate ad altri settori insieme con altri "gladiatori".
Fonte: L'Espresso
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