Il prossimo settembre l'inizio del dibattimento. Imputati Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò, Antonio Talia e Giuseppe Morabito
La gup di Milano Angela Minerva ha rinviato a giudizio Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò, Antonio Talia e Giuseppe Morabito, accusati del sequestro e dell’omicidio della 18enne Cristina Mazzotti, la prima donna a essere rapita il primo luglio 1975 dall’Anonima sequestri calabrese al Nord Italia.
Tutti gli imputati nell’udienza preliminare davanti alla gup Angela Minerva puntavano, dopo il deposito di nuove prove del pm della Dda Stefano Civardi, a essere già prosciolti nella fase pre-dibattimentale.
Il processo, invece si farà ed avrà inizio il 24 settembre 2024 davanti alla Corte di assise di Como.
La giovane diciottenne, prima fu sequestrata a Eupilio (Como) mentre rientrava dalla festa di maturità. Il giorno successivo al padre Helios, un industriale dei cereali agiato ma non così ricco come la banda lo aveva sopravvalutato, furono chiesti 5 miliardi di lire di riscatto, cifra stratosferica per l’epoca.
Dopo un mese il padre riuscì a mettere insieme 1 miliardo e 50 milioni che, come da istruzioni dei rapitori, lasciò in un appartamento di Appiano Gentile a fronte della promessa della liberazione della figlia.
Purtroppo, però, non bastò per salvarle la vita. Il primo settembre, a due mesi dalla sparizione, una telefonata anonima indicò ai carabinieri di scavare in una discarica di Galliate (Novara), dove fu trovato il cadavere.
Stando alle nuove indagini del pm della Dda Stefano Civardi, che ha riaperto il caso (13 persone sono già state condannate in passato), i quattro "con apporti causali anche distinti ma comunque convergenti e in attuazione di un comune progetto criminoso" avrebbero rapito la donna a scopo di estorsione, poi l’avrebbero successivamente segregata in una buca a Castelletto Ticino per un mese "senza sufficiente areazione, senza possibilità di deambulazione, somministrandole massime dosi di tranquillanti ed eccitanti" fino a farla morire.
Secondo l'accusa Morabito sarebbe stato l'ideatore e avrebbe fornito anche un'auto che servì da civetta per segnalare l'arrivo della Mini Minor, con cui la vittima stava rincasando, e per "fare da staffetta verso il luogo" della prigionia.
"La ricerca della verità e della giustizia non si prescrivono mai in un Paese civile - ha commentato all'Agi Fabio Repici avvocato del fratello di Cristina affiancato dall'avvocato Ettore Zanoni che assiste Marina, (la sorella) - Ringraziamo la Procura e in particolare il pm Civardi di avere creduto nella riapertura del caso".
L'indagine è stata riaperta "48 anni dopo", ha ricordato il legale, grazie al libro 'I soldi della P2' scritto dallo stesso Repici assieme ad Antonella Beccaria e Mario Vaudano. Il pm ha riavviato le indagini nel 2020 sulla base della documentazione utilizzata per la stesura del libro che gli è stata consegnata da Repici.
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