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Mentre "è in discussione la possibilità" di usare ancora nelle indagini penali il sistema trojan, ossia le captazioni informatiche inoculate nei dispositivi come i cellulari, "per noi resta uno strumento preziosissimo di lavoro" e "anche in questa indagine è stato decisivo, anche se non era un'inchiesta di mafia o terrorismo, senza il trojan saremmo rimasti solo al livello dei prestanome". Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Laura Pedio nel corso di una conferenza stampa, assieme tra gli altri al procuratore Marcello Viola, per illustrare il maxi-blitz della Gdf che ha portato a 22 arresti e al sequestro di quasi 300 milioni di euro per frodi fiscali e bancarotte messe in atto attraverso una rete di consorzi e cooperative sull'asse Italia-Cina. Pedio ha parlato del "fenomeno", che crea sempre più "allarme sociale", delle cooperative che offrono servizi di intermediazione di manodopera, in settori come la logistica e i trasporti, ai grandi committenti. Cooperative, poi, fatte fallire nel giro di un paio di anni lasciando debiti fiscali e previdenziali. Un "fenomeno criminale ricorrente", ha aggiunto, che "dovrebbe destare maggiore attenzione da parte dello Stato, che si dovrebbe cercare di monitorare e prevenire. Noi qua in Procura - ha proseguito - abbiamo stilato un protocollo con l'Inps sulle anomalie del mercato del lavoro e ci auguriamo che i contributi del Pnrr vadano a implementare i sistemi informatici dell'Inps e dell'Agenzia delle Entrate e che possano funzionare in modo più efficace per intercettare meglio questi fenomeni".

Foto © Imagoeconomica

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