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“Se periodo post stragi è stato ricostruito è grazie a pm che hanno dedicato gran parte della loro vita per raggiungere una verità”

“Quando chi appartiene allo Stato viene assolto c'è sempre da essere felici. E io lo sono sinceramente". Inizia così il post su Facebook di Sigfrido Ranucci, conduttore di 'Report' su Rai3, a proposito della sentenza della Cassazione relativa alla 'trattativa Stato-mafia che ha visto l’assoluzione di tutti gli imputati. "Ma - aggiunge - chi dice che la narrazione sulla trattativa è stata inventata, citando la sentenza della Cassazione, dice una cazz... e cerca di prendere in giro chi non ha gli strumenti per capire". Citando la nota della Cassazione, il giornalista sottolinea che "la Suprema Corte ha assolto il generale Mori e gli altri componenti del Ros 'per non aver commesso il fatto', non perché il fatto non esiste. E il fatto è che il reato ipotizzato dalla procura è quello di 'attentato agli organi politici dello Stato'. Non perché la trattativa o le tentate trattative non ci sarebbero state. La Cassazione riconosce anche che la tentata minaccia agli organi politici dello Stato l'hanno compiuta solo i mafiosi Bagarella e Antonino Cinà, medico vicino a Riina, perché hanno presentato delle richieste per far cessare le stragi. Il reato è caduto in prescrizione". Prosegue il post di Ranucci: "A ben vedere, c'è anche l'implicito riconoscimento, da parte della Cassazione, dell'esistenza di un papello contenente queste richieste, tra le quali lo ricordiamo c'è l'abolizione del 41 bis e quello dell'ergastolo ostativo. Chi dice che la narrazione sulla trattativa è stata inventata da magistrati e giornalisti, dimentica o non sa che tra i primi a parlare di trattativa fu lo stesso generale Mori nel 1997 in un'udienza al Tribunale di Firenze, durante il processo sugli attentati del 1993. Mori ammise di aver chiesto esplicitamente a Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo, i motivi della guerra allo Stato da parte della mafia, il perché di 'quel muro contro muro' e di aver chiesto anche cosa avrebbero voluto in cambio per cessare le stragi".
Secondo la Cassazione, dunque, osserva Sigfrido Ranucci nel suo post, "il generale Mori e gli altri componenti del Ros non hanno commesso il fatto, il reato di attentato agli organi politici dello Stato. E' una bella notizia per lo Stato, ma uno Stato non può dimenticare che Matteo Messina Denaro è stato latitante per 30 anni, gli ultimi passati tranquillamente a casa sua. Come non può dimenticare che Bernardo Provenzano è stato 40 anni latitante, nonostante un boss infiltrato, Luigi Ilardo avesse condotto i carabinieri, dieci anni prima del suo arresto, nel casolare dove si nascondeva". Dunque, per Ranucci, "rimane un nodo che non sappiamo se verrà sciolto nelle motivazioni della Cassazione: perché non fu arrestato Bernardo Provenzano? Se la Suprema Corte esclude l'adesione a un accordo, non rimane che una considerazione: non erano in grado di catturarlo. Tuttavia furono nominati ai vertici dei servizi segreti... Ma se oggi sappiamo che la mafia cercò di attentare allo Stato, se il periodo post delle stragi è stato ricostruito con fatti non smentiti anche se non giudiziariamente condannabili, è grazie a quei magistrati che hanno dedicato e compromesso gran parte della qualità della loro vita per raggiungere una verità, è storica ma basta e avanza per farci un'idea su quello che è avvenuto". Inoltre, conclude Ranucci, "accusarli di aver fatto carriera politica è un'ipocrisia alla luce del fatto che c'è chi la fa con molte meno qualità alle spalle. Rimanendo in tema di patti tra pezzi dello Stato e la mafia, non ho registrato la stessa enfasi nei commenti sulla condanna, avvenuta nelle stesse ore da parte della Cassazione, dell'ex coordinatore campano di Forza Italia, Nicola Cosentino. L'accusa è di aver sigillato un patto coi Casalesi in cambio del loro appoggio elettorale".

Foto © Paolo Bassani

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