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La denuncia del direttore di “Mow” che ha permesso agli investigatori di trovare la falla nei server dell’Arma

Il consigliere comunale di Mazara del Vallo, Giorgio Randazzo, e il carabiniere Luigi Pirollo, entrambi finiti ai domiciliari con l’accusa di ricettazione, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del gip durante l’interrogatorio di garanzia relativo ai file top secret su Matteo Messina Denaro. Secondo l’accusa, entrambi avrebbero tentato di vendere al fotografo Fabrizio Corona documenti riservati sulla cattura e sulla latitanza del boss stragista. Per la procura di Palermo, Randazzo avrebbe agito di concerto con il maresciallo Pirollo, il quale avrebbe trafugato ben 786 file riservati con informazioni che riguarderebbero la cattura del boss di Cosa nostra, accedendo illegalmente al server dell’Arma. Successivamente, sempre secondo la ricostruzione della procura guidata da Maurizio de Lucia, i due avrebbero tentato di venderli a Corona. Il consigliere e il maresciallo dei carabinieri, infatti, avrebbero proposto l'affare al noto fotografo, assicurandogli uno scoop su Messina Denaro in cambio di 50mila euro. Ma il giornalista Moreno Pisto, direttore del magazine online “Mow”, anche lui coinvolto nella vendita direttamente da Corona, dopo aver dato un’occhiata ai file, ha compreso che i documenti in questione erano di natura riservata e coperti da segreto. Per questo motivo ha deciso di denunciare il tutto alle autorità. Grazie alla denuncia di Pisto, gli investigatori hanno scoperto che i documenti riservati sono stati trafugati dal maresciallo Pirolo, il quale ha lasciato delle tracce che confermano il suo accesso al server della Stazione dei Carabinieri di Campobello. Successivamente, gli inquirenti hanno messo a setaccio le frequentazioni del carabiniere fino ad arrivare al coinvolgimento del consigliere comunale Randazzo. A rappresentare l'accusa - ha fatto sapere Ansa - è il pm della Dda, Piero Padova. Al momento, gli unici indagati sono Pirollo, Randazzo e Corona. Quest’ultimo, al quale sono stati sequestrati cellulare e pc, ha fatto sapere tramite il suo legale, Ivano Chiesa, che si è comportato da cittadino onesto ed è indagato solo per il nome che porta: “Siccome mi chiamo Fabrizio Corona - ha commentato - si sospetta che abbia fatto qualcosa di losco”.

Foto © Imagoeconomica

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