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Dichiarazioni "pro-mafia" contro ergastolo ostativo e 41-bis

È alla Sala della Regina a Montecitorio che il vice presidente della Camera, Giorgio Mulè, ha presentato il libro "L'inganno" di Alessandro Barbano (in foto), codirettore del Corriere dello Sport.
Un libro che punta a condannare l'antimafia puntando il dito contro organizzazioni di attivismo (come Libera) e i suoi leader: don Luigi Ciotti, per esempio, viene descritto come l'incarnazione di una matrice ideologica cattolica "moralista e intransigente".
Sproloqui anche contro il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, Nino Di Matteo (Sostituto procuratore nazionale antimafia), Antonio Ingroia (avvocato), Roberto Scarpinato (senatore), Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Piergiorgio Morosini: secondo l’autore alcuni di loro scrivono libri “le cui ipotesi accusatorie suonano come sentenze preconfezionate”.
Falsità scritte anche sul processo Trattativa Stato - Mafia, definito dall’autore “fallimentare” nonostante la trattativa sia stata confermata anche nella sentenza di Appello.
A questo si sono aggiunte le dichiarazioni del Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione Raffaele Piccirillo (presente in sala) che ha parlato di un'antimafia dogmatica che “lavora per sé stessa" e di un "tornaconto mediatico della esibizione di essere un professionista del bene".
Ma si sa, chi fa la lotta alla mafia deve fare i conti anche con certi "rischi": essere ucciso, delegittimato, isolato, irriso, messo alla gogna, bollato come 'giustizialista', 'forcaiolo' o peggio come 'eversore'. Chi fa la lotta all'antimafia, invece, non rischia nulla, viene ospitato nelle sale istituzionali, accompagnato da alte cariche e gode dell'appoggio di buona parte della politica e di un certo mondo accademico.
I membri di questa categoria sembrano aver totalmente dimenticato cosa la mafia ha fatto, e fa, nel nostro Paese: vedi le stragi del '92 - '93, i delitti di numerosi membri delle istituzioni (magistratura e forze dell'ordine), assassinio di bambini (e.g. Giuseppe Di Matteo e Claudio Domino), migliaia di giovani distrutti dalla droga che le mafie producono e importano, la predazione di risorse pubbliche, la corruzione e via elencando.
Inoltre i magistrati e i pubblici ministeri che hanno il coraggio di ricercare la verità sulla stagione stragista o di fronteggiare quelle organizzazioni divenute vere e proprie multinazionali del crimine, come la 'Ndrangheta, vivono una non - vita blindata costantemente accompagnata da minacce di morte rivolte a loro e ai loro famigliari.
Anche questo è un argomento lasciato cadere nel vuoto e che lascia spazio ad altre dichiarazioni: "L'ergastolo ostativo non sta con la Costituzione e neanche il 41 bis" ha detto Barbano dimenticando che la loro abolizione fa parte dei desiderata di Salvatore Riina e di tutta Cosa Nostra. Sono i punti primi di quel papello di richieste che Riina pretendeva dallo Stato per fermare le stragi.
I parlamentari che hanno ascoltato prendano coscienza che queste dichiarazioni, seppur dette in buonafede, in questi termini diventano "pro-mafia".


pres lindaggno camera


Le mafie sperano molto in un allentamento della morsa da parte dello Stato italiano in special modo i capi mafia che non hanno mai collaborato con la magistratura. Se l’ergastolo ostativo cadrà definitivamente potranno uscire dal carcere e dimostrare ai loro adepti che collaborare con la giustizia non conviene più. Per usufruire di benefici penitenziari i mafiosi devono dimostrare di essere cambiati, rieducati e pronti alla risocializzazione, quella vera, non solo sulla carta.
L'idea, condivisa dalla Cedu in merito all'abolizione dell’ostativo, di giustificare il silenzio dei boss per “paura” di mettere in pericolo la propria vita o quella dei propri cari è inaccettabile in uno Stato che vuole dirsi credibile. Perché significherebbe ammettere che lo Stato stesso sia incapace di fornire adeguata protezione.
Di fronte ad una mafia che è collaudata, intransigente, irriducibile, che è fatta di assassini e criminali non ci sono molte possibilità.
Ignorare o peggio giustificare lo smantellamento dell’ergastolo ostativo e del 41 bis significa diventare complici di questi Sistemi criminali che hanno ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno ucciso tanti innocenti fino a sciogliere bambini nell'acido.
Come riuscire a fare in modo che la mafia non esista più?
La risposta certamente non è abolire la legislazione antimafia, o peggio mandare in fumo i processi, cosa affettivamente già accaduta con la riforma della (in)giustizia firmata da Marta Cartabia, anche lei presente in sala.
È vero che la mafia dei Corleonesi è stata ridimensionata con le catture dei latitanti, tra cui l'ultimo Matteo Messina Denaro, e le condanne degli esponenti più rappresentativi, ma ciò è stato possibile solo ed unicamente grazie alla normativa dell'ergastolo ostativo, del 41bis e alle testimonianze dei collaboratori di giustizia i quali hanno minato la credibilità dell'organizzazione intaccando il suo patrimonio più importante, vale a dire l’affidabilità verso l’esterno. È fondamentale tenere presente i prezzi che sono stati pagati per non essere costretti a rivivere quel tragico passato. Nel quadro di disorientamento che il Paese oggi sta vivendo si deve esigere un impegno quotidiano e serio da parte della magistratura per non dare il fianco a posizioni di attacco sempre più frequenti.
Certamente la legislazione antimafia presenta molti margini di miglioramento, tra cui la necessità di adeguarla alla realtà del presente.
Ma non alla realtà descritta a Sala della Regina.
La realtà criminale presente in Italia non è frutto di una mania persecutrice e sono proprio le inchieste - come 'Cavalli di Razza' e 'Nuova Narcos Europea' - a dimostrare la crescente presenza mafiosa nel tessuto sociale - economico del Paese.
Purtroppo, (re)esistono solo poche voci isolate a ricordare che l’Italia è un Paese che ha pagato e paga un dazio di sangue altissimo per il contrasto alla criminalità organizzata in ogni sua forma.
Barbano, due anni fa, dal palco della Leopolda aveva detto che “un diritto penale liberale non confisca proprietà, aziende a cittadini ancora innocenti o addirittura assolti” e “non può contenere nel suo ordinamento una norma che si chiama ergastolo ostativo” additando la giustizia come "la più potente macchina di dolore umano non giustificabile in questo Paese” con buona pace per il traffico di droga, la tratta di esseri umani (donne e bambini), la corruzione (che costa all'Europa oltre 900 miliardi di euro l'anno), la povertà provocata dalle mafie, gli omicidi, le continue vessazioni a danno degli imprenditori e dei cittadini con la riscossione del pizzo, i femminicidi, i danni ambientali come quelli provocati dalla Camorra, le stesse stragi dal 1992 al 1994, e chi più ne ha più ne metta. E la lista delle vittime - della mafia e non della giustizia - continua ad allungarsi.

Per vedere la presentazione: clicca qui!

Foto © Imagoeconomica

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