Non si tratta solo di "aggiornare la Costituzione, come si dice candidamente", ma di un "rovesciamento dalla democrazia partecipativa e dai suoi presupposti, a favore di un sistema di autocrazia elettiva illiberale che della democrazia ha la scorza, ma non la sostanza. Proprio questo, di questi tempi, piace a qualcuno e c’è poco da dirgli. Ma, coloro ai quali questo non piace affatto hanno molti motivi per opporsi".
Così il celeberrimo costituzionalista non che ex presidente della Consulta Gustavo Zagrebelsky su 'Repubblica' in merito alla riforma del premierato che mira a introdurre la votazione diretta del capo del governo.
"Sembra un dono, ma è un raggiro" ha commentato Zagrebelsky, "ma, a quale prezzo? Qualunque elezione diretta si risolve necessariamente in una mobilitazione e in uno scontro a due, da una parte o dall’altra. Così, il menu presentato agli elettori è assai povero e molti potrebbero non trovarvi qualcosa di gradito. Vale la pena scambiare il diritto di partecipazione democratica, cioè il pluralismo, per un piatto di lenticchie già bell’e pronto e pre-cucinato dagli stessi cuochi di cui si dice di voler limitare l’influenza per aumentare quella degli elettori? Vale la pena? Voi riformatori, pensate davvero di rianimare così la partecipazione dei cittadini e di combattere l’astensionismo di chi preferisce il digiuno?"
I sostenitori della riforma argomentano che ci sarebbe solo da guadagnare ma, in sostanza, si arriverebbe a potenziare "l’autorità al vertice e indebolire la partecipazione politica alla base".
"Inoltre - ha continuato - l’elezione dei governanti, secondo la democrazia rappresentativa, deve per l’appunto farne dei 'rappresentanti' a seconda della misura del consenso elettorale ottenuto. Ognuno ha il suo compito da svolgere, maggioranza e opposizione. L’elezione diretta del capo è una cosa completamente diversa: è una specie di mobilitazione per la vittoria. Se si credesse che questa sia libertà, vorrebbe dire che si è pronti a credere qualunque cosa". "Subito dopo la spinta vittoriosa, infatti, si ritornerebbe a non contare più niente, fino alla prossima occasione", ha aggiunto ribadendo che "la democrazia non si può esaurire in un solo momento, passato il quale ci si consegna in mano a colui che ha mostrato la sua forza maggiore. In democrazia, il più forte non ha necessariamente ragione, a meno di non credere alla legge di Trasimaco, l’antagonista di Socrate: giusto è l’interesse del più forte".
Infine, ha spiegato l'ex presidente della Corte Costituzionale, la riforma del premierato affonda le sue radici nel supposto "bisogno di governabilità", un bisogno a cui l'attuale dirigenza politica vorrebbe soddisfare ricalcando il vecchio progetto di "rafforzare gli esecutivi; indebolire le assemblee elettive; ridurre l’azione dei sindacati alla contrattazione aziendale; alleggerire i diritti e le protezioni sociali; ridimensionare i controlli costituzionali e giurisdizionali".
Fonte: repubblica.it
Foto © Imagoeconomica
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