Il Procuratore generale di Cagliari interviene sulla Riforma della giustizia
Dall'abuso d'ufficio, alla separazione delle carriere, fino all'uso delle intercettazioni. Sono tanti gli argomenti sul tavolo in questi anni di continue riforme della giustizia. Temi che da sempre sono anche motivo di forte scontro tra la magistratura ed il Governo che continua a introdurre normative, spesso discutibili. Luigi Patronaggio, procuratore generale di Cagliari con una lunga esperienza come magistrato antimafia, ed essere stato procuratore di Agrigento è stato intervistato da L'Unione Sarda, ed ha detto la sua auspicando che non debba esserci alcun "conflitto tra poteri dello Stato", nel rispetto della Costituzione.
Sullo scontro Patronaggio ha affermato: "Non vedo alcuna aggressione da parte della magistratura. Vedo, viceversa, una certa insofferenza verso alcuni provvedimenti giudiziari che incidono sui diritti fondamentali della persona che possono essere anche aspramente contestati e impugnati, come consentito dall’Ordinamento, ma che non autorizzano aggressioni mediatiche ai loro estensori".
A chi sostiene che tra i magistrati vi sia la volontà di interpretare il ruolo di una sorta di polizia morale il Pg replica con fermezza: "La morale non ha nulla a che vedere con il diritto positivo e le due sfere devono rimanere separate. La magistratura, peraltro, dopo il caso Palamara non può certo ergersi a paladina della morale pubblica. D’altra parte, è vero che l’incapacità della classe politica di darsi dei codici etici interni ha permesso a qualche magistrato di estendere il doveroso controllo di legittimità fino al confine degli atti politici che pacificamente non sono sindacabili. I magistrati, come tutti i cittadini, hanno le loro idee politiche e questo, se confinato all’interno della elasticità consentita dall’attività interpretativa della norma, è legittimo, non ha nulla di scandaloso e negarlo è operazione ipocrita e intellettualmente scorretta. Illegittimo è strumentalizzare la funzione ed esternare pubblicamente le proprie idee politiche. Secondo l’insegnamento del compianto Giudice Livatino: 'il magistrato oltre che essere deve anche apparire indipendente'".
Alla domanda se la magistratura fa politica con un tentativo di condizionare il Parlamento ha evidenziato come "per avere una risposta basta guardare l’attuale composizione del Parlamento, dove nessun magistrato in servizio si è candidato e dove sono presenti solo due ex magistrati a fronte, solo per fare un esempio, di ben 73 avvocati e 42 imprenditori".
Quindi ha affrontato i punti della riforma della giustizia. "La separazione delle carriere, peraltro di fatto nella sostanza già esistente, è nulla di più che un tributo ideologico-formale a un sistema accusatorio puro - ha sostenuto Patronaggio - Non ci sarebbe nulla di cui allarmarsi se non fosse il preludio alla introduzione della dipendenza del Pm dall’esecutivo e alla introduzione della discrezionalità dell’azione penale. È un rischio che allo stato il nostro Paese non può correre perché è troppo forte la tentazione di taluni poteri di condizionare la magistratura nel suo insieme. Senza forti garanzie costituzionali per il Pm, come quelle che assistono i Giudici quali indipendenza, autonomia e inamovibilità, il sistema subirebbe degli inammissibili condizionamenti di parte che mortificherebbero la democrazia e l’uguaglianza in senso sostanziale dei cittadini di fronte alla Legge. Mi sia permesso poi osservare che senza un Pm libero non vi può essere un Giudice libero. Il Giudice infatti conosce come materiale di giudizio solo ciò che il Pm gli offre, pur nel naturale contraddittorio fra le parti, e il compito del giudicante non è certo quello della ricerca della prova".
Per quanto riguarda l’abolizione dell’abuso d’ufficio secondo il magistrato sarebbe "un arretramento sul fronte della legalità come peraltro indicato dal 'Rapporto sullo Stato di Diritto' presentato in luglio alla Commissione Europea. Infatti, a fronte della insufficienza dei controlli amministrativi e delle lentezze, oltre che dei costi, della giustizia amministrativa, il cittadino si vedrebbe spogliato di una importante tutela dagli abusi dei pubblici amministratori. Si pensi al candidato a un concorso pubblico illegittimamente 'scavalcato' da un concorrente raccomandato da parte del 'potente' di turno. O all’imprenditore che perde una gara di appalto perché il politico di turno ha favorito un suo cliente di partito. Infine, si pensi a tutte quelle nomine nei posti apicali della Pubblica amministrazione che talvolta vengono attribuiti con criteri di pura spartizione politica. Argomento, non ultimo, contro l’abolizione del reato di abuso di ufficio è quello sostenuto dalla maggior parte dei Procuratori distrettuali antimafia uditi in Parlamento e cioè che le indagini sull’abuso di ufficio sono un momento investigativo importante per contrastare le infiltrazioni mafiose all’interno della Pubblica amministrazione".
Altro argomento affrontato nell'intervista di Andrea Manunza è l'uso delle intercettazioni. "La materia era stata di recente riformata dalla Legge Orlando con l’introduzione di importanti norme a tutela della privacy - ha ricordato Patronaggio - Si tratta di uno strumento indispensabile per la lotta alla mafia e al terrorismo come ci hanno insegnato le pregresse esperienze giudiziarie. Non meno efficace è il loro utilizzo nel settore dei reati contro la Pubblica amministrazione. Non mi sembra che dalla recente riforma siano emerse condotte censurabili della Polizia giudiziaria o dei magistrati. Il punto critico delle intercettazioni di comunicazioni, che oggi hanno oggettivamente raggiunto da un punto di vista tecnico importanti capacità invasive della sfera più intima delle persone, è il contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla privacy. Restrizioni alla loro divulgazione, specie in relazione alla tutela di persone estranee alle indagini, così come un uso più attento dei captatori informatici, cioè i così detti trojan, sono riforme che possono essere messe a punto senza tuttavia demonizzare lo strumento investigativo, che resta fondamentale per molte tipologie di indagini". Sul ruolo della stampa Patronaggio ha le idee chiare "resta il cane da guardia della democrazia", ma a suo modo di vedere è corretto "che la comunicazione sia gestita dai Capi degli Uffici giudiziari con moderazione e toni adeguati, avendo ben presente il principio di innocenza dell’indagato fino alla sentenza definitiva". "Tuttavia - ha aggiunto - trovo eccessivo sanzionare penalmente i giornalisti, e addossare sempre e comunque agli stessi ogni responsabilità per le fughe di notizie, mentre si potrebbero stipulare dei protocolli con le organizzazioni di rappresentanza della stampa, sia in sede nazionale che distrettuale, per una informazione libera e corretta. Resta purtroppo terreno di vere barbarie la circolazione di notizie sul web a opera di soggetti non qualificati professionalmente, privi di ogni deontologia e spesso portati ad enfatizzare oltre modo la notizia pur di fare audience".
Foto © Deb Photo
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