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Per i giudici, il boss potrebbe ripristinare i contatti con ambienti mafiosi nel caso in cui uscisse dal carcere duro

Antonino Mangano, il boss di Cosa nostra nominato capo del mandamento guidato anche dai fratelli Graviano, continuerà ad essere sottoposto al regime di isolamento carcerario. Lo hanno stabilito i giudici della prima sezione penale della Cassazione nella sentenza con cui, il 24 maggio scorso, hanno rigettato il ricorso del boss già condannato per diversi reati di mafia, tra cui le stragi del ‘93 a Firenze e Milano. “L’evoluzione della personalità di Mangano - hanno scritto i giudici - si è tradotta in dichiarazioni, scelte e comportamenti che, pur suscettibili di favorevole apprezzamento, non tranquillizzano circa la definitiva ed irreversibile interruzione dei suoi legami con la 'societas sceleris'”. Dunque, Mangano resta al 41bis. Secondo i giudici di ultima istanza, il boss non avrebbe reciso i “vincoli di legame associativo” con gli ambienti criminali di cui è stato leader e per i quali ha commesso “delitti efferati”. Pertanto, resta ancora elevato e concreto il rischio legato alla possibilità che il boss possa riuscire a ripristinare i suoi contatti, oltre che i sodalizi criminali, qualora dovesse uscire dal ‘carcere duro’ per essere introdotto all'interno del circuito penitenziario ordinario.  Per la Cassazione, “il Tribunale di sorveglianza ha compiuto una valutazione ineccepibile della posizione di Mangano, che è stata esaminata alla luce delle note informative trasmesse dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Palermo e Firenze, dalla Direzione Investigativa Antimafia, dalla Direzione Nazionale Antimafia, dal Ministero dell'Interno e dal Comando Generale dei Carabinieri”. Le valutazioni condivise dal Tribunale di sorveglianza sottolineano, infatti, la capacità ancora reale rispetto all’azione violenta e aggressiva in seno alla famiglia di Brancaccio: una consorteria criminale dove, in passato, “Mangano ha assunto ruoli apicali, in quanto asceso al comando dopo l'arresto di coloro che, sino a quel tempo, ne avevano detenuto le leve”. Conseguentemente alla decisione del Riesame di Roma che, un anno fa, ha confermato la proroga per altri due anni del regime 41bis, dal momento che occorrono “elementi in grado di dimostrare in maniera significativa la netta e univoca chiusura con gli ambienti mafiosi”, con la recente valutazione del Tribunale di sorveglianza, anche i giudici della Cassazione hanno precisato che il volontariato a distanza operato da Mangano e la sua regolarità di condotta, non bastano per annullare i rischi che potrebbero favorire i contatti con ambienti mafiosi. Infine, i giudici hanno indicato “come irrilevante e, comunque, non decisiva, la più marcata, ma pur sempre sterile ed astratta, presa di distanza di Antonino Mangano dai modelli e dai valori cui egli ha, in passato, aderito ed uniformato la propria azione e che hanno costituito il retroterra nel quale sono maturati i reati per i quali sono state inflitte le condanne”.

Fonte: Ansa

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