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La settima sezione del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del gip di Roma Nicolò Marino nell'ambito della contesa giudiziaria per procuratore aggiunto di Caltanissetta. Il magistrato che in passato ha svolto servizio a Caltanissetta, era stato designato dal Consiglio superiore della magistratura quale aggiunto a Caltanissetta, ma Pasquale Pacifico magistrato in servizio alla Dda nissena ha presentato ricorso al Tar, vincendo. Marino - è stato deciso dal Tar del Lazio - non poteva essere nominato perché ancora non erano trascorsi i 10 anni da un procedimento disciplinare concluso con l'ammonizione. Tra i tanti motivi sollevati da Marino anche la decisione della quinta commissione del Csm che ha individuato Pacifico quale aggiunto a Reggio Calabria. Ma per i giudici del Consiglio di Stato si tratta di "una sopravvenienza che non solo non si è ancora perfezionata ma che non pregiudicherebbe la possibilità" per lo stesso Pacifico "di esprimere la sua preferenza per l'incarico" a Caltanissetta. Ora per il ruolo semidirettivo alla procura di Caltanissetta tutto viene rimesso in gioco.
Ampio spazio era stato dedicato nelle delibere del Consiglio superiore della magistratura all'eccezionale "profilo del candidato" consistente in un profondo spirito di "abnegazione" e dedizione al lavoro, "studio approfondito degli atti (decine di migliaia di pagine)", "all'acutezza delle osservazioni sul piano fattuale e giuridico, lo spirito di sacrificio e la professionalità e la compostezza in situazioni di obiettiva difficoltà".
Questo è Nicolò Marino.
Un magistrato dalla schiena dritta che si è sempre distinto per i "risultati investigativi assai lusinghieri" e "apprezzati non solo nell’ambiente giudiziario, ma anche nella comunità sociale”. Marino "ha curato le investigazioni riguardanti le stragi del 1992" e attentato dell'Addaura; è stato "uno dei redattori della richiesta di misure cautelari in carcere nei confronti di ulteriori responsabili della strage di via D’Amelio".
Un lavoro non facile se considerato che le investigazioni hanno necessitato di "rivalutare quanto era stato fatto in passato e ripercorrere sin dall’inizio le investigazioni, compiendo ogni possibile attività di riscontro alle dichiarazioni dello Spatuzza; esplorare le ragioni del clamoroso errore giudiziario, esaminando possibili responsabilità degli investigatori del ‘gruppo Falcone - Borsellino’, in passato delegato alle indagini; compiere, in ordine al movente della strage, lunghe e complesse investigazioni sulla c.d. 'Trattativa' tra apparati dello Stato ed esponenti di vertice di Cosa Nostra".
A fronte di questo può una condanna disciplinare adombrare tutto il profilo attitudinale di Nicolò Marino?
Una faccenda paragonabile, come aveva detto a novembre scorso l'allora consigliere togato Sebastiano Ardita ad una "macchiolina sul mantello del magistrato", rispetto a trentasei anni di servizio?
"Marino ha fatto semplicemente questo - aveva spiegato Ardita a marzo 2022 - come scrivono i suoi superiori gerarchici del consiglio giudiziario ha ricevuto tra le tante informative anche una informativa che faceva parte di un compendio molto più ampio”. “Questa informativa secondo l’originaria impostazione, perché l’ha trovata il procuratore della repubblica dopo dieci anni, è diventata prima oggetto di un’indagine penale per capire se Marino avesse favorito qualcuno. Quando si è capito che questa situazione non c’era stata" Marino è stato incolpato di mancata iscrizione.
È ormai chiaro che la vicenda disciplinare di Marino se paragonata a trentasei anni di fruttuose funzioni giudiziarie risulta risibile.

Foto © Imagoeconomica

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