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Interrogato a Brescia l’ex consigliere del Csm imputato per rivelazione di segreto d’ufficio. Il 13 giugno è atteso il verdetto

"Premetto che non conoscevo il dottor Storari, ci fu una telefonata in cui mi disse che aveva bisogno di parlarmi, venne a casa mia e mi raccontò di una situazione che a me parve assolutamente fuori dagli schemi, anomala". Lo scorso 23 maggio Piercamillo Davigo, ex componente del Csm, ha iniziato così il suo interrogatorio davanti al tribunale di Brescia dove è indagato per rivelazione del segreto d'ufficio nell'inchiesta sulla presunta loggia Ungheria. Il pm di Milano Paolo Storari, dopo averlo contattato, gli consegna i verbali secretati dell'avvocato Piero Amara per denunciare una presunta inerzia dei vertici della procura meneghina a procedere nell'indagine rispetto alla fantomatica loggia massonica contenente diverse decine di nomi di vertici delle istituzioni e della magistratura. "Storari era seriamente preoccupato e il primo consiglio che gli ho dato era di mettere per iscritto che dovevano iscrivere, perché per esperienza so che di un fatto sgradevole risponde sempre il più basso in grado. Ho visto i documenti in word e li c'era una notizia di reato: non ho mai visto non iscrivere chi rende dichiarazioni auto incriminanti, chi come Amara dichiara di far parte di una loggia massonica. Non potevano non iscrivere e non potevano non iscrivere Amara immediatamente, sulla legge Anselmi quantomeno", ha detto Davigo. Nel suo racconto aggiunge che al tempo precisò a Storari che "non è opponibile il segreto" visto il suo ruolo e che "il plico riservato non lo puoi fare" temendo che dopo il caso Palamara ci potesse essere una 'fuga di notizia'”. “Dissi a Storari che avrei fatto da ponte con il Comitato di presidenza, se qualcuno mi avesse detto 'facci una relazione di servizio' l'avrei fatta” ha continuato. Quei fogli in word li mostrò poi ad altri componenti del Consiglio. Davigo decide di non rivolgersi alla procura generale di Milano "allora vacante", né tantomeno all'allora procuratore di Milano Francesco Greco 'accusato' di inerzia nell'indagine sulla presunta loggia massonica: "lo non credo che Greco sia un delinquente, ma che sia un superficiale sì. Decidere non iscrivo e secreto è una cosa che mi lasciò di stucco. Dopo le iscrizioni sulla loggia Ungheria mi sono acquietato, ho pensato adesso il procedimento è nei binari della legalità" ha aggiunto Davigo in aula.
Quanto alla sua ex segretaria, Marcella Contrafatto, Davigo ha sottolineato che si fidava “ciecamente” al punto che “lei aveva accesso alla mia posta elettronica, tanto che poteva accedere ai verbali che ho stampato a Roma. È stato un fulmine a ciel sereno sapere che quei verbali siano usciti dal mio ufficio”. Quei verbali rappresentavano “un attacco violentissimo all'ordine giudiziario, andava preso con le pinze – ha continuato Davigo -. Quei nomi fanno tremare i polsi: si parla del Vaticano, della Cassazione, del Csm…". È stata questa la valutazione dell'ex componente del Csm. “Amara dichiarava di essere appartenente a un'associazione massonica segreta che era la prosecuzione della P2”, un'associazione che sarebbe stata capace anche di 'indirizzare' il Csm, “in ballo c'erano circa mille nomine”.
Il prossimo passo del procedimento è il 13 giugno, giorno in cui nella stessa udienza ci sarà la discussione delle parti e il verdetto per Piercamillo Davigo.  

Foto © Imagoeconomica

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