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L’ufficiale Usa avrebbe rivelato anche particolari sulla strage di Capaci

Un generale dell'esercito americano di stanza a Camp Darby e molto vicino alla Cia avrebbe rivelato al criminologo Federico Carbone (il quale ha già informato la procura di Livorno) che la famosa agenzia di spionaggio americana sapeva dell’omicidio Marco Mandolini - incursore della Folgore - già il giorno prima del decesso, ossia il 13 giungo 1995.
L'ufficiale Usa, una donna, avrebbe anche rivelato particolari inquietanti sulla strage di Capaci.
A rivelarlo è 'il Giornale' con un articolo di Gianluca Zanella: domande e scenari imprevedibili potrebbero aprirsi da queste nuove confidenze.
Ma perché la donna avrebbe deciso di parlare?
"Una motivazione ideologica legata ai traffici di armi in Somalia - ha spiegato Carbone a 'il Giornale' - mi ha raccontato che i suoi due fratelli sono morti all'inizio degli anni novanta in Somalia, durante due operazioni militari. Si è identificata nel fratello di Marco Mandolini, nella sua tenacia nel ricercare un brandello di verità".
Marco, nome in codice “Kondor” o “Ercole” non era un ufficiale qualunque: ma un incursore dei corpi speciali dell’Esercito italiano “Col Moschin”, sottufficiale della Folgore in forza al Sismi, il servizio segreto militare, parlava l’arabo e il russo ed era un addestratore esperto.
Ricordiamo inoltre che Mandolini stava indagando informalmente sulla morte del collega e amico Vincenzo Li Causi, ucciso il 12 novembre 1993 in Somalia ufficialmente da un colpo alla nuca sparato da un ribelle somalo mai identificato.
Sulla morte dei due commilitoni della Folgore ci sono ancora molte verità da portare alla luce e, a mano a mano che l’avvocato Dino Latini e il criminologo Federico Carbone proseguono con le indagini, saltano fuori particolari inquietanti sulla vicenda dell’omicidio.
L’inchiesta sulla morte del maresciallo della Folgore era stata riaperta dal gip di Livorno nel settembre del 2021 a seguito della richiesta dei famigliari di non archiviare il caso.
Il parà era originario di Castelfidardo era stato brutalmente assassinato il 13 giugno 1995 sulla scogliera del Romito, a Livorno. Raccapriccianti i dettagli dell’assassinio: il corpo è stato ritrovato maciullato con segni di oltre quaranta coltellate e la testa fracassata, probabilmente da un masso pesante 25 chili.
Dopo il ritrovamento del corpo, a meno di 10 chilometri dalla caserma Vannucci, alcune voci avevano cominciato a circolare: si era trattata di una questione tra omosessuali.
A mettere in giro queste voci erano stati alcuni degli stessi commilitoni di Mandolini.
Da quasi 30 anni la famiglia del militare ucciso cerca giustizia, affrontando silenzi e depistaggi.
Fu proprio Carbone a condurre il caso: il criminologo, in sostanza, scoprì che il delitto Mandolini era maturato all’interno del contesto eversivo di Gladio, nello specifico nella sua formazione semi-clandestina: la Falange Armata. Carbone individuò una pista che tocca altri due casi irrisolti: il caso Alpi e quello Li Causi. Sulle tre vicende ci sono delle convergenze non da poco. La prima: Mandolini conosceva ed era amico sia dell’inviata Rai Ilaria Alpi (uccisa in un agguato a Mogadiscio insieme all’operatore del TG3 Miran Hrovatin il 20 marzo 1994) che del maresciallo Vincenzo Li Causi (anch’egli agente segreto italiano del Sismi come Mandolini). La seconda: sia Ilaria Alpi che Li Causi lavoravano in Somalia, dove vennero uccisi nel pieno della guerra civile.

Fonte: ilgiornale.it

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