La famiglia: “Ripugnava al senso comune di giustizia che il processo non potesse esserci per l'ostruzionismo della dittatura di al-Sisi”

Si sblocca il processo per l'omicidio del giovane ricercatore friulano Giulio Regeni, in cui sono imputati Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif, tutti appartenenti ai servizi segreti egiziani, potrà andare avanti. Lo hanno stabilito i Giudici della Corte Costituzionale riunita in camera di consiglio, che ha esaminato la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in relazione alla celebrazione del processo per il sequestro e l’omicidio del ricercatore, trovato morto il 3 febbraio 2016 in un fossato lungo la strada del deserto Cairo-Alessandria. In attesa che i Giudici depositino le motivazioni della sentenza, la Consulta precisa che "la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell’imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa".

"Avevamo ragione noi: ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro, le torture e l'uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell'ostruzionismo della dittatura di al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti”, ha commentato la famiglia Regeni, insieme all'avvocato Alessandra Ballerini.


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Da sinistra: Claudio Regeni, Alessandra Ballerini e Paola Deffendi


In effetti, hanno aggiunto, “come ha scritto il Gup Ranazzi nella sua ordinanza 'non esiste processo più ingiusto di quello che non si può instaurare per volontà di un'autorità di governo'. Abbiamo dovuto resistere contro questa volontà dittatoriale per sette anni e mezzo confidando comunque sempre nei principi costituzionali della nostra democrazia”. "Ringraziamo tutte le persone che hanno sostenuto e sosterranno il nostro percorso verso verità e giustizia: la procura di Roma ed in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica, e tutto il popolo giallo".

L’udienza, intanto, sarà fissata entro dicembre. Il gup dovrà prima attendere la notifica delle motivazioni con cui la Consulta ha dichiarato illegittimo l'art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice proceda in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura. Nell'ambito della nuova udienza il giudice Roberto Ranazzi prenderà atto della decisione della Corte Costituzionale che, di fatto, fa uscire dallo stallo il procedimento. Verrà quindi riaperto il dibattimento e in caso di rinvio a giudizio il processo finirà, nel 2024, all'attenzione dei giudici della Corte d'Assise.

Foto © Imagoeconomica

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