"Il corso del tempo non può mai essere un elemento positivo, soprattutto se si tiene conto che stragi e omicidi che hanno funestato il nostro Paese sono stati condizionati da raffinate strategie di depistaggio che ne hanno allontanato la possibilità di arrivare alla verità”. Ad affermarlo è il Procuratore di Reggio Emilia Gaetano Paci, per decenni in prima linea in Sicilia e Calabria contro mafia e ‘Ndrangheta, intervistato da Gianfranco D'Anna per Italpress. Secondo il procuratore è indispensabile alzare il livello investigativo e giudiziario antimafia soprattutto per fare luce sulla zona grigia che ruota attorno alle organizzazioni mafiose. Gli “ibridi connubi” di cui parlò Giovanni Falcone in una celebre intervista. Rapporti alti ed altri tra mafia e mondo legale. "Negli anni sono stati raggiunti importanti risultati sul coinvolgimento, diretto od indiretto, di soggetti di vertice dei nostri servizi di sicurezza, che avrebbero dovuto garantire la sicurezza del Paese, nelle strategie di depistaggio”, ha commentato Paci riferendosi agli incarichi “extra-ordinem e perciò illegittimi conferiti dal Procuratore Sisti di Bologna ai vertici all'epoca della strage e del Procuratore Tinebra a Bruno Contrada. Si pensi inoltre al devastante depistaggio realizzato da Arnaldo La Barbera di cui solo recentemente è emersa l'appartenenza occulta ai servizi. È possibile che altre figure emergeranno, allorquando verranno chiariti i ruoli di coloro che hanno assicurato le coperture dei latitanti di lunga durata, compreso Matteo Messina Denaro".
Per il procuratore, ciò che è certo è che stragi e delitti eccellenti come Bologna, Italicus, dalla Chiesa, Chinnici, Mattarella e La Torre “hanno saldato un collegamento tra entità criminali e statali che hanno caratterizzato la strategia stragista degli anni '90. Iniziata con l'omicidio di Salvo Lima il 12 marzo 1992, è proseguita con un programma che subì una serie di variazioni in corso d'opera, a cominciare dalla stessa strage Borsellino la cui realizzazione fu oggetto di "un'accelerazione" che sorprese persino gli stessi uomini di fiducia di Salvatore Riina”. “Vennero abbandonati alcuni propositi che Cosa Nostra aveva voluto coltivare sin dall'inizio, come gli omicidi di Calogero Mannino, Claudio Martelli e Piero Grasso ed altri se ne aggiunsero - ha aggiunto -. Come le stragi in continente e quelle tentate e realizzate in Calabria tra il '93 e il '94, in cui altre entità assunsero un ruolo decisionale relegando a Cosa Nostra la compartecipazione alla mera esecuzione".
Ora è il momento di imparare dalla storia per non ripetere gli stessi errori, soprattutto con la ‘Ndrangheta che “ha una storia molto complessa, pari a quella di Cosa Nostra”. “Ha potuto contare in modo indefettibile sulle coperture istituzionali a vari livelli, compreso quello giudiziario. Soltanto dalla fine degli anni '90, con il maxi processo Olimpia, e poi con alcuni processi (come Crimine nel 2016 o il recente Gotha, di cui è appena stata depositata la sentenza di primo grado) é stata messa a nudo la sua struttura e il grado ed il livello delle complicità istituzionali di cui ha goduto. C'è stato un ritardo di almeno vent'anni da parte dello Stato nel suo complesso che le ha permesso di crescere e svilupparsi in tutto il mondo".
In merito alla collaborazione con la giustizia, invece, per Paci alcuni boss sono irriducibili ed “è difficile che si pentano perché sono rimasti legati all'ideologia corleonese/ndranghetista della sopportazione del carcere come elemento distintivo, utile anche per accrescere l'autorevolezza criminale dei familiari in libertà”. Altri, invece, “sono in attesa di comprendere quali spazi si apriranno con la riforma dell'ergastolo ostativo e con quelle che ciclicamente, al di là della buona fede dei proponenti, mirano al ridimensionamento dell'apparato di contrasto (si pensi alle intercettazioni, al concorso esterno, alle misure di prevenzione), non escludendo (come è avvenuto nel corso del processo 'Ndrangheta stragista da parte di Giuseppe Graviano) il ricorso a messaggi intimidatori/ricattatori verso quei settori della classe politica ritenuta a loro più vicini". Servirebbe un pentito di Stato anche se, secondo il procuratore, “questa rimarrà un’ipotesi irrealistica sino a quando troveranno copertura o solidarietà politica coloro che hanno avuto responsabilità dirette od indirette nelle stragi".
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