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Paolo Bellini potrebbe fuggire in Ucraina, Paese di origine della sua seconda moglie e là potrebbe far perdere le proprie tracce. O in ogni caso, vista la guerra, chiederne l'estradizione sarebbe molto difficile, trattandosi di fatto di una zona franca in Europa. Lo ha sostenuto davanti al tribunale della Libertà la Procura generale di Bologna, insistendo per il mantenimento della custodia cautelare in carcere per l'ex esponente di Avanguardia Nazionale. "L'Ucraina? E' una baggianata - ha ribattuto parlando con i giornalisti uno dei difensori, l'avvocato Antonio Capitella - andrebbe in Ucraina a morire ucciso, a combattere? A Bologna c'è una fantasia enorme". La primula nera è finita nuovamente in carcere il 29 giugno, su ordinanza della Corte di assise di appello, che ha concordato con la Procura sul rischio di reiterazione del reato, nei confronti dell'ex moglie Maurizia Bonini e del figlio del giudice che ha scritto la sentenza di condanna all'ergastolo per la Strage del 2 agosto 1980. In occasione dell'udienza di Riesame, la Procura generale, con il procuratore reggente Lucia Musti e il sostituto Nicola Proto, è tornata ad evidenziare l'esistenza del concreto pericolo di fuga. L'accusa ha fatto riferimento a una frase di Bellini, intercettata nei mesi scorsi mentre parlava con il figlio della seconda moglie, di nazionalità ucraina: "Mi devi aiutare a uscire... devo scappare... da qui dentro e io te ne sarò grato per tutta la vita". Parole che per la Corte rappresentavano solo uno sfogo, ma che invece la Procura generale valuta in altro modo, sottolineando la nazionalità della coniuge e il fatto che Bellini avrebbe potuto realmente usufruire di tale opportunità, approfittando delle difficoltà dell'estradizione da quel Paese verso l'Italia. Tra le nuove carte depositate per l'udienza (a cui Bellini ha rinunciato a comparire), c'è poi un'intercettazione ambientale del 26 giugno, tre giorni prima dell'arresto. Nella sua auto, Bellini è stato registrato mentre si riferiva all'ex moglie, testimone chiave nel processo sulla Strage di Bologna, dicendo: "D'accordo per quarant'anni poi adesso non mi copre più... perché io non la copro più". La conversazione è stata trasmessa dalla Dda di Firenze, che indaga per le stragi del 1993. Secondo la Procura generale bolognese la frase in questione è altamente significativa della piena consapevolezza di Bellini della situazione processuale e si tratta di una confessione indiretta, assumendo rilievo anche sotto l'aspetto del pericolo di fuga. Di tutt'altro avviso la difesa: "Abbiamo chiesto che venga accolto il Riesame perché riteniamo che Bellini, non avendo più commesso reati per 24 anni, non è più la persona di 24 anni fa. Di conseguenza non è più pericoloso come prima", ha detto l'avvocato Capitella. I giudici si sono riservati, la decisione arriverà nei prossimi giorni.

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