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"Non pensavo si potesse arrivare a tanto, addirittura fino a legalizzare l'illegittimità, nonché stravolgere i principi costituzionali di parità tra accusa e difesa". E' netto il giudizio di Piero Grasso, ex Procuratore nazionale antimafia ed ex presidente del Senato, sulla riforma Nordio della giustizia, che in un'intervista a la Repubblica si dice anche perplesso sul fatto che il ddl del governo sia stato varato "in memoria" di Silvio Berlusconi: "Con tutto il rispetto per la morte dell'ex premier, cavalcare l'onda emotiva delle commemorazioni per rendere accettabile questo intervento sulla giustizia quasi fosse un omaggio alla persona o una disposizione testamentaria, mi sorprende e la giudico inopportuna". L'ex magistrato ed ex presidente di Palazzo Madama poi si dice preoccupato "molto di più" per i prossimi passi del governo in materia di giustizia, "a partire dalla separazione delle carriere che sopprime l'utilissima osmosi tra l'attività di giudice e quella di pm che, parlo per esperienza personale, ha arricchito la mia professionalità" nonché per "l'indebita pressione sull'utilizzo delle intercettazioni utili per le indagini". 
Rispetto invece all'eliminazione dell'appello per i pubblici ministeri, Grasso rileva che "la Consulta ha bocciato nel 2007 la legge Pecorella" per cui "il principio di parità tra accusa e difesa è stato inserito in Costituzione con la modifica dell'articolo 111 sul giusto processo" pertanto "qualsiasi limite dev'essere sorretto dalla ragionevole giustificazione in termini di adeguatezza e proporzionalità. Oltre che nel rispetto del principio di uguaglianza di tutti i cittadini rispetto alla legge". Quindi sul ministro, osserva Grasso, "non vorrei che avesse trascurato la riforma Cartabia che ha ampliato il novero dei reati per cui è possibile, a conclusione delle indagini, andare direttamente davanti al giudice, alla 'citazione diretta', a cui si riferisce il divieto dell'appello". Per l'ex procuratore, non si tratta infatti di "reati bagatellari, ma di uno sterminato elenco di delitti puniti fino a sei anni, come truffa aggravata, interruzione di pubblico servizio, violazione di domicilio, porto d'armi senza licenza, contrabbando di tabacchi, omessa dichiarazione nell'ambito dei reati tributari. E, per parlare di mafia, l'inosservanza dell'obbligo di soggiorno". Così l'impossibilità per il pm di ricorrere in appello viene giudicata in conclusione da Grasso "una misura incostituzionale che viola i limiti della ragionevolezza già fissati dalla Consulta". Quanto invece al timore di apporre la firma sulla documentazione di spesa da parte dei pubblici funzionari, l'ex procuratore Antimafia dichiara: "Comprendo la burocrazia difensiva, ma non si può ammettere per principio che chi esercita una pubblica funzione possa impunemente violare la legge senza assumersi alcuna responsabilità. Senza contare che con il Pnrr l'Italia corre il rischio che le infiltrazioni mafiose condizionino i comportamenti dei pubblici ufficiali mentre calano denunce e controlli interni", conclude.

Foto © Paolo Bassani

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