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Per la corte mancherebbe il presupposto principale, cioè la “forza maggiore” della richiesta tardiva. Palazzo Chigi non poteva non sapere dell’udienza

Lo Stato, per la prima volta nei processi per l’attentato di Piazza della Loggia, non sarà parte civile nell’eventuale nuovo processo. La vicenda della costituzione di parte civile della presidenza del Consiglio aveva già fatto esplodere la polemica. E oggi il ritardo con cui palazzo Chigi ha deciso di essere presente nel processo sulla bomba del 28 maggio 1974 costa al Governo la partecipazione stessa e uno smacco nei confronti delle vittime. Nel corso dell’udienza preliminare tenutasi questa mattina a carico di Roberto Zorzi, che vive negli Stati Uniti ed è accusato di concorso in strage, il giudice per l’udienza preliminare ha respinto la costituzione di parte civile della presidenza del Consiglio dei Ministri che aveva presentato istanza in ritardo rispetto a quando l’udienza ha preso il via, lo scorso 23 marzo.

Il giudice ha accolto l’eccezione della difesa dell’imputato che si è opposta alla tardiva costituzione di palazzo Chigi. La Presidenza del consiglio non poteva non sapere dell’inizio dell’udienza e quindi non può chiedere di farvi ingresso in ritardo. Per la giudice, Francesca Grassani, mancherebbe il presupposto principale, cioè la “forza maggiore” della richiesta tardiva: che ci fosse udienza sarebbe cioè stato un “fatto notorio” e divulgato anche a più riprese dalla stampa. È la prima volta, in tutti i procedimenti per l’attentato, che lo Stato non sarà giuridicamente presente nel procedimento e nell’eventuale processo.

Palazzo Chigi si era in qualche modo giustificato affermando che “l’udienza preliminare si era tenuta il 23 marzo 2023, ma di essa non era stato dato avviso alla Presidenza. Su indicazione di quest’ultima, una volta venuta a conoscenza del giudizio, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Brescia ha presentato istanza di rimessione in termini, che il Tribunale di Brescia ha accolto, e questo ha permesso di integrare il contraddittorio con la costituzione di parte civile”. Proprio il 23 marzo scorso la mancata costituzione di parte civile aveva scatenato la dura reazione dei familiari vittime. “Non so se la presidenza del Consiglio sia stata avvertita in merito a questa udienza o se sia stata una scelta di non costituirsi parte civile. Mi auguro che nel giro di pochi giorni venga chiarita questa situazione", aveva subito detto Manlio Milani, presidente dell’Associazione familiari vittime della strage di piazza della Loggia.

Il processo riguarda il nuovo filone d’inchiesta dell’attentato per cui la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Roberto Zorzi, ritenuto l’esecutore materiale e accusato di concorso in strage con altri tra cui Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, per “aver partecipato alle riunioni in cui l’attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità all’esecuzione dell’attentato e comunque - recita il capo di imputazione - rafforzando il proposito dei correi”. Nato a Merano, ma cresciuto nel Veronese, oggi vive negli Stati Uniti con passaporto americano e gestisce un allevamento di dobermann che ha chiamato ‘Il Littorio’. Tramonte, l’ex Fonte Tritone dei sevizi, è stato condannato all’ergastolo per l’eccidio con il medico veneziano Carlo Maria Maggi, ex ispettore di Ordine Nuovo per il Triveneto, deceduto negli anni scorsi. Lo scorso ottobre la Corte d’Appello di Brescia aveva rigettato l’istanza di revisione del processo avanzata da Tramonte e negli stessi giorni la Procura dei minori e quella ordinaria avevano chiesto il rinvio a giudizio per Marco Toffaloni, all’epoca 17enne, e Roberto Zorzi, che aveva 20 anni nel 1974. Toffaloni, 65 anni compiuti a giugno vive in Svizzera ed è cittadino elvetico”. Per gli inquirenti Toffaloni - rinviato a giudizio dal gup per i minori lo scorso 5 aprile - era in piazza il giorno della strage, mentre Zorzi è accusato di “aver partecipato alle riunioni in cui l’attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità all’esecuzione e comunque rafforzando il proposito dei correi”. Tramonte, ex informatore dei Servizi segreti, aveva chiesto un quarto grado di giudizio sostenendo di essere vittima di un errore e spiegando, anche intervenendo in video collegato dal carcere di Melfi, che non era presente in piazza della Loggia il giorno dell’attentato smentendo una foto che, nell’ambito del processo che nel 2015 aveva portato alla sua condanna all’ergastolo davanti alla Corte d’assise di Milano, era finita agli atti come prova contro lo stesso Tramonte.

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