Abbiamo avuto già modo di affrontare l’argomento; anche perché questa destra illiberale e padrona dell’Italia non perde occasione per inveire contro coloro ai quali piuttosto dovremmo tributare i più continui ringraziamenti per i rischi che corrono in ogni momento di ogni giornata. Tutto questo per liberarci di quella sciagura denominata “mafia” e di quell’ inghippo chiamato “mafia-politica” che, giorno dopo giorno, incombe sulla nostra vita.
Abbiamo seguito con molto interesse i commenti espressi da più parti (giuristi, economisti, sociologi, magistrati) – io stesso ho partecipato all’Arena) sulle motivazioni della sentenza del processo Stato-mafia. Tanti, tantissimi, hanno sentito la necessità di intervenire e la partecipazione a questa sorta di seminario virtuale ha contato sempre più numerose adesioni soprattutto quando, nella discussione, è intervenuto il Sostituto procuratore Nazionale, Nino Di Matteo che, con dovizia di particolari ci ha spiegato il senso di quelle motivazioni non risparmiando di evidenziare una posizione critica nei confronti dei giudici di Cassazione.
Il dottore Nino Di Matteo ha partecipato a Milano al festival WikiMafia, e prontamente ha sostenuto quanto segue: “Normalmente le esternazioni del senatore Maurizio Gasparri mi hanno sempre lasciato e tutt’ora mi lasciano indifferente. Si tratta di un esponente politico che da almeno 30 anni, in maniera violenta e scomposta, ha attaccato me e tutti i magistrati che si sono permessi, nel tempo, di indagare o processare i suoi amici o i suoi colleghi dei partiti".
Ma si sa, il senatore Gasparri è fortemente allergico alla magistratura (e soprattutto non si cura), figuriamoci quando quest’ultima si permette di offrire al pubblico letture della sentenza che, a suo modo di pensare, confondono le idee ai cittadini.
Di Matteo è stato molto duro nei confronti di Gasparri. È inconcepibile che in un Paese libero e democratico – come il nostro ancora si definisce – un esponente parlamentare di prestigio entri a gamba tesa nel dibattito, non per rispondere ai commenti – che sarebbe stata in fondo cosa accettabile per via dei benefici che potrebbe portare una dialettica onesta e democratica – ma solo per chiedere l’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di un altrettanto esponente di pregio del potere giudiziario. E solo perché quest’ultimo, in quanto cittadino appartenente alla comunità civile, ha osato commentare la sentenza del processo sulla trattativa fra Stato e mafia; senza tenere conto anche della non trascurabile circostanza che in quanto giudice ha anche lui diritto di esprimere i propri dubbi. Tutto questo lo ha fatto mediante la pubblicazione di un libro intitolato “Il colpo di spugna”. È un libriccino di piccole dimensioni ma dai contenuti tanto interessanti quanto inquietanti, soprattutto per tutti coloro che non hanno vissuto – per convincimento o per distrazione – tutte le vicende che hanno fatto di corollario al processo in argomento.
Gasparri (che ovviamente deve avere letto il libro) non ha digerito bene le critiche scritte dal magistrato e, piuttosto che rispondere nel merito magari alla ricerca di un dibattito, ha preferito adottare metodi autoritari, fortemente coerenti con la politica assolutistica condotta dall’attuale Governo in carica.
E così mette in scena una delle sue solite pantomime sconclusionate per attirare l’attenzione della collettività (e poi, si sa, siamo in campagna elettorale ed una sceneggiata non guasta mai). Ma adesso ritorniamo ai fatti.
Nino Di Matteo ha poi rinforzato la dose sostenendo la sua piena soddisfazione per la scelta del titolo del libro. Perché nessuno potrà mai sostenere che quella sentenza non sia stata un effettivo colpo di spugna di tutte quelle verità, tutte conclamate in primo e secondo grado e che potevano essere assai pericolose.
“Tutti assolti per non avere commesso il fatto”. Così ha sentenziato la Corte di Assise di Appello di Palermo.
Orbene, se ad una legittima critica di una sentenza si risponde con la richiesta di provvedimenti disciplinari; se poi il destinatario di tali eventuali provvedimenti è un soggetto togato e l’autore della richiesta è invece un membro del parlamento della Repubblica facente parte del potere politico, vuol dire, in prima battuta che si è creato un conflitto fra potere politico e potere giudiziario; che la richiesta al Ministro della Giustizia Nordio, altro non è che un mero 'atto politico' nel senso più consono del termine (come ripete Nino Di Matteo).
