"La direzione centrale della Dia faceva pressioni affinché indagassimo sull'editore e sul direttore di 'Live Sicilia' Giuseppe Amato e Francesco Foresta, ma anche su Pasquale Foresta, padre di Francesco. Dalle indagini non emerse nulla di particolare". L'ha detto il generale dei carabinieri in pensione, Alberto Tersigni - all'epoca dei fatti in servizio alla Dia di Palermo - deponendo come teste nel corso dell'udienza del processo sul cosiddetto Sistema Montante, che si celebra a Caltanissetta nei confronti di 30 imputati. Tra questi l'ex leader di Confindustria Sicilia Antonello Montante. "A contattarmi - continua Tersigni - fu Nicolino Pepe che era alla Dia di Roma a capo della prima divisione del secondo reparto investigazioni giudiziarie. Mi dissero di fare una scheda identificativa in maniera celere. Emersero pochissime notizie, stringate, e non c'erano elementi significativi per avviare un'indagine. Venni contattato anche dal colonnello Giuseppe D'Agata". Quest'ultimo è uno degli imputati del processo. Il testimone ha proseguito sostenendo che "dopo un paio d'ore inviammo tutto agli uffici centrali e successivamente mi chiamò D'Agata per dirmi che la direzione centrale non era contenta poiché le notizie raccolte erano troppo stringate. Venne poi il colonnello Nasca dicendomi che dal capocentro aveva ricevuto la richiesta di verificare se vi fossero, nei confronti di Amato e Foresta, elementi per una misura patrimoniale ma anche in questo caso emerse che non c'erano elementi". Nonostante questo, ha proseguito l'ex generale dei Carabinieri, "le pressioni da parte degli uffici centrali continuavano. Mi venne chiesto di preparare una richiesta per avviare delle intercettazioni, ma non c'erano elementi. Poco dopo D'Agata mi comunicò che un pm della procura di Palermo era interessato perché i nomi di Foresta e Amato erano emersi in un'indagine. Le intercettazioni - ha ricordato Tersigni - durarono da marzo ai primi di giugno. Anche in questo caso non emerse nulla. Abbiamo poi chiuso le indagini d'intesa con l'autorità giudiziaria".
Successivamente è stato sentito anche Giuseppe Amato, editore di Live Sicilia e parte civile nel processo contro l'ex Presidente di Confindustria Sicilia.
"Con Antonello Montante c'erano rapporti di natura istituzionale e formali. Nel 2013 abbiamo pubblicato un articolo sull'Ast che sin da subito è stato motivo di contrasto con Montante ma successivamente i rapporti sono tornati sereni. Per tutti era un personaggio schierato contro la mafia ed esponente di Confindustria" ha dichiarato in aula. Rispondendo alle domande dell'avvocato Giuseppe Panepinto, legale di Montante, il teste ha negato che "Live Sicilia fosse nelle mani di Montante", come sembra emergere invece da una conversazione contenuta in una intercettazione telefonica, risalente al mese di settembre 2015, tra Marco Venturi e Alfonso Cicero, anche loro parti civili. "Il giornale - ha sottolineato Amato - aveva una linea editoriale libera e Foresta non si faceva condizionare". Amato ha anche aggiunto che fu l'ex paladino dell'antimafia ad informarlo della morte di Foresta. "Non ricordo - ha aggiunto il teste - se nella lettera lasciata da Foresta e poi letta dal giornalista Salvo Toscano durante i funerali, venisse citato anche Montante. "Dopo l'arresto di Montante - ha detto Amato - rimasi molto amareggiato nell'apprendere che indagava su di noi".
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