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Le vittime: "Bocciata la pista palestinese"

La Corte di assise di appello di Bologna ha respinto la richiesta dei difensori di Gilberto Cavallini di acquisire nel processo di secondo grado all'ex Nar condannato all'ergastolo per la strage del 2 agosto 1980 la testimonianza del terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez alias 'Carwlos lo sciacallo' e di procedere con un'integrazione della perizia genetica sui resti trovati nella tomba di Maria Fresu, una delle 85 vittime dell'attentato. Dopo la lettura dell'ordinanza dei giudici, che hanno invece accolto alcune altre richieste di acquisizioni avanzate dalle parti, è stato deciso un rinvio al 14 giugno, quando probabilmente prenderà la parola la Procura generale per iniziare la requisitoria. In primo grado le analisi avevano concluso che il Dna di un lembo facciale, presente nella bara della donna morta insieme alla figlia Angela il 2 agosto 1980, e riesumata dal cimitero toscano di Montespertoli, non fosse in realtà attribuibile a lei. 
I difensori di Cavallini, Alessandro Pellegrini e Gabriele Bordoni, avevano chiesto che venisse eseguito un nuovo prelievo di campioni di Dna da quei resti, con l'obiettivo di avere dati genetici utili per la valutazione dell'origine ancestrale (risalire ad esempio all'etnia della persona) e la predizione del fenotipo (colore degli occhi, capelli e pelle). 
La decisione di oggi della Corte di assise di appello di Bologna "conferma ancora una volta l'infondatezza totale e l'assoluta inconsistenza della pista palestinese, anche a fronte dell'imponente materiale probatorio già acquisito nel processo. Siamo pronti a discutere finalmente il processo di appello". Lo dicono gli avvocati Andrea Speranzoni, Alessandro Forti, Lisa Baravelli e Alessia Merluzzi, difensori delle vittime della Strage di Bologna, commentando l'ordinanza dei giudici che hanno rigettato le richieste istruttorie della difesa Cavallini. In particolare, sottolinea il collegio di parte civile, la Corte ha "definitivamente respinto, ritenendola inconsistente, la tesi difensiva relativa all'esistenza di una 'ottantaseiesima vittima" rimasta sconosciuta, da cui tale pista trae origine. 
Ha escluso l'esistenza di qualsivoglia profilo di novità e decisività in merito alle richieste relative alle figure del terrorista Carlos e di Tomas Kram, già valutate ed approfondite in indagini della Procura della Repubblica durate un decennio e concluse con un'archiviazione. Inoltre è stato escluso ogni collegamento fra la strage di Bologna e il caso della sparizione dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo, avvenuta a Beirut a settembre 1980". I difensori di Cavallini "hanno poi tentato di introdurre nel processo un tema di prova relativo a Paolo Bellini attraverso l'acquisizione di un solo verbale reso da costui nel 1983, senza acconsentire tuttavia all'audizione dello stesso sul complesso delle sue conoscenze e delle sue attività criminali. La Corte ha dunque respinto tale richiesta, ritenendo invece necessario acquisire la sentenza di primo grado che ha condannato il Bellini all'ergastolo per concorso in strage". 

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