Farei un grave errore e un torto a Di Matteo se non trascrivessi testualmente quanto da lui dichiarato, perché costituisce proprio il nucleo della questione.
L’atto ispettivo “proviene dal capogruppo al Senato di un partito del suo stesso governo. IO credo che sia una questione di interesse generale, perché riguarda la possibilità che un magistrato si esprima in senso critico nei confronti di una sentenza definitiva, quindi non più a processo in corso. E credo che i cittadini avrebbero tutto il diritto di sapere, rispetto ad una sollecitazione e ad una richiesta che proviene da un esponente politico di un partito di governo, qual è l’intendimento del Ministro. Troppo comodo il silenzio. Credo che di fronte a certe questioni, ciascuno debba assumersi le proprie responsabilità e comunicare quella che può essere e sarà la sua decisione di fare o non fare qualcosa”.
Le dichiarazioni di Di Matteo sono giuste, chiare e cristalline. Lui si è assunto le sue responsabilità di fronte ad un atto politico. Ora tocca a Gasparri di venire allo scoperto, magari riconoscendo il proprio errore o spiegandone le effettive ragioni. Ma, considerando che il senatore non lo farà mai, adesso tocca al Ministro Carlo Nordio. “Troppo comodo il silenzio” dice Di Matteo. Ed ha ragione. Troppo comodo, ora che è scoppiato il caso, lasciarlo cadere nell’oblio in modo che nessuno ne parli più.
Dunque aspettiamo. Aspettiamo di conoscere l’eventuale imbarazzo di Nordio o aspettiamo di sapere se avrà dato luogo a quegli accertamenti richiesti magari tirando fuori dal cilindro qualche ipotesi di reato per rincarare la dose.
L’atto di Gasparri è solamente vergognoso e indecenti sono le sue richieste e mostra chiaramente come l’intenzione del governo e dell’attuale maggioranza, consista nella ferma intenzione di creare uno stato autoritario nel quale il controllo della comunicazione si presenti come l’elemento essenziale per non dare luogo ad esternazioni da parte delle opposizioni, della stampa, della TV e quant’altro. Ogni atto di insubordinazione deve essere punito, quanto meno accertato perché tutti sappiano che non c’è spazio per il vivere democratico.
Gasparri si è sempre distinto in questa pratica di autoritarismo specialmente quando si tratta di aggredire la magistratura per via di quell’allergia congenita che lo affligge irreparabilmente. Lo aveva fatto tempo addietro nei confronti del magistrato Luca Tescaroli (titolare dell’inchiesta sulle stragi del 1993 nella quale erano coinvolti Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri).
Ora va punito Di Matteo – dice il senatore – perché si è imbarcato in una serie di valutazioni riguardanti la sentenza sul processo trattativa Stato-mafia che potrebbero essere intese come gravi insinuazioni lesive del prestigio della Suprema Corte di Cassazione.
Ma non è neanche questo. La verità è che Gasparri ha paura dell’opinione pubblica e il suo timore è quello che attraverso la voce di Di Matteo e di altri come lui, possa attecchire un sistema di informazione nella comunità civile che farebbe perdere all’esecutivo il controllo sulla comunicazione.
E comunque non dimentichiamo che il senatore è capogruppo al Senato del partito di Silvio Berlusconi; partito fondato da Marcello Dell’Utri, condannato a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Proprio quel Marcello Dell’Utri che era stato il garante dell’incolumità dell’ex cavaliere per avere stretto accordi con Cosa Nostra. D’altronde sono le stesse sentenze che ci informano sul ruolo di Dell’Utri con le organizzazioni criminali anche attraverso Vittorio Mangano, assunto da Berlusconi.
Potrei fare tanti altri esempi di fatti raccontati dal giudice Di Matteo al giornalista Saverio Lodato che lo intervistava. Ma, per il momento mi fermo qua, conscio del fatto che avremo chissà quante altre occasioni di riaprire l’argomento.
Comunque è sufficiente andare a leggere quel “libriccino” che personalmente tengo sempre a portata di mano sulla mia scrivania perché lo considero un vero “totem” straripante di contenuti precisi, nonché rappresentativo di significati simbolici che è nostro compito diffondere nella società civile. L’invito è comunque a leggere questo libro e a diffonderlo tra la gente a dispetto del senatore Gasparri e delle sue crisi allergiche.
Foto © Imagoeconomica
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