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L’intervista di Maria Luisa Miranda a 'Il Sussidiario.net'

La separazione delle carriere è solo il primo step per "assoggettare progressivamente l’ufficio del pm all’esecutivo, col risultato che a quel punto saranno i Governi a decidere di volta in volta, a seconda dello schieramento, quali indagini il pm deve seguire e quali no, quali reati perseguire e quali no".
Sono state queste le parole di Maria Luisa Miranda, giudice dell’ufficio gip a Napoli ma in passato anche pm alla Dda di Reggio Calabria.
Al 'il Sussidiario.net' il magistrato ha spiegato che in realtà è proprio il cambio di funzioni ha garantire qualità al lavoro giudiziario: “Un pm che sa come ragiona un giudice, e sa ragionare come lui, sarà più affidabile nel verificare la saldezza della propria ipotesi di accusa prima di portarla al vaglio del giudice. Un giudice che ha svolto le funzioni di pm è un giudice che ben sa che l’inquirente non è un avvocato dell’accusa, non ha il dovere di portare a casa la condanna, ma ha l’obbligo di indagare per la verità, quindi anche cercando le prove a favore dell’indagato, e soprattutto sa quali accertamenti andavano fatti che invece non sono stati fatti".
"Cambiare funzioni - ha continuato - richiede un maggiore impegno da parte del magistrato che lo affronta e l’unico beneficio che ne consegue è un arricchimento professionale; che comporta, però, un beneficio per il sistema, non certo per il singolo".
"Io sono una di quello 0,2%, di magistrati che da pm, dopo 8 anni, è passata ad essere giudice, da oramai ben 12 anni; oggi se tornassi a fare il pm sarei un pm decisamente migliore di quello che sono stata in passato. Le dico, per esperienza vissuta, che è esattamente il contrario quello a cui bisogna puntare, per molti motivi, ma due sono fondamentali. Una limitazione di questo genere non solo non comporta alcun vantaggio, né in termini di efficienza, né in termini di produttività, ma soprattutto mortifica quello che ‘a parole’ dovrebbe essere uno degli obiettivi di qualsiasi riforma dell’ordinamento giudiziario, ovvero quello di migliorare la qualità del lavoro giudiziario. Il passaggio di funzione, che bisognerebbe incentivare non limitare, rappresenta un arricchimento professionale e consente al magistrato di sviluppare una visione globale del procedimento. Bisognerebbe, in realtà, avere il coraggio di tornare indietro, a prima del 2006, e limitare il divieto di cambio funzioni solo al tribunale di appartenenza o al massimo alla corte di appello. Solo questo, dal punto di vista qualitativo, può portare ad un vero cambiamento".

Anche l'Europa chiede di non separare le carriere
Maria Luisa Miranda
ha ricordato che la separazione delle carriere "in ogni caso essa sarebbe errata anche perché è L’Europa che ce lo chiede":  "Il comitato dei ministri, con la raccomandazione adottata dal comitato il 6 ottobre 2000, rivolta agli Stati membri sul ruolo del pubblico ministero nell’ordinamento penale, nella 724esima riunione dei delegati dei ministri, esplicitamente, invitava gli Stati ad adottare provvedimenti concreti al fine di consentire ad una stessa persona di svolgere successivamente le funzioni di pubblico ministero e quelle di giudice, o viceversa".
"Espressamente disponeva che 'se l’ordinamento giuridico lo consente, gli Stati devono prendere provvedimenti concreti al fine di consentire ad una stessa persona di svolgere successivamente le funzioni di Pubblico ministero e quelle di giudice, o viceversa. Tali cambiamenti di funzione possono intervenire solo su richiesta formale della persona interessata e nel rispetto delle garanzie'. Quindi, l’Europa chiede una cosa, noi ne facciamo un’altra" ha concluso il magistrato.

Fonte: ilsussidiario.net

Foto © Imagoeconomica

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