L'intervento del procuratore aggiunto di Catania in Commissione giustizia alla Camera
La nuova proposta di legge di 'concessione della liberazione anticipata e disposizioni temporanee concernenti la sua applicazione' del deputato di Italia Viva Roberto Giachetti non farebbe distinzione tra coloro che sono in carcere per reati minori e per chi è stato incarcerato per associazione mafiosa o altri più gravi come violenze sessuali, stalking e altri crimini contro la persona, nonché quelli contro la pubblica amministrazione.
Al momento, in caso di buona condotta, il detenuto avrebbe diritto a un abbuono di 45 giorni ogni 180 di detenzione: in pratica un mese e mezzo di sconto ogni sei trascorsi in carcere. La proposta di Giachetti vorrebbe portare il bonus a 60 giorni, due mesi ogni sei. E per i prossimi due anni, addirittura, i giorni di sconto sarebbero addirittura 75: vuol dire che un anno di condanna sarebbe pari ad appena sette mesi trascorsi effettivamente in carcere. I 75 giorni di sconto, tra l’altro, sarebbero concessi anche ai condannati che hanno usufruito della liberazione anticipata a decorrere dal primo gennaio 2016. Quindi agirebbe in modo massivo.
Questo significa che chi è stato in carcere per sei o più anni avrebbe un'ulteriore riduzione della pena, con un effetto simile a un indulto di un anno.
"Questo tipo di provvedimento non è un indulto mascherato, è un indulto che si applica a coloro i quali hanno una permanenza più o meno lunga in carcere; più lunga è la permanenza antecedente, più rilevante l'effetto dell'indulto".
Lo ha detto il procuratore aggiunto di Catania, Sebastiano Ardita, ascoltato in commissione Giustizia nell'ambito dell'esame della proposta di legge. "Questa normativa - ha detto - non prevede sbarramenti o preclusioni, né per le associazioni mafiose, né per i regimi ostativi che normalmente non sono stati considerati mai inclusi in queste riforme; non prevede alcun tipo di valutazione con riferimento alla parte trascorsa, in tutto o in parte, della misura alternativa".
I dati del Ministero della giustizia parlano chiaro: abbiamo sostanzialmente, tenendo conto dei parametri, "23 mila detenuti nell'arco di un anno e nove mesi" che usciranno dal carcere. "La gran parte di questi - ha detto il magistrato - oltre alla metà, uscirebbero subito in applicazione di quell'effetto indulto di cui ho parlato prima. Gli altri uscirebbero scaglionati fino a quello che è entrato ieri e deve scontare tre anni pieni".
"Questi sono provvedimenti che costano; non si vedono i costi ma ci sono. Buttare a mare il lavoro dei tribunali e assumersi il rischio di reati che, statisticamente, sono commessi dopo fatti o dopo provvedimenti di tipo indultorio, è un dato certo". "Sono provvedimenti - ha detto - finalizzati a dialogare con la popolazione detenuta e a lanciare dei messaggi, ma gli effetti finali non sono quelli che servono a risollevare le sorti del mondo penitenziario; sono altri gli strumenti che servono a questo scopo", ha ribadito. "La popolazione detenuta - ha specificato - è molto attenta a quello che accade nel mondo pubblico, quindi un'iniziativa del genere significa lanciare un messaggio di difesa di quelle che sono, in questo momento, le ragioni comparative. Purtroppo, i messaggi mafiosi nella storia del mondo pubblico sono stati lanciati nel passato".
E ancora: "La storia dei rapporti tra il mondo pubblico e quello della popolazione detenuta è fatta anche di messaggi di questo genere, di rassicurazione, quindi non sono cose campate per aria" ha dichiarato Ardita aggiungendo "che se si lavora per migliorare le condizioni dei detenuti, occorrerebbe guardare a quelle che sono le condizioni di fondo della vita di tutti i detenuti, soprattutto i più poveri, i più disgraziati, perché queste norme finiscono per andare ad avvantaggio di soggetti che sono i potenti che stanno in carcere".
Automatismo per scarcerare ma non per l'ergastolo ostativo
Questa legge, come ha spiegato Ardita, rintroduce un automatismo per il quale è stato "riprodotto un meccanismo per cui non commettere infrazioni disciplinari equivale a meritare la liberazione anticipata" cioè "consentirebbe a coloro i quali non hanno commesso infrazioni disciplinari, o meglio, a coloro i quali non sono risultati soggetti a cui è stata inflitta una sanzione disciplinare".
Giovanni Melillo © Imagoeconomica
Una situazione paradossale dal momento che era stato tolto l'automatismo per l'ergastolo ostativo che impediva l'accesso ai benefici penitenziari per coloro che non collaboravano con la giustizia.
"Quell'automatismo era finalizzato a salvare persone innocenti da possibili reati che potevano essere commessi da gente che ne aveva commessi di molto gravi, rispetto ai quali si riteneva non fosse giusto un'uscita dal carcere senza la collaborazione con la giustizia" ha detto.
Giovanni Melillo: liberazione anticipata non sia applicata per mafia e terrorismo
Le misure previste dalla proposta di liberazione anticipata speciale, che hanno come presupposto il contrasto al sovraffollamento delle carceri, non devono essere applicate ai detenuti per reati di mafia e terrorismo. E' quanto ha sostenuto il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo. "L'emergenza sovraffollamento sotto gli occhi di tutti, non sorprende che Parlamento voglia assumersi responsabilità tutta politica di aumentare in via ordinaria la durata della riduzione di pena prevista nel caso di partecipazione attiva del detenuto all'opera di rieducazione", ha detto Melillo. "Se il presupposto del provvedimento è la grave condizione di sovraffollamento del sistema carcerario occorre che le valutazioni del Parlamento siano considerati obblighi di coerenza sistematica", ha sottolineato. Ma "l'aumento del beneficio da 45 a 60 giorni non ha alcuna ragione di riguardare i detenuti per criminalità organizzata e terrorismo. Nel regime di alta sicurezza non c'è alcun problema di sovraffollamento né alcuna compressione della dignità della condizione del detenuto". Anche le misure adottate dopo la sentenza Torreggiani, con cui la Cedu condannò l'Italia per la condizione delle carceri, "esclusero dall'ambito di applicazione per rafforzate l'effetto premiale della liberazione anticipata speciale i reati di mafia e terrorismo", ha ricordato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, "esclusione che la Cassazione ha considerato coerente con principi costituzionali". Dunque "non ha senso includere i detenuti per mafia e terrorismo nell'ambito applicativo della misura straordinaria che si vorrebbe adottare temporaneamente oggi". Melillo ha poi rilevato come non abbia senso anche applicare le misure a chi è in detenzione domiciliare o ha una pena alternativa al carcere, e ha evidenziato "criticità" nella previsione che attribuisce la competenza sulla concessione ai direttori degli istituti, considerato "un passo indietro nella cultura della pena". I detenuti, a suo giudizio, dovrebbero "essere informati all'inizio dei vantaggi di una attiva partecipazione ai programmi di riabilitazione" e i magistrati di sorveglianza dovrebbero "adottare una sola decisione nella fase finale, evitando il moltiplicarsi dei fascicoli e avendo un quadro complessivo dei comportamenti del detenuto".
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