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Reazioni contrastanti tra i familiari delle vittime. Adriano Sabbadin, figlio di Lino: “Disgraziati!”

"La Corte di Cassazione respinge i ricorsi presentati dal procuratore generale presso la Corte d'Appello di Parigi contro le decisioni della Corte d'Appello, ritenendo che i motivi addotti dai giudici, che discendono dal loro apprezzamento sovrano, sono sufficienti". È quanto si apprende dal dispositivo annunciato oggi a Parigi sull'estremo ricorso contro il rifiuto di estradare i 10 ex Br in Italia. “Il parere sfavorevole sulle richieste sfavorevoli alle richieste di estradizione è, in considerazione di ciò, definitivo”, ha concluso la Cassazione.
Il rifiuto di accogliere il ricorso alla Corte di Cassazione sull'estradizione di 10 ex militanti di estrema sinistra italiani, in gran parte ex delle Brigate rosse, rifugiati in Francia dopo gli "anni di piombo", era atteso.
Per i 10, di cui 8 uomini fra i quali Giorgio Pietrostefani, condannato per l'omicidio Calabresi, e 2 donne (le ex Br Marina Petrella e Roberta Cappelli), il tribunale francese aveva già negato, il 29 giugno dello scorso anno, l'estradizione chiesta dall'Italia. La presidente della Chambre de l'Instruction aveva motivato il rifiuto con il rispetto della vita privata e familiare e con il diritto a un processo equo, garanzie previste dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, il giorno dopo, aveva però affermato che "quelle persone, coinvolte in reati di sangue, meritano di essere giudicate in Italia". Di conseguenza, il procuratore generale della Corte d'appello di Parigi, Rémy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva immediatamente presentato un ricorso alla Corte di Cassazione, ritenendo necessario appurare se gli ex terroristi condannati in Italia in contumacia beneficeranno o meno di un nuovo processo se la Francia li consegnerà. Lo stesso procuratore contestava la decisione del tribunale sulla presunta violazione della vita privata e familiare degli imputati.
"Quanto mi fa godere la Cassazione francese…”, ha commentato su Facebook Enrico Galmozzi, fondatore delle Brigate combattenti di Prima Linea, alla decisione dei giudici parigini di confermare il rifiuto all'estradizione dei 10 ex Br degli anni di piombo in Italia. Galmozzi è stato condannato per gli omicidi dell'avvocato Enrico Pedenovi e del poliziotto Giuseppe Ciotta.

Reazioni contrastanti tra i parenti delle vittime
La decisione dei giudici parigini ha suscitato grandi polemiche e dissenso tra i parenti delle vittime delle Br. "Qual è la mia reazione...? Sono dei disgraziati, perché non c'è giustizia così!. È tuttavia una decisione che ci aspettavamo dalla Francia”. A dirlo è stato Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio ucciso nel 1997 in Veneto ad opera dei Proletari Armati di Cesare Battisti. "Ci dicano allora, i giudici, quali sono i colpevoli? Ci sono dei morti sulla coscienza di queste persone", ha aggiunto Sabbadin. "Ormai sono passati più di 47 anni, la pena in sé mi interessa fino a un certo punto. Trovo anche giusto ciò che ha fatto la Cassazione francese - ha detto Alberto Di Cataldo, figlio di Francesco, il maresciallo ucciso a Milano dalle Br il 20 aprile 1978 -. Bisogna ragionare nei termini di restituire un po' di verità sulle vicende: la vera partita non è l'estradizione quanto misurare se queste dieci persone daranno un contributo per capire quanto è successo in quegli anni".
Anche il giornalista Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi assassinato nel '72, ha commentato la Cassazione francese che ha confermato il rifiuto all'estradizione dei dieci ex Br. "Era un'illusione aspettarsi qualcosa di diverso e (parere personale) vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso - ha detto -. Ma c'è un dettaglio fastidioso e ipocrita: la Cassazione scrive che 'i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile (...) e quindi l'estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare'. Ma pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c'è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà...".
Per Roberto Della Rocca, uno dei sopravvissuti agli attentati delle Brigate rosse, infine, “è una vergogna che non ha fondamento giuridico. Io e la mia associazione facciamo appello al ministro Nordio affinché la giustizia italiana intervenga. E chiedo alla Francia: se fosse successa la stessa cosa al contrario con le vittime del Bataclan?". Della Rocca, che è anche presidente dell'Associazione nazionale vittime del terrorismo, lavorava per Fincantieri nel 1980 quando fu ferito a Genova durante un attentato delle Br.

Foto © Imagoeconomica

